ABBIAMO DUE CERVELLI: UNO IN TESTA E UNO NELLA PANCIA.
La rivoluzionaria scoperta del cervello addominale che
ha nevrosi e domina il "collega" più nobile.
In tutte le culture, nei modi di dire, nel senso comune, la pancia è
tradizionalmente la sede principale (più del cervello) dei sentimenti e
delle emozioni. Ma fino a oggi per gli scienziati era un semplice tubo
governato dai riflessi; e per la maggior parte dei cittadini del mondo occidentale solo
la parte più prosaica, viscida e rumorosa del corpo umano. Finché a qualcuno
non è venuto in mente di contare le fibre nervose dell'intestino. E ha così
scoperto che i modi di dire si basavano su una realtà scientifica: nella pancia
c'è un secondo cervello, quasi una copia di quello che abbiamo nella testa. Non
serve solo alla digestione. Come il cervello della testa anche quello
addominale produce sostanze psicoattive che influenzano gli stati d'animo, come la
serotonina, la dopamina, ma anche oppiacei antidolorifici e persino
benzodiazepine, sostanze calmanti come il valium. Anche il collega "di
sotto"soffre di stress e nevrosi. Il cervello addominale, insomma, lavora
in modo autonomo e invia più segnali al cervello "nella testa" di quanti non
ne riceva da esso. Aiuta a fissare i ricordi legati alle emozioni. Può ammalarsi,
soffrire di stress e sviluppare proprie nevrosi. Prova sensazioni, pensa e ricorda. E
aiuta a prendere decisioni. Che bisogno c'era di due cervelli? "Nella
scatolacranica tutto non ci stava" spiega Michael Schemann, docente di
fisiologia alla facoltà di veterinaria di Hannover (Germania). "Per far passare i
collegamenti col resto del corpo il collo avrebbe dovuto avere un diametro
enorme. " poi, appena dopo la nascita, il neonato deve mangiare, bere e digerire: meglio
che queste funzioni fondamentali siano autonome". Durante la formazione
dell'embrione, quindi, una parte delle cellule nervose viene inglobata nella
testa, un'altra va nell'addome: i collegamenti fra i due sono tenuti dal
midollo spinale e dal nervo vago. Al secondo cervello sono affidate le
"decisioni viscerali", cioè spontanee e inconsapevoli: ha quindi un ruolo importante
nella gioia e nel dolore. Per studiare questo secondo cervello è nata una nuova
scienza, la neurogastroenterologia. Le basi le ha gettate, a metà dell'800,
Leopold Auerbach, un neurologo tedesco, che, osservando al microscopio
l'intestino notò due strati sottilissimi di cellule nervose tra due strati
di muscolo. E scoprì che questa specie di calza a rete avvolge tutto il tratto
digerente, fino al retto. Stesse cellule, stessi principi attivi e
ricettori: sono quasi identici. A che cosa servono?,si chiese Auerbach. Allora
dell'intestino non si sapeva molto se non che estrae l'energia dal cibo. Di
qui, nell'arco di una vita, passano più di 30 tonnellate di alimenti e 50 mila
litri di liquido. Il cuore, al confronto, è una pompa primitiva. Una volta
masticato in bocca e intriso di succhi gastrici nello stomaco, il boccone, divenuto
chimo(cioè poltiglia), viene compreso nel duodeno, il primo tratto
dell'intestino lungo 30 cm.
Qui affluiscono le secrezioni del pancreas e della cistifellea
i cui enzimi scompongono il chimo in molecole piccolissime. Poi il chimo passa
nell'intestino tenue, lungo fino a 5 metri, dove avviene la digestione. Il
cibo sminuzzato, i grassi, i carboidrati e le proteine vengono assorbiti nei
vasisanguigni e linfatici da miliardi di piccoli villi che tappezzano le pareti.
