L'avanzata dei ghiacciai in Alaska Marco Rossi: 10-11-2008 ore 08:01
La notizia è recentissima, di appena pochi giorni fa, e la sua "fonte" è proprio quel geologo , Bruce Molnia, che, appena lo scorso anno, aveva pubblicato uno splendido studio sui ghiacciai dell'Alaska, evidenziandone il grande arretramento sviluppatosi soprattutto nell'ultimo cinquantennio.
Alcuni di questi grandi ghiacciai sono addirittura scomparsi, nel corso del 20° Secolo; il grande ghiacciaio Muir Glacier, tra il 1941 ed il 2004 si è ritirato di ben 20 chilometri, ed il suo spessore è diminuito di 800 metri, tanto per fare un esempio.
I dati pubblicati nel libro "Glaciers in Alaska", lasciavano intendere che il 99% dei ghiacciai erano in forte ritiro, e che tale ritiro aveva subito un'importante accelerazione nell'ultimo ventennio, tanto che, entro il 2030, molti di essi sarebbero del tutto scomparsi.
Queste le notizie della pubblicazione che risale appena allo scorso anno.
Negli ultimi giorni, lo stesso geologo Molnia ha effettuato dichiarazioni di stampo opposto, sconvolgendo il mondo dei glaciologi: dai dati satellitari, i ghiacciai dell'Alaska sono risultati in forte crescita, per la prima volta da moltissimo tempo, grazie all'effetto combinato di grandi precipitazioni nevose invernali, e di un'Estate di almeno 3° sotto la norma dal punto di vista termico.
In realtà, i ghiacciai di questa zona sono ipersensibili ai cambiamenti climatici anche solamente piccoli: per alcuni di loro si sono infatti misurate avanzate spettacolari nel corso degli anni '60, di parecchi chilometri in una sola Estate, tanto che si coniò il termine di "ghiacciai galoppanti", fenomeno dovuto non solamente alle variazioni termiche e pluviometriche, ma anche a conformazioni particolari del bacino glaciale e ad altre concause.
Anche gli arretramenti, del resto, sono stati del tutto spettacolari.
Fuori dell'Alaska, è noto il caso del ghiacciaio Kutiah, nella catena del Karakorum, che registrò un'avanzata di 12 km in soli due mesi! Ma in questo caso per motivi ben differenti a un brusco abbassamento di temperatura.
Siccome la notizia di un'inversione di tendenza nell'arretramento generale da parte dei ghiacciai dell'Alaska non è passata inosservata, siamo andati alla ricerca di quelle che possono essere state le cause climatiche di questo avanzamento e a verificare pertanto i dati meteorologici dell'ultimo anno di alcune stazioni situate nel cuore di questo vasto Stato nord americano.
Il grafico termometrico della città di Fairbanks, mostra uno scarto termico positivo di +0,24°C negli ultimi 12 mesi, ma con questa periodizzazione: i mesi di Novembre e Dicembre 2007 sono stati molto miti, così come il mese di Marzo 2008, mentre, effettivamente, ogni altro mese dell'anno 2008 è stato più freddo della norma, seppur di poco, per culminare con un periodo Ottobre- inizio Novembre 2008 freddissimi, di 6-7°C inferiori alla norma, in un vero e proprio inverno anticipato.
Le precipitazioni annue sono in forte crescita, sono caduti 350 mm di pioggia contro una norma di 247 mm.
Anchorage, sulla parte meridionale, vicinissima alle grandi catene montuose dell'Alaska ed alle principali lingue glaciali di questa Nazione, ha forse dati più significativi, anche perché riguardano direttamente la zona dove i ghiacciai si formano.
In questo caso, l'anno 2008, ad eccezione del mese di Marzo, appare notevolmente freddo, costantemente tra 1° e 2°C al di sotto dei valori normali, e con un "picco" di freddo tra Ottobre e Novembre.
Piogge oltre la norma anche ad Anchorage: qui sono caduti 450 mm di pioggia contro una norma annua di 380 mm.
Le condizioni meteorologiche, con temperature nel 2008 più basse della norma, e con precipitazioni abbondanti, sono state dunque veramente favorevoli all'avanzata glaciale.
C'è da chiedersi, invece, se sarà un semplice "fuoco di paglia", oppure solo l'inizio di un ciclo climatico più freddo su questa zona.
Quanto alle cause, viene subito da pensare al prolungato minimo di attività solare, anche se potrebbero essercene altre, come variazioni della temperatura superficiale dell'Oceano Pacifico.
