di Daniela Degan.
Passeggiando tra i vasi e le statuine delle Dee della Cultura
Cucuteni, un signore mi ha chiesto perché queste popolazioni sono
scomparse . gli ho raccontato la tesi di Gimbutas, condivisa,
scopro, da
altre archeologhe, dell'invasione degli Indoeuropei . tra
i quali le
popolazioni Kurgan.
Poi però mi sono ricordata un passaggio fondamentale:
quando nella
storia è avvenuto il passaggio da una società matrilineare a
quella
patriarcale, per dirla alla Eisler, "androcratica"? Quando il
Padre
ha prevalso sulla Madre? Quando la norma ha sancito questo
passaggio? Quando è avvenuto questo scontro e la norma "mutuale" è
stata
scalzata da quella "dominatore"?
Sono i testi dei classici greci che ci
possono fornire la risposta.
Più esattamente Eschilo e la sua Orestea, nella
quale possiamo
leggere la trasposizione mitica del conflitto di genere che
terminò
col trionfo del dominio patriarcale.
Riprendo il filo della
storia: Clitemnestra uccide Agamennone di
ritorno da Troia, per vendicare la
morte della figlia Ifigenia,
sacrificata dal padre prima di partire, per il
raggiungimento della
vittoria nella guerra che si apprestava a condurre a
fianco di
Achille e dei suoi prodi.
Il figlio di ritorno da Argo, sotto
mentite spoglie, entra nel
palazzo e uccide la madre e viene perseguitato
dalle Erinni. Ma a
seguito di un processo, grazie al voto favorevole di
Atena, Oreste
viene assolto dal delitto grave di matricidio.
Secondo
Bachofen questa tragedia mette in luce la definitiva
vittoria del principio
paterno sul principio materno. Dichiarare
attraverso la tragedia greca che
il matricidio non è un delitto è un
passaggio fondamentale per sottrarre
quel potere, la discendenza
matrilineare, a tutte le donne grazie ad uno
strumento, diremmo noi
mass-mediato, come a quei tempi era il teatro e la
tragedia greca.
Uno strumento che vuole far ottenere obbedienza a nuove
leggi.
Quelle stesse leggi che diventeranno famose tanto da individuare
Atene come culla di democrazia e di libertà.
Vengo a sapere che anche
nel racconto di Orestea a cura di Pasolini
esiste una grave dimenticanza
sulle motivazioni del gesto di
Clitemnestra, tralasciando egli la questione
della morte della
figlia, poiché in realtà la regina non uccide Agamennone
perché è
innamorata di un altro uomo (o almeno non solo per questo), ma
perché il marito aveva assassinato la figlia Ifigenia sacrificandola
agli dei per ottenere un responso sull'esito della missione bellica
a
Troia.
Pasolini deve aver conosciuto bene questo mito e pertanto tale
dimenticanza può essere
considerata una spia perfetta del modo in cui
lavora la propaganda
culturale. Così come all'epoca ha lavorato bene, così
nella
modernità ha continuato a suggestionare.
In questa tragedia sarà
il dio Apollo a dichiarare di chi è il
figlio. Il dio con il pugnale in
mano, che uccise il serpente,
stuprò Danfe e Creusa, entrambe sacerdotesse
di Gaia e che, nella
sua razionalità tanto cara agli antichi greci, si erse
a difesa
delle nuove norme e chiamando Atena ad aiutarlo, quale prova
vivente
della sua teoria.
Così Apollo dirà:
"Colei che viene chiamata
madre non è genitrice del figlio, bensì
soltanto nutrice del germe appena in
lei seminato. E' il fecondatore
che genera; ella, come ospite ad ospite,
conserva il germoglio, se
un dio non lo soffoca prima"
Interpretando
queste parole si vuole intendere che i figli non sono
affatto imparentati
con le proprie madri, e pertanto Oreste non può
essere accusato di avere
ucciso un consanguineo.
Il razionale Apollo mostra quindi Atena come prova
di ciò che ha
appena sostenuto, poiché la dea, venuta fuori già formata
dalla
testa di Zeus, non fu partorita da nessuna madre.
Interviene allora
la stessa Atena, che conferma e rivendica la sua
natura maschile:
"Non vi
è madre che mi abbia generato: esclusi i legami di nozze,
prediligo con
tutto l'animo tutto ciò che è maschile, e sono
interamente di mio padre.
Così non farò prevalere la morte di una
donna che ha ucciso lo sposo custode
della sua casa."
Così il ruolo della madre creatrice da cui tutto nasce viene
cancellato con queste poche battute. Il mito di Atena aveva già
fatto la
sua parte uscendo dalla testa del grande padre Zeus .
Raine Eisler, una delle
studiose di macrostoria più importanti del
mondo, scrive ne - La realtà
capovolta - prima parte, da Il Calice e
la Spada, Frassinelli, 1987:
"Le
tragedie che compongono la trilogia greca dell'Orestea sono tra
le più
conosciute e rappresentate. In questo classico il dio Apollo,
durante il
processo di Oreste per l'uccisione della madre, spiega
che i figli non sono
imparentati con le proprie madri. 'Non la madre
è generatrice di quello che
è chiamato suo figlio' afferma il dio.
Ella è soltanto la 'nutrice del germe
'.[...]
L'Orestea ci riporta all'epoca in cui si verificò quello che
studiosi classici come H. D. F. Kitto e George Thompson definiscono
uno
scontro tra culture patriarcali e matriarcali. Come scrive
Rockwell, la
trilogia ci porta 'da un totale consenso alla
legittimità del caso di
Clitemnestra nella prima tragedia, a un
punto in cui ci si dimentica di sua
figlia, il suo spettro si
eclissa, e il suo caso è inesistente, perché le
donne non possiedono
i diritti e gli attributi che essa aveva
rivendicato'.[...]
Inoltre, il ruolo di Atena[1] in questo dramma
normativo, come dice
la Rockwell, è un 'capolavoro di diplomazia culturale;
nel corso di
un mutamento istituzionale è importantissimo vedere un
personaggio
illustre dalla parte sconfitta accettare il nuovo potere'.
Se
Atena, discendente diretta della Dea e divinità patrona della
città di
Atene, si dichiara a favore della supremazia maschile, il
passaggio ad un
dominio dell'uomo dovrà essere accattato da ogni
ateniese. E lo stesso vale
per il cambiamento da ciò che un tempo
era un sistema di proprietà
comunitario, o gestito dal clan (in cui
la discendenza era
matrilineare), a un sistema di possesso privato
della proprietà e delle
donne da parte dell'uomo.[...]
L'Orestea era concepita per influenzare e
alterare l'idea di realtà
della gente.[...]
Per una mente educata in una
società di questo tipo, in cui la
discendenza era matrilineare e le donne
capi clan e sacerdotesse
occupavano posizioni socialmente importanti e
onorate, la
patrilinearità, e con essa la progressiva riduzione delle
donne a
proprietà privata dell'uomo, difficilmente sarebbe
sembrata
'naturale'.[...]
Insomma, questa mente antica era assolutamente inadatta
a funzionare
col nuovo sistema dominatore.[...]
Direttamente,
mediante la coercizione personale, e indirettamente,
tramite saltuarie
dimostrazioni di forza, come le pubbliche
inquisizioni ed esecuzioni,
venivano scoraggiati i comportamenti,
gli atteggiamenti e le percezioni che
non si conformavano alle norme
del modello dominatore. Questo
condizionamento basato sulla paura
arrivò a far parte di ogni aspetto della
vita quotidiana [...]
Ma, a lungo termine, avrebbe funzionato solo una
completa
trasformazione del modo in cui la gente percepiva e analizzava la
realtà."
Così si attuò una necessaria propaganda culturale capillare
affinchè
le menti antiche accettassero le istituzioni moderne. E' la cultura
che agisce a fondo sulla psiche dell'individuo trasformandone i miti
che
ne determinano pensieri e comportamenti. Ai nostri giorni la
televisione è
lo strumento che trasforma i simboli e i miti in logo,
allora fu Orestiade
lo strumento di manipolazione delle coscienza
collettiva.
[1] " In Atena
troviamo infine l'interessante prototipo del
femminile trasformato
dalla/nella cultura dei padri: è la figlia
ideale del Padre, che nessun
innamorato riuscirà a sostituire: Ama
suo padre in quanto non lo avverte
sessualmente minaccioso: può
portare la lancia e l'asta perché,
differentemente da Afrodite, lei
non è un richiamo sessuale per i maschi.
Dopo gli stupri, le
parentele imposte e le seduzioni eserciate a destra e a
manca per
ottenere il potere, Zeus dà il meglio di se partorendo una donna
inedita, emancipata, priva di madre e di una sua sessualità."
Atena fu
descritta, così' come Artemide, sorella di Apollo. (..) "il
temine greco
usato per indicare questo suo essere "sorella di" è
fratria-fratos, che
indica l'essere fratelli/sorelle in quanto
discendenti da uno stesso padre,
e non adelfos, il temine usato per
indicare i fratelli e le sorelle nati da
una stessa madre. Apollo e
Atena sono fratoi, in quanto ora importa indicare
il padre comune."
L'affermarsi di questo temine segnò, anche sul piano del
diritto, un
passaggio: la struttura familiare patrilineare prese il posto di
quella matrilineare, nella quale la madre era il luogo di origine
comune
e si era fratelli solo se si nasceva dallo stesso
utero. "Oscure madri
splendenti - le radici del sacro e delle
religioni" Venexia - Luciana
Percovich
Passeggiando tra i vasi e le statuine delle Dee della Cultura
Cucuteni, un signore mi ha chiesto perché queste popolazioni sono
scomparse . gli ho raccontato la tesi di Gimbutas, condivisa,
scopro, da
altre archeologhe, dell'invasione degli Indoeuropei . tra
i quali le
popolazioni Kurgan.
Poi però mi sono ricordata un passaggio fondamentale:
quando nella
storia è avvenuto il passaggio da una società matrilineare a
quella
patriarcale, per dirla alla Eisler, "androcratica"? Quando il
Padre
ha prevalso sulla Madre? Quando la norma ha sancito questo
passaggio? Quando è avvenuto questo scontro e la norma "mutuale" è
stata
scalzata da quella "dominatore"?
Sono i testi dei classici greci che ci
possono fornire la risposta.
Più esattamente Eschilo e la sua Orestea, nella
quale possiamo
leggere la trasposizione mitica del conflitto di genere che
terminò
col trionfo del dominio patriarcale.
Riprendo il filo della
storia: Clitemnestra uccide Agamennone di
ritorno da Troia, per vendicare la
morte della figlia Ifigenia,
sacrificata dal padre prima di partire, per il
raggiungimento della
vittoria nella guerra che si apprestava a condurre a
fianco di
Achille e dei suoi prodi.
Il figlio di ritorno da Argo, sotto
mentite spoglie, entra nel
palazzo e uccide la madre e viene perseguitato
dalle Erinni. Ma a
seguito di un processo, grazie al voto favorevole di
Atena, Oreste
viene assolto dal delitto grave di matricidio.
Secondo
Bachofen questa tragedia mette in luce la definitiva
vittoria del principio
paterno sul principio materno. Dichiarare
attraverso la tragedia greca che
il matricidio non è un delitto è un
passaggio fondamentale per sottrarre
quel potere, la discendenza
matrilineare, a tutte le donne grazie ad uno
strumento, diremmo noi
mass-mediato, come a quei tempi era il teatro e la
tragedia greca.
Uno strumento che vuole far ottenere obbedienza a nuove
leggi.
Quelle stesse leggi che diventeranno famose tanto da individuare
Atene come culla di democrazia e di libertà.
Vengo a sapere che anche
nel racconto di Orestea a cura di Pasolini
esiste una grave dimenticanza
sulle motivazioni del gesto di
Clitemnestra, tralasciando egli la questione
della morte della
figlia, poiché in realtà la regina non uccide Agamennone
perché è
innamorata di un altro uomo (o almeno non solo per questo), ma
perché il marito aveva assassinato la figlia Ifigenia sacrificandola
agli dei per ottenere un responso sull'esito della missione bellica
a
Troia.
Pasolini deve aver conosciuto bene questo mito e pertanto tale
dimenticanza può essere
considerata una spia perfetta del modo in cui
lavora la propaganda
culturale. Così come all'epoca ha lavorato bene, così
nella
modernità ha continuato a suggestionare.
In questa tragedia sarà
il dio Apollo a dichiarare di chi è il
figlio. Il dio con il pugnale in
mano, che uccise il serpente,
stuprò Danfe e Creusa, entrambe sacerdotesse
di Gaia e che, nella
sua razionalità tanto cara agli antichi greci, si erse
a difesa
delle nuove norme e chiamando Atena ad aiutarlo, quale prova
vivente
della sua teoria.
Così Apollo dirà:
"Colei che viene chiamata
madre non è genitrice del figlio, bensì
soltanto nutrice del germe appena in
lei seminato. E' il fecondatore
che genera; ella, come ospite ad ospite,
conserva il germoglio, se
un dio non lo soffoca prima"
Interpretando
queste parole si vuole intendere che i figli non sono
affatto imparentati
con le proprie madri, e pertanto Oreste non può
essere accusato di avere
ucciso un consanguineo.
Il razionale Apollo mostra quindi Atena come prova
di ciò che ha
appena sostenuto, poiché la dea, venuta fuori già formata
dalla
testa di Zeus, non fu partorita da nessuna madre.
Interviene allora
la stessa Atena, che conferma e rivendica la sua
natura maschile:
"Non vi
è madre che mi abbia generato: esclusi i legami di nozze,
prediligo con
tutto l'animo tutto ciò che è maschile, e sono
interamente di mio padre.
Così non farò prevalere la morte di una
donna che ha ucciso lo sposo custode
della sua casa."
Così il ruolo della madre creatrice da cui tutto nasce viene
cancellato con queste poche battute. Il mito di Atena aveva già
fatto la
sua parte uscendo dalla testa del grande padre Zeus .
Raine Eisler, una delle
studiose di macrostoria più importanti del
mondo, scrive ne - La realtà
capovolta - prima parte, da Il Calice e
la Spada, Frassinelli, 1987:
"Le
tragedie che compongono la trilogia greca dell'Orestea sono tra
le più
conosciute e rappresentate. In questo classico il dio Apollo,
durante il
processo di Oreste per l'uccisione della madre, spiega
che i figli non sono
imparentati con le proprie madri. 'Non la madre
è generatrice di quello che
è chiamato suo figlio' afferma il dio.
Ella è soltanto la 'nutrice del germe
'.[...]
L'Orestea ci riporta all'epoca in cui si verificò quello che
studiosi classici come H. D. F. Kitto e George Thompson definiscono
uno
scontro tra culture patriarcali e matriarcali. Come scrive
Rockwell, la
trilogia ci porta 'da un totale consenso alla
legittimità del caso di
Clitemnestra nella prima tragedia, a un
punto in cui ci si dimentica di sua
figlia, il suo spettro si
eclissa, e il suo caso è inesistente, perché le
donne non possiedono
i diritti e gli attributi che essa aveva
rivendicato'.[...]
Inoltre, il ruolo di Atena[1] in questo dramma
normativo, come dice
la Rockwell, è un 'capolavoro di diplomazia culturale;
nel corso di
un mutamento istituzionale è importantissimo vedere un
personaggio
illustre dalla parte sconfitta accettare il nuovo potere'.
Se
Atena, discendente diretta della Dea e divinità patrona della
città di
Atene, si dichiara a favore della supremazia maschile, il
passaggio ad un
dominio dell'uomo dovrà essere accattato da ogni
ateniese. E lo stesso vale
per il cambiamento da ciò che un tempo
era un sistema di proprietà
comunitario, o gestito dal clan (in cui
la discendenza era
matrilineare), a un sistema di possesso privato
della proprietà e delle
donne da parte dell'uomo.[...]
L'Orestea era concepita per influenzare e
alterare l'idea di realtà
della gente.[...]
Per una mente educata in una
società di questo tipo, in cui la
discendenza era matrilineare e le donne
capi clan e sacerdotesse
occupavano posizioni socialmente importanti e
onorate, la
patrilinearità, e con essa la progressiva riduzione delle
donne a
proprietà privata dell'uomo, difficilmente sarebbe
sembrata
'naturale'.[...]
Insomma, questa mente antica era assolutamente inadatta
a funzionare
col nuovo sistema dominatore.[...]
Direttamente,
mediante la coercizione personale, e indirettamente,
tramite saltuarie
dimostrazioni di forza, come le pubbliche
inquisizioni ed esecuzioni,
venivano scoraggiati i comportamenti,
gli atteggiamenti e le percezioni che
non si conformavano alle norme
del modello dominatore. Questo
condizionamento basato sulla paura
arrivò a far parte di ogni aspetto della
vita quotidiana [...]
Ma, a lungo termine, avrebbe funzionato solo una
completa
trasformazione del modo in cui la gente percepiva e analizzava la
realtà."
Così si attuò una necessaria propaganda culturale capillare
affinchè
le menti antiche accettassero le istituzioni moderne. E' la cultura
che agisce a fondo sulla psiche dell'individuo trasformandone i miti
che
ne determinano pensieri e comportamenti. Ai nostri giorni la
televisione è
lo strumento che trasforma i simboli e i miti in logo,
allora fu Orestiade
lo strumento di manipolazione delle coscienza
collettiva.
[1] " In Atena
troviamo infine l'interessante prototipo del
femminile trasformato
dalla/nella cultura dei padri: è la figlia
ideale del Padre, che nessun
innamorato riuscirà a sostituire: Ama
suo padre in quanto non lo avverte
sessualmente minaccioso: può
portare la lancia e l'asta perché,
differentemente da Afrodite, lei
non è un richiamo sessuale per i maschi.
Dopo gli stupri, le
parentele imposte e le seduzioni eserciate a destra e a
manca per
ottenere il potere, Zeus dà il meglio di se partorendo una donna
inedita, emancipata, priva di madre e di una sua sessualità."
Atena fu
descritta, così' come Artemide, sorella di Apollo. (..) "il
temine greco
usato per indicare questo suo essere "sorella di" è
fratria-fratos, che
indica l'essere fratelli/sorelle in quanto
discendenti da uno stesso padre,
e non adelfos, il temine usato per
indicare i fratelli e le sorelle nati da
una stessa madre. Apollo e
Atena sono fratoi, in quanto ora importa indicare
il padre comune."
L'affermarsi di questo temine segnò, anche sul piano del
diritto, un
passaggio: la struttura familiare patrilineare prese il posto di
quella matrilineare, nella quale la madre era il luogo di origine
comune
e si era fratelli solo se si nasceva dallo stesso
utero. "Oscure madri
splendenti - le radici del sacro e delle
religioni" Venexia - Luciana
Percovich
Mer 16 Feb 2011, 16:23 Da Neo
» WORKSHOP CON IL BREATHARIANO JERICHO SUNFIRE A MILANO IL 27 MARZO, L'ATLETA CHE PUÒ VIVERE SENZA CIBO E ACQUA INDEFINITAMENTE
Dom 06 Feb 2011, 13:11 Da Neo
» La finestra sul mondo
Lun 01 Mar 2010, 13:49 Da Giulilly
» DIRITTO E LEGGE
Mer 20 Gen 2010, 18:00 Da Neo
» pensieri di un' anima semplice
Sab 07 Nov 2009, 14:25 Da Michele Corso
» Pensieri di un'anima semplice
Ven 06 Nov 2009, 21:27 Da Lucia
» Nuovo blog sull'alimentazione istintiva
Gio 08 Ott 2009, 14:19 Da deadcassandra
» L'olio di Canola.
Mar 09 Giu 2009, 10:16 Da pinodd
» LE STORIE CHE NON RIUSCITE ANCORA A VEDERE (3)
Dom 07 Giu 2009, 23:16 Da pinodd