Dopo l'intestino tenue, c'è il crasso, lungo 1,5 metri: serve a riassorbire
i 9 litri di liquidi necessari alla digestione. Le pompe molecolari del crasso
assorbono quest'acqua e la restituiscono all'organismo. Alla fine del
viaggio i residui di cibo, le cellule morte e i microrganismi vengono spinti
verso l'uscita, l'ano, grazie a un robusto fascio muscolare. La rete di cellule
nervose intravista da Auerbach è la centralina di gestione e di controllo:
non si limita ad analizzare la composizione del cibo e a coordinare i
meccanismi di assorbimento e di escrezione. Comanda anche la velocità del transito e altre
funzioni grazie all'equilibrio tra neurotrasmettitori inibitori ed
eccitatori, ormoni stimolanti e secrezioni protettive. Quella che per noi è
solo una bistecca, per il cervello addominale è una realtà fatta di milioni di
sostanze chimiche da analizzare, per decidere se si tratta di elementi da
assorbire, di un veleno o di un microrganismo da tenere a distanza. Perché il cervello
dell'addome è anche l'organizzatore del fronte contro gli invasori. Il suo
compito principale è sovrintendere alla superficie più grande del corpo
umano in contatto con l'esterno. E' la parte più estesa a contatto con
l'esterno: siamo cavi.
"All'interno siamo cavi" dice Michael D. Gershon,
neuroscienziato della Columbia University di New York, " il corpo viene a
contatto con l'esterno
non solo attraverso la pelle ma anche attraverso la parete dell'intestino. Un
tunnel così ben costruito da consentire all'ambiente circostante di
attraversarci senza farci alcun danno". Nell'intestino, infatti, abitano circa 500
specie di esseri potenzialmente letali. Addirittura metà delle feci è fatta di batteri
morti.
Per questo le pareti intestinali devono essere la difesa più efficiente
dell'organismo. Così si spiega perché vi si trovino il 70% delle cellule del
sistema immunitario. E se nell'addome penetrano veleni, il cervello
addominale avverte il cervello della testa che reagisce con una strategia
prestabilita: vomito, crampi e diarrea. Se il veleno è identificato precocemente viene
eliminato dall'alto per la via più breve. Se, invece, è già a mezza strada,
entra in gioco il riflesso peristaltico. E' fatto di contrazioni ondulatorie
della parete muscolare dell'intestino, che spingono il contenuto dalla bocca
verso l'ano. Queste contrazioni sono sincronizzate dal cervello addominale,
stimolato dalla pressione sulle sue pareti. Basta che un boccone di cibo
dilati un segmento dell'intestino, che le cellule nervose iniziano a secernere
neuromediatori, cioè proteine che sono il linguaggio chimico delle cellule
nervose, che inibiscono o eccitano le cellule muscolari responsabili del
riflesso. Se predomina l'inibizione, l'intestino si ferma: è la stitichezza
cronica e le feci si fanno dure perché stando tanto tempo nel crasso vengono
disidratate. Se invece predomina l'eccitazione il trasporto accelera fino
alla diarrea, perché è tanto veloce da non dare tempo al crasso di riassorbire
i liquidi. In genere più si penetra nell'apparato digerente, più debole
diventa ilcontrollo del cervello nella testa. La bocca, parti dell'esofago e lo
stomaco si lasciano ancora dire qualcosa da lassù. Dopo il piloro, la regia
passa alla pancia. Gershon s'innamorò del cervello addominale quando era studente,
apprendendo che la serotonina, un neuromediatore, influiva sugli stati
d'animo. Scoprì poi che il 95% della serotonina è prodotta dalle cellule
nervose dell'intestino ed è responsabile anche del riflesso peristaltico. Quando la
pancia "si irrita" combina un sacco di guai. Nessuno prese sul serio Gershon
fino al 1981 quando uno dei suoi oppositori, l'australiano Marcello Costa,
dimostrò che le cellule nervose dell'intestino producono serotonina, che nel
frattempo si era rivelata uno dei tanti neuromediatori del sistema nervoso.
Ma non è l'unica sostanza secreta dal cervello addominale, che è un'enorme
fabbrica chimica perché produce una quarantina di neuromediatori con i quali
comunica attraverso il cervello della testa. Le cellule di entrambi i
cervelli infatti parlano la stessa lingua chimica. E questo spiega perché spesso nei
malati di Alzheimer e di Parkinson si riscontra lo stesso tipo di lesioni in
entrambi i cervelli. E perché i farmaci psichiatrici agiscono anche
sull'intestino e quelli gastroenterici anche sul cervello. Un ormone
gastrico, la secretina, viene sperimentato nella terapia dell'autismo,
una malattia psichiatrica. Un anti-emicrania seda gli
intestini iperattivi. Gli antidolorifici calmano alcune infiammazioni del tratto digerente.
