Manifesto del Réseau européen pour l’après-developpement (READ)
Rompere l’immaginario dello sviluppo e decolonizzare le menti
Di fronte alla globalizzazione, che non è altro che il trionfo planetario del mercato, bisogna
concepire e volere una società nella quale i valori economici non siano più centrali (o unici).
L’economia dev’essere rimessa al suo posto come semplice mezzo della vita umana e non come
fine ultimo. Bisogna rinunciare a questa folle corsa verso un consumo sempre maggiore. Ciò non è
solo necessario per evitare la distruzione definitiva delle condizioni di vita sulla Terra ma anche e
soprattutto per fare uscire l’umanità dalla miseria psichica e morale. Si tratta di una vera
decolonizzazione del nostro immaginario e di una diseconomicizzazione delle menti indispensabili
per cambiare davvero il mondo prima che il cambiamento del mondo ce lo imponga nel dolore.
Bisogna cominciare con il vedere le cose in altro modo perché possano diventare altre, perché sia
possibile concepire soluzioni veramente originali e innovatrici. Si tratta di mettere al centro della
vita umana altri significati e altre ragioni d’essere che l’espansione della produzione e del consumo.
La parola d’ordine della rete è dunque «resistenza e dissidenza». Resistenza e dissidenza con la
testa ma anche con i piedi. Resistenza e dissidenza come atteggiamento mentale di rifiuto, come
igiene di vita. Resistenza e dissidenza come atteggiamento concreto mediante tutte le forme di
autorganizzazione alternativa. Ciò significa anche il rifiuto della complicità e della collaborazione
con quella impresa dissennata e distruttiva che costituisce l’ideologia dello sviluppo.
Illusioni e rovine dello sviluppo
La mondializzazione attuale ci mostra quel che lo sviluppo è stato e che non abbiamo mai voluto
vedere. Essa è lo stadio supremo dello sviluppo realmente esistente e nello stesso tempo la
negazione della sua concezione mitica. Se lo sviluppo, effettivamente, non è stato altro che il
seguito della colonizzazione con altri mezzi, la nuova mondializzazione, a sua volta, non è altro che
il seguito dello sviluppo con altri mezzi. Conviene dunque distinguere lo sviluppo come mito dallo
sviluppo come realtà storica.
Continua al link: http://www.mediafire.com/?ymtem4x232m
Rompere l’immaginario dello sviluppo e decolonizzare le menti
Di fronte alla globalizzazione, che non è altro che il trionfo planetario del mercato, bisogna
concepire e volere una società nella quale i valori economici non siano più centrali (o unici).
L’economia dev’essere rimessa al suo posto come semplice mezzo della vita umana e non come
fine ultimo. Bisogna rinunciare a questa folle corsa verso un consumo sempre maggiore. Ciò non è
solo necessario per evitare la distruzione definitiva delle condizioni di vita sulla Terra ma anche e
soprattutto per fare uscire l’umanità dalla miseria psichica e morale. Si tratta di una vera
decolonizzazione del nostro immaginario e di una diseconomicizzazione delle menti indispensabili
per cambiare davvero il mondo prima che il cambiamento del mondo ce lo imponga nel dolore.
Bisogna cominciare con il vedere le cose in altro modo perché possano diventare altre, perché sia
possibile concepire soluzioni veramente originali e innovatrici. Si tratta di mettere al centro della
vita umana altri significati e altre ragioni d’essere che l’espansione della produzione e del consumo.
La parola d’ordine della rete è dunque «resistenza e dissidenza». Resistenza e dissidenza con la
testa ma anche con i piedi. Resistenza e dissidenza come atteggiamento mentale di rifiuto, come
igiene di vita. Resistenza e dissidenza come atteggiamento concreto mediante tutte le forme di
autorganizzazione alternativa. Ciò significa anche il rifiuto della complicità e della collaborazione
con quella impresa dissennata e distruttiva che costituisce l’ideologia dello sviluppo.
Illusioni e rovine dello sviluppo
La mondializzazione attuale ci mostra quel che lo sviluppo è stato e che non abbiamo mai voluto
vedere. Essa è lo stadio supremo dello sviluppo realmente esistente e nello stesso tempo la
negazione della sua concezione mitica. Se lo sviluppo, effettivamente, non è stato altro che il
seguito della colonizzazione con altri mezzi, la nuova mondializzazione, a sua volta, non è altro che
il seguito dello sviluppo con altri mezzi. Conviene dunque distinguere lo sviluppo come mito dallo
sviluppo come realtà storica.
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