Marco Rossi
© Meteogiornale
Fonte: http://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=19004
La notizia è recentissima, di appena pochi giorni fa, e la sua "fonte" è proprio quel geologo , Bruce Molnia, che, appena lo scorso anno, aveva pubblicato uno splendido studio sui ghiacciai dell'Alaska, evidenziandone il grande arretramento sviluppatosi soprattutto nell'ultimo cinquantennio.
Alcuni di questi grandi ghiacciai sono addirittura scomparsi, nel corso del 20° Secolo; il grande ghiacciaio Muir Glacier, tra il 1941 ed il 2004 si è ritirato di ben 20 chilometri, ed il suo spessore è diminuito di 800 metri, tanto per fare un esempio.
I dati pubblicati nel libro "Glaciers in Alaska", lasciavano intendere che il 99% dei ghiacciai erano in forte ritiro, e che tale ritiro aveva subito un'importante accelerazione nell'ultimo ventennio, tanto che, entro il 2030, molti di essi sarebbero del tutto scomparsi.
Queste le notizie della pubblicazione che risale appena allo scorso anno.
Negli ultimi giorni, lo stesso geologo Molnia ha effettuato dichiarazioni di stampo opposto, sconvolgendo il mondo dei glaciologi: dai dati satellitari, i ghiacciai dell'Alaska sono risultati in forte crescita, per la prima volta da moltissimo tempo, grazie all'effetto combinato di grandi precipitazioni nevose invernali, e di un'Estate di almeno 3° sotto la norma dal punto di vista termico.
In realtà, i ghiacciai di questa zona sono ipersensibili ai cambiamenti climatici anche solamente piccoli: per alcuni di loro si sono infatti misurate avanzate spettacolari nel corso degli anni '60, di parecchi chilometri in una sola Estate, tanto che si coniò il termine di "ghiacciai galoppanti", fenomeno dovuto non solamente alle variazioni termiche e pluviometriche, ma anche a conformazioni particolari del bacino glaciale e ad altre concause.
Anche gli arretramenti, del resto, sono stati del tutto spettacolari.
Fuori dell'Alaska, è noto il caso del ghiacciaio Kutiah, nella catena del Karakorum, che registrò un'avanzata di 12 km in soli due mesi! Ma in questo caso per motivi ben differenti a un brusco abbassamento di temperatura.
Siccome la notizia di un'inversione di tendenza nell'arretramento generale da parte dei ghiacciai dell'Alaska non è passata inosservata, siamo andati alla ricerca di quelle che possono essere state le cause climatiche di questo avanzamento e a verificare pertanto i dati meteorologici dell'ultimo anno di alcune stazioni situate nel cuore di questo vasto Stato nord americano.
Il grafico termometrico della città di Fairbanks, mostra uno scarto termico positivo di +0,24°C negli ultimi 12 mesi, ma con questa periodizzazione: i mesi di Novembre e Dicembre 2007 sono stati molto miti, così come il mese di Marzo 2008, mentre, effettivamente, ogni altro mese dell'anno 2008 è stato più freddo della norma, seppur di poco, per culminare con un periodo Ottobre- inizio Novembre 2008 freddissimi, di 6-7°C inferiori alla norma, in un vero e proprio inverno anticipato.
Le precipitazioni annue sono in forte crescita, sono caduti 350 mm di pioggia contro una norma di 247 mm.
Anchorage, sulla parte meridionale, vicinissima alle grandi catene montuose dell'Alaska ed alle principali lingue glaciali di questa Nazione, ha forse dati più significativi, anche perché riguardano direttamente la zona dove i ghiacciai si formano.
In questo caso, l'anno 2008, ad eccezione del mese di Marzo, appare notevolmente freddo, costantemente tra 1° e 2°C al di sotto dei valori normali, e con un "picco" di freddo tra Ottobre e Novembre.
Piogge oltre la norma anche ad Anchorage: qui sono caduti 450 mm di pioggia contro una norma annua di 380 mm.
Le condizioni meteorologiche, con temperature nel 2008 più basse della norma, e con precipitazioni abbondanti, sono state dunque veramente favorevoli all'avanzata glaciale.
C'è da chiedersi, invece, se sarà un semplice "fuoco di paglia", oppure solo l'inizio di un ciclo climatico più freddo su questa zona.
Quanto alle cause, viene subito da pensare al prolungato minimo di attività solare, anche se potrebbero essercene altre, come variazioni della temperatura superficiale dell'Oceano Pacifico.
Marco Rossi
© Meteogiornale
Fonte: http://www.meteogiornale.it/news/read.php?id=19004
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