E alcuni antidepressivi agiscono sull'umore cerebrale, ma anche sul cervello
addominale causando diarrea o stitichezza. L'ultima terapia in sperimentazione
contro il colon irritabile è frutto degli studi sul cervello
addominale. Di colon irritabile soffre il 20% della popolazione: causa dolori all'addome,
evacuazioni irregolari, accumulo d'aria nell'intestino. Non si sa perché il
colon di questi pazienti funziona male. Il colpevole, secondo Schemann, è il cervello
addominale. Oppure cervello alto e cervello basso non si intendono, e lo
stesso avverrebbe in una cinquantina di altre malattie. Gershon sostirne che il
cervello addominale è soggetto a nevrosi. La comunicazione tra i due
cervelli è comunque dominata da quello nella pancia. E' da qui che parte,
diretto alla testa, il 90% dei messaggi. La maggior parte di questi messaggi sono
inconsci, cioè avviene senza che noi ne prendiamo coscienza. Li percepiamo solo
quando sono segnali di allarme, che scatenano reazioni di malessere. I depressi
sentono tutti i movimenti del loro intestino. Emeran Mayer, docente
all'università della California, ha scoperto che una parte dei messaggi del cervello
addominale arriva nel sistema libico, posto al centro del cervello della testa. Questa
area ha il compito di elaborare i segnali negativi e reprimere le sensazioni
spiacevoli. "E' un po' come il fenomeno del maglione che pizzica"
spiega Mayer "dopo un po' non lo si avverte più". Gli stimoli provenienti
dall'intestino vengono percepiti solo se superano una soglia piuttosto alta,
mentre chi soffre di colon irritabile, secondo Mayer, avrebbe una soglia più bassa e
avvertirebbe ogni movimento intestinale. "Anche i depressi e gli ansiosi
hanno alterazioni simili" dice Mayer. Perché si abbassa la soglia? Forse per lo
stress. Se il cervello della testa percepisce tensione e paura, chiama a raccolta le
cellule dell'intestino che producono sostanze irritanti come l'istamina. Questa
proteina a sua volta attiva le cellule nervose del tubo digerente che fanno
contrarre le cellule muscolari: ecco spiegati crampi o diarrea. Il segnale di allarme va
poi al cervello della testa che lo ritrasmette verso il basso e così via. Se
l'ansia non cala, il cerchio si chiude e i sintomi si cronicizzato. Gli stress
del passato restano impressi anche nella pancia. Il cervello addominale sarebbe
addirittura dotato di memoria che per fissare i ricordi usa le stesse
molecole del cervello della testa: gli stress del passato si stampigliano così
nel cervello e nell'addome, dice Schemann, rendendo l'asse cervello-addome
ipersensibile per tutta la vita. E questo spiega perché i bambini che
soffrono di coliche nell'infanzia hanno in genere un rischio maggiore di
diventare adulti sofferenti per il colon irritabile. Anche i topi esposti da neonati a
situazioni stressanti sono adulti ipersensibili, con sintomi intestinali simili
a quelli da colon irritabile. E il 40% dei pazienti con colon irritabile soffre
in genere anche d'ansia e depressione. Che malinconia e paura nascano allora
nell'intestino? "I nostri risultati dicono che, così come la fame e la
sazietà influiscono sull'umore, nel cervello addominale si può celare l'origine
di altri stati d'animo, e tra questi anche la classica depressione" sostiene
Mayer.
Queste ricerche sono però ancora agli inizi. Ogni volta che l'intestino si
contrae ed emette serotonina o altri neuromediatori le informazioni
viaggiano lungo il nervo vago fino al cervello della testa. Dove vengono
tradotte in malessere o allegria, stanchezza o vitalità, umore buono o cattivo.
Anche la pancia sogna durante la fase rem del sonno. "Possiamo perfino dire che il
cervello addominale pensa" dice Schemann. " E' organizzato in modo
funzionale, lavora con una serie di circuiti, è in grado di registrare stati
diversi e reagire autonomamente: insomma possiede tutto ciò che serve a un sistema
nervoso integrativo". Quello che è certo è che l'addome crea l'atmosfera
per la testa:
La testa è la "banca delle emozioni" che raccoglie tutte le reazioni
e i dati, soprattutto nella corteccia anteriore, dietro la fronte, particolarmente
legata all'addome. Il cervello dell'addome insomma racconta la sua versione al
cervello della testa, crea il suo "profilo emotivo" e prepara un
"letto di sensazioni", anche per la notte. E infatti, durante la fase rem del sonno,
quando produce onde dolci e si popola di sogni, anche le viscere iniziano a ondeggiare
grazie alla serotonina. "E dopo un pasto pesante non si fanno forse brutti
sogni?" si domanda Mayer. Con queste onde il cervello della testa fissa i ricordi con
il loro carico di emozioni. Più saranno fissate le emozioni, migliori saranno
le decisioni della volta successiva. "Nei prossimi anni potremmo scoprire
che il cervello nell'addome è la matrice biologica dell'inconscio. Una scoperta
importante per gli uomini quanto quella di Copernico sul sistema solare "
sostiene Gershon.
LA MEMORIA DEL CUORE HA BRUTTI RICORDI Anche il cuore avrebbe
una memoria: ipotizzata 15 anni fa, la sua esistenza ora è stata provata da
Michael Rosen, docente della Columbia University di New York, esperto di
aritmie, sulla rivista scientifica Circulation. Brutti ricordi. Una memoria
maligna, capace di ricordare solo gli eventi spiacevoli: le aritmie più
gravi, l'installazione di pace maker. Quando memorizza, accumula all'interno
delle sue cellule un ormone, l'angiostatina 2, che fa aumentare il rischio di
aritmie.
Dimenticare o no? "E' una memoria che potrebbe essere responsabile di
alcune morti inspiegabili" ha ipotizzato Rosen. Alcuni farmaci, come quelli
utilizzati per lo scompenso cardiaco, sono in grado di far perdere la memoria
al cuore.
"Ma non sappiamo se questo possa essere un bene o un male" dice Peter
Schwartz,
docente di cardiologia all'università di Pavia.
tratto dalla rivista scientifica "Focus" del marzo 2001- Amelia
Beltramini
La rivoluzionaria scoperta del cervello addominale che
ha nevrosi e domina il "collega" più nobile.
In tutte le culture, nei modi di dire, nel senso comune, la pancia è
tradizionalmente la sede principale (più del cervello) dei sentimenti e
delle emozioni. Ma fino a oggi per gli scienziati era un semplice tubo
governato dai riflessi; e per la maggior parte dei cittadini del mondo occidentale solo
la parte più prosaica, viscida e rumorosa del corpo umano. Finché a qualcuno
non è venuto in mente di contare le fibre nervose dell'intestino. E ha così
scoperto che i modi di dire si basavano su una realtà scientifica: nella pancia
c'è un secondo cervello, quasi una copia di quello che abbiamo nella testa. Non
serve solo alla digestione. Come il cervello della testa anche quello
addominale produce sostanze psicoattive che influenzano gli stati d'animo, come la
serotonina, la dopamina, ma anche oppiacei antidolorifici e persino
benzodiazepine, sostanze calmanti come il valium. Anche il collega "di
sotto"soffre di stress e nevrosi. Il cervello addominale, insomma, lavora
in modo autonomo e invia più segnali al cervello "nella testa" di quanti non
ne riceva da esso. Aiuta a fissare i ricordi legati alle emozioni. Può ammalarsi,
soffrire di stress e sviluppare proprie nevrosi. Prova sensazioni, pensa e ricorda. E
aiuta a prendere decisioni. Che bisogno c'era di due cervelli? "Nella
scatolacranica tutto non ci stava" spiega Michael Schemann, docente di
fisiologia alla facoltà di veterinaria di Hannover (Germania). "Per far passare i
collegamenti col resto del corpo il collo avrebbe dovuto avere un diametro
enorme. " poi, appena dopo la nascita, il neonato deve mangiare, bere e digerire: meglio
che queste funzioni fondamentali siano autonome". Durante la formazione
dell'embrione, quindi, una parte delle cellule nervose viene inglobata nella
testa, un'altra va nell'addome: i collegamenti fra i due sono tenuti dal
midollo spinale e dal nervo vago. Al secondo cervello sono affidate le
"decisioni viscerali", cioè spontanee e inconsapevoli: ha quindi un ruolo importante
nella gioia e nel dolore. Per studiare questo secondo cervello è nata una nuova
scienza, la neurogastroenterologia. Le basi le ha gettate, a metà dell'800,
Leopold Auerbach, un neurologo tedesco, che, osservando al microscopio
l'intestino notò due strati sottilissimi di cellule nervose tra due strati
di muscolo. E scoprì che questa specie di calza a rete avvolge tutto il tratto
digerente, fino al retto. Stesse cellule, stessi principi attivi e
ricettori: sono quasi identici. A che cosa servono?,si chiese Auerbach. Allora
dell'intestino non si sapeva molto se non che estrae l'energia dal cibo. Di
qui, nell'arco di una vita, passano più di 30 tonnellate di alimenti e 50 mila
litri di liquido. Il cuore, al confronto, è una pompa primitiva. Una volta
masticato in bocca e intriso di succhi gastrici nello stomaco, il boccone, divenuto
chimo(cioè poltiglia), viene compreso nel duodeno, il primo tratto
dell'intestino lungo 30 cm.
Qui affluiscono le secrezioni del pancreas e della cistifellea
i cui enzimi scompongono il chimo in molecole piccolissime. Poi il chimo passa
nell'intestino tenue, lungo fino a 5 metri, dove avviene la digestione. Il
cibo sminuzzato, i grassi, i carboidrati e le proteine vengono assorbiti nei
vasisanguigni e linfatici da miliardi di piccoli villi che tappezzano le pareti.
Dopo l'intestino tenue, c'è il crasso, lungo 1,5 metri: serve a riassorbire
i 9 litri di liquidi necessari alla digestione. Le pompe molecolari del crasso
assorbono quest'acqua e la restituiscono all'organismo. Alla fine del
viaggio i residui di cibo, le cellule morte e i microrganismi vengono spinti
verso l'uscita, l'ano, grazie a un robusto fascio muscolare. La rete di cellule
nervose intravista da Auerbach è la centralina di gestione e di controllo:
non si limita ad analizzare la composizione del cibo e a coordinare i
meccanismi di assorbimento e di escrezione. Comanda anche la velocità del transito e altre
funzioni grazie all'equilibrio tra neurotrasmettitori inibitori ed
eccitatori, ormoni stimolanti e secrezioni protettive. Quella che per noi è
solo una bistecca, per il cervello addominale è una realtà fatta di milioni di
sostanze chimiche da analizzare, per decidere se si tratta di elementi da
assorbire, di un veleno o di un microrganismo da tenere a distanza. Perché il cervello
dell'addome è anche l'organizzatore del fronte contro gli invasori. Il suo
compito principale è sovrintendere alla superficie più grande del corpo
umano in contatto con l'esterno. E' la parte più estesa a contatto con
l'esterno: siamo cavi.
"All'interno siamo cavi" dice Michael D. Gershon,
neuroscienziato della Columbia University di New York, " il corpo viene a
contatto con l'esterno
non solo attraverso la pelle ma anche attraverso la parete dell'intestino. Un
tunnel così ben costruito da consentire all'ambiente circostante di
attraversarci senza farci alcun danno". Nell'intestino, infatti, abitano circa 500
specie di esseri potenzialmente letali. Addirittura metà delle feci è fatta di batteri
morti.
Per questo le pareti intestinali devono essere la difesa più efficiente
dell'organismo. Così si spiega perché vi si trovino il 70% delle cellule del
sistema immunitario. E se nell'addome penetrano veleni, il cervello
addominale avverte il cervello della testa che reagisce con una strategia
prestabilita: vomito, crampi e diarrea. Se il veleno è identificato precocemente viene
eliminato dall'alto per la via più breve. Se, invece, è già a mezza strada,
entra in gioco il riflesso peristaltico. E' fatto di contrazioni ondulatorie
della parete muscolare dell'intestino, che spingono il contenuto dalla bocca
verso l'ano. Queste contrazioni sono sincronizzate dal cervello addominale,
stimolato dalla pressione sulle sue pareti. Basta che un boccone di cibo
dilati un segmento dell'intestino, che le cellule nervose iniziano a secernere
neuromediatori, cioè proteine che sono il linguaggio chimico delle cellule
nervose, che inibiscono o eccitano le cellule muscolari responsabili del
riflesso. Se predomina l'inibizione, l'intestino si ferma: è la stitichezza
cronica e le feci si fanno dure perché stando tanto tempo nel crasso vengono
disidratate. Se invece predomina l'eccitazione il trasporto accelera fino
alla diarrea, perché è tanto veloce da non dare tempo al crasso di riassorbire
i liquidi. In genere più si penetra nell'apparato digerente, più debole
diventa ilcontrollo del cervello nella testa. La bocca, parti dell'esofago e lo
stomaco si lasciano ancora dire qualcosa da lassù. Dopo il piloro, la regia
passa alla pancia. Gershon s'innamorò del cervello addominale quando era studente,
apprendendo che la serotonina, un neuromediatore, influiva sugli stati
d'animo. Scoprì poi che il 95% della serotonina è prodotta dalle cellule
nervose dell'intestino ed è responsabile anche del riflesso peristaltico. Quando la
pancia "si irrita" combina un sacco di guai. Nessuno prese sul serio Gershon
fino al 1981 quando uno dei suoi oppositori, l'australiano Marcello Costa,
dimostrò che le cellule nervose dell'intestino producono serotonina, che nel
frattempo si era rivelata uno dei tanti neuromediatori del sistema nervoso.
Ma non è l'unica sostanza secreta dal cervello addominale, che è un'enorme
fabbrica chimica perché produce una quarantina di neuromediatori con i quali
comunica attraverso il cervello della testa. Le cellule di entrambi i
cervelli infatti parlano la stessa lingua chimica. E questo spiega perché spesso nei
malati di Alzheimer e di Parkinson si riscontra lo stesso tipo di lesioni in
entrambi i cervelli. E perché i farmaci psichiatrici agiscono anche
sull'intestino e quelli gastroenterici anche sul cervello. Un ormone
gastrico, la secretina, viene sperimentato nella terapia dell'autismo,
una malattia psichiatrica. Un anti-emicrania seda gli
intestini iperattivi. Gli antidolorifici calmano alcune infiammazioni del tratto digerente.
E alcuni antidepressivi agiscono sull'umore cerebrale, ma anche sul cervello
addominale causando diarrea o stitichezza. L'ultima terapia in sperimentazione
contro il colon irritabile è frutto degli studi sul cervello
addominale. Di colon irritabile soffre il 20% della popolazione: causa dolori all'addome,
evacuazioni irregolari, accumulo d'aria nell'intestino. Non si sa perché il
colon di questi pazienti funziona male. Il colpevole, secondo Schemann, è il cervello
addominale. Oppure cervello alto e cervello basso non si intendono, e lo
stesso avverrebbe in una cinquantina di altre malattie. Gershon sostirne che il
cervello addominale è soggetto a nevrosi. La comunicazione tra i due
cervelli è comunque dominata da quello nella pancia. E' da qui che parte,
diretto alla testa, il 90% dei messaggi. La maggior parte di questi messaggi sono
inconsci, cioè avviene senza che noi ne prendiamo coscienza. Li percepiamo solo
quando sono segnali di allarme, che scatenano reazioni di malessere. I depressi
sentono tutti i movimenti del loro intestino. Emeran Mayer, docente
all'università della California, ha scoperto che una parte dei messaggi del cervello
addominale arriva nel sistema libico, posto al centro del cervello della testa. Questa
area ha il compito di elaborare i segnali negativi e reprimere le sensazioni
spiacevoli. "E' un po' come il fenomeno del maglione che pizzica"
spiega Mayer "dopo un po' non lo si avverte più". Gli stimoli provenienti
dall'intestino vengