LA MENTE
Lo scopo che si prefigge questo scritto è quello di mettere (o almeno provarci) ordine
nel nostro sistema cognitivo, in modo da massimizzarne l'uso e nel contempo
evitare gli abbagli prodotti dalla distorsione egoica
La mente (da cui spessissimo vi ho messo in guardia), rappresenta il direttore
d'orchestra della nostra vita (non l'autore) ed ha una capacità micidiale di
estrapolare concetti assolutamente logici mediante il processo deduttivo che
adopera in modo quasi impeccabile attraverso il suo più prezioso alleato (il
pensiero).
Scopo della mente non è la comprensione dei fenomeni in cui siamo immersi, bensì il
favorire le condizioni per il corretto svolgersi delle esperienze sensoriali.
Il "motore" che la muove è l'ego ed è questi a contrastarne il
corretto funzionamento, costringendola ad inutili giravolte che spessissimo
l'allontanano di molto e per molto tempo dai suoi obiettivi.
La mente rappresenta anche la massima espressione dell' astratto cui abbiamo accesso
diretto e probabilmente è a causa di questo che i filosofi di ogni tempo
l'hanno indagata, spesso considerandola quale prova estrema dell'esistenza di
Dio o elevando essa stessa a tale rango.
Altrettanto spesso hanno confuso il pensiero (figlio) con la madre (mente) e questo ha originato
le più disparate ipotesi sulla nostra origine, scopo e fine.
Come ogni cosa nel creato, anche la mente deve sottostare alla consapevolezza che ne
determina l'apertura, la maturita' e gli interessi.
Ad una bassa consapevolezza. corrisponde una mente completamente epicurea,
assolutamente fusa con il pensiero ed il corpo. Un unico vettore di attenzione
ed attrazione che unisce e trafigge le tre entita' in modo apparentemente
indissolubile.
Ogni imputsensoriale perviene alla mente senza caratterizzazione e quì viene
"lavorato" nelle sue tramogge e vagli, sino ad esaurimento completo.
Di norma, un'unica esperienza sensoriale (di qualunque genere sia), non appaga
completamente la mente, semmai ne riempie il bisogno "grezzo", il fondo
del contenitore riservato proprio a quel genere di esperienze.
Va da sè che nell'aristotelica condizione di tabula rasa, nessun imput e' favorito e
la mente si ritrova in uno stato di passiva attesa, stato che muta
immediatamente non appena arriva il primo imput.
Proviamo a vedere la mente come l'abitante della platonica caverna (inizialmente
addormentato) e che perviene allo stato di veglia in virtù del primo imput
esterno (sensoriale) e scopre così l'esistenza del mondo e la possibilita' di
interagirvi mediante il corpo.
Avendo ipotizzato che il primo osso lanciato lanciato nella caverna, abbia stuzzicato
l'appetito della mente, risulta assolutamente ovvio che la stessa ne voglia
degli altri; inizialmente il desiderio sara' monotematico (ripetere
ossessivamente la prima esperienza), poi, l'incidentale arrivo di altri imput,
allarga l'orizzonte degli interessi e dei desideri (i bimbi piccoli vogliono
solo il latte materno ed il culo pulito). La morbosa curiosita' dimostrata
dagli esseri umani nel primo periodo della loro vita verso ogni cosa capiti
loro sottomano, rappresenta perfettamente l'ossessione di imput della mente,
ancora incapace di relazionare tra loro gli impulsi ma già ben fornita del
desiderio di possederne il maggior numero possibile in forma di singole informazioni.
Per semplificare il concetto, potremmo vedere la mente come l'abitante di una
caverna appunto che senza mai aver visto nulla all'esterno di essa, si ritrova
il carico di un camion della nettezza , scaricato abusivamente
dinanzi all'uscita. Incidentalmente uno o più oggettini ruzzolando nella
caverna stessa attirano la sua attenzione e... il nostro cavernicolo
scopre il paradiso.
Lungi dall'uscire dalla caverna (il pensiero non lo sfioraa minimamente), per
appagare la sua nuova curiosita' e brama di possesso, mediante un palo (corpo)
tenta di agganciare tutto quello che vede all'esterno per poterlo tirare dentro
all'antro.
Naturalmente,l'immensa collezione di schifezze che man mano accumula nella grotta, trae il
suo valore conoscitivo esclusivamente dall'atto della cattura e non dal suo
successivo possesso e questo in virtù dell'esperienza sensoriale che assume
senso ed insegnamento solo nella dinamica interazione e non ancora nella mera e
statica contemplazione.
Sintetizzando quanto sin qui postulato, potremmo affermare che la mente e' l'unico abitante,
(nonche' prigioniero) del corpo e che si presenta assolutamente priva di
curiosita' o almeno che questo stato di apatia perdura sino al primo imput che
in qualche modo "l'accende" a mo' di interruttore. Persino le
astrazioni che tutti accreditano alla mente, non sono altro che un processo che
si innesca moltissimo tempo dopo ed in virtù di esperienze sensoriali
contrastanti che proprio perche' tali, fanno insorgere la necessita' di una
grossolana comparazione prima e di una teorizzazione poi (piano
dell'astrazione). Anche l'ubicazione della mente e' piuttosto discutibile, sino
ad oggi infatti si riteneva che albergasse nella capoccia e quest'errore era
senz'altro indotto dalla presenza del cervello che appunto alberga lì e della
convergenza di alcuni stimoli sensoriali quali la vista, l'udito e l'equilibrio
che creano l'illusione di un punto focale nel centro del cocuzzaro. La mia
opinione e' che la mente alberghi uniformemente in ogni parte del corpo e da
quanlche anno a questa parte non sono il solo a pensarla così.
La cosa più bizzarra che si nota nella mente e' la sua totale incapacita' di interazione
diretta con il piano fisico e, peggio ancora, la sua incapacita' in
condizioni ordinarie di averne addirittura coscienza (chiudete gli occhi per
alcuni minuti ed otterrete la "sparizione" del mondo) e' come se si
resettasse attimo per attimo, ricreando di continuo una mappa di quello che la
circonda, basata esclusivamente sull'ininterrotto flusso sensoriale. Lo stesso
vale per ogni altra esperienza che riesce a "vivere" attraverso i
sensi, non si accontenta di immagazzinare un "ricordo" ma pretende di
riviverlo all'infinito, come se appena formatosi si appannasse e occorresse
rinfrescarlo ripetendo l'esperienza sensoriale che l'aveva generato. In realta'
il motivo per cui la mente cerca il riproporsi delle esperienze e' dato
dall'insufficiente empatia con le esperienze stesse (se ci fosse, basterebbe
mangiare un unico maccherone ben condito per ottenerne soddisfazione gustativa
bastante per tutta la vita). Diciamo che tenta di vincere i propri limiti
mediante lo sterile trucchetto della riproposizione.
Lo scopo che si prefigge questo scritto è quello di mettere (o almeno provarci) ordine
nel nostro sistema cognitivo, in modo da massimizzarne l'uso e nel contempo
evitare gli abbagli prodotti dalla distorsione egoica
La mente (da cui spessissimo vi ho messo in guardia), rappresenta il direttore
d'orchestra della nostra vita (non l'autore) ed ha una capacità micidiale di
estrapolare concetti assolutamente logici mediante il processo deduttivo che
adopera in modo quasi impeccabile attraverso il suo più prezioso alleato (il
pensiero).
Scopo della mente non è la comprensione dei fenomeni in cui siamo immersi, bensì il
favorire le condizioni per il corretto svolgersi delle esperienze sensoriali.
Il "motore" che la muove è l'ego ed è questi a contrastarne il
corretto funzionamento, costringendola ad inutili giravolte che spessissimo
l'allontanano di molto e per molto tempo dai suoi obiettivi.
La mente rappresenta anche la massima espressione dell' astratto cui abbiamo accesso
diretto e probabilmente è a causa di questo che i filosofi di ogni tempo
l'hanno indagata, spesso considerandola quale prova estrema dell'esistenza di
Dio o elevando essa stessa a tale rango.
Altrettanto spesso hanno confuso il pensiero (figlio) con la madre (mente) e questo ha originato
le più disparate ipotesi sulla nostra origine, scopo e fine.
Come ogni cosa nel creato, anche la mente deve sottostare alla consapevolezza che ne
determina l'apertura, la maturita' e gli interessi.
Ad una bassa consapevolezza. corrisponde una mente completamente epicurea,
assolutamente fusa con il pensiero ed il corpo. Un unico vettore di attenzione
ed attrazione che unisce e trafigge le tre entita' in modo apparentemente
indissolubile.
Ogni imputsensoriale perviene alla mente senza caratterizzazione e quì viene
"lavorato" nelle sue tramogge e vagli, sino ad esaurimento completo.
Di norma, un'unica esperienza sensoriale (di qualunque genere sia), non appaga
completamente la mente, semmai ne riempie il bisogno "grezzo", il fondo
del contenitore riservato proprio a quel genere di esperienze.
Va da sè che nell'aristotelica condizione di tabula rasa, nessun imput e' favorito e
la mente si ritrova in uno stato di passiva attesa, stato che muta
immediatamente non appena arriva il primo imput.
Proviamo a vedere la mente come l'abitante della platonica caverna (inizialmente
addormentato) e che perviene allo stato di veglia in virtù del primo imput
esterno (sensoriale) e scopre così l'esistenza del mondo e la possibilita' di
interagirvi mediante il corpo.
Avendo ipotizzato che il primo osso lanciato lanciato nella caverna, abbia stuzzicato
l'appetito della mente, risulta assolutamente ovvio che la stessa ne voglia
degli altri; inizialmente il desiderio sara' monotematico (ripetere
ossessivamente la prima esperienza), poi, l'incidentale arrivo di altri imput,
allarga l'orizzonte degli interessi e dei desideri (i bimbi piccoli vogliono
solo il latte materno ed il culo pulito). La morbosa curiosita' dimostrata
dagli esseri umani nel primo periodo della loro vita verso ogni cosa capiti
loro sottomano, rappresenta perfettamente l'ossessione di imput della mente,
ancora incapace di relazionare tra loro gli impulsi ma già ben fornita del
desiderio di possederne il maggior numero possibile in forma di singole informazioni.
Per semplificare il concetto, potremmo vedere la mente come l'abitante di una
caverna appunto che senza mai aver visto nulla all'esterno di essa, si ritrova
il carico di un camion della nettezza , scaricato abusivamente
dinanzi all'uscita. Incidentalmente uno o più oggettini ruzzolando nella
caverna stessa attirano la sua attenzione e... il nostro cavernicolo
scopre il paradiso.
Lungi dall'uscire dalla caverna (il pensiero non lo sfioraa minimamente), per
appagare la sua nuova curiosita' e brama di possesso, mediante un palo (corpo)
tenta di agganciare tutto quello che vede all'esterno per poterlo tirare dentro
all'antro.
Naturalmente,l'immensa collezione di schifezze che man mano accumula nella grotta, trae il
suo valore conoscitivo esclusivamente dall'atto della cattura e non dal suo
successivo possesso e questo in virtù dell'esperienza sensoriale che assume
senso ed insegnamento solo nella dinamica interazione e non ancora nella mera e
statica contemplazione.
Sintetizzando quanto sin qui postulato, potremmo affermare che la mente e' l'unico abitante,
(nonche' prigioniero) del corpo e che si presenta assolutamente priva di
curiosita' o almeno che questo stato di apatia perdura sino al primo imput che
in qualche modo "l'accende" a mo' di interruttore. Persino le
astrazioni che tutti accreditano alla mente, non sono altro che un processo che
si innesca moltissimo tempo dopo ed in virtù di esperienze sensoriali
contrastanti che proprio perche' tali, fanno insorgere la necessita' di una
grossolana comparazione prima e di una teorizzazione poi (piano
dell'astrazione). Anche l'ubicazione della mente e' piuttosto discutibile, sino
ad oggi infatti si riteneva che albergasse nella capoccia e quest'errore era
senz'altro indotto dalla presenza del cervello che appunto alberga lì e della
convergenza di alcuni stimoli sensoriali quali la vista, l'udito e l'equilibrio
che creano l'illusione di un punto focale nel centro del cocuzzaro. La mia
opinione e' che la mente alberghi uniformemente in ogni parte del corpo e da
quanlche anno a questa parte non sono il solo a pensarla così.
La cosa più bizzarra che si nota nella mente e' la sua totale incapacita' di interazione
diretta con il piano fisico e, peggio ancora, la sua incapacita' in
condizioni ordinarie di averne addirittura coscienza (chiudete gli occhi per
alcuni minuti ed otterrete la "sparizione" del mondo) e' come se si
resettasse attimo per attimo, ricreando di continuo una mappa di quello che la
circonda, basata esclusivamente sull'ininterrotto flusso sensoriale. Lo stesso
vale per ogni altra esperienza che riesce a "vivere" attraverso i
sensi, non si accontenta di immagazzinare un "ricordo" ma pretende di
riviverlo all'infinito, come se appena formatosi si appannasse e occorresse
rinfrescarlo ripetendo l'esperienza sensoriale che l'aveva generato. In realta'
il motivo per cui la mente cerca il riproporsi delle esperienze e' dato
dall'insufficiente empatia con le esperienze stesse (se ci fosse, basterebbe
mangiare un unico maccherone ben condito per ottenerne soddisfazione gustativa
bastante per tutta la vita). Diciamo che tenta di vincere i propri limiti
mediante lo sterile trucchetto della riproposizione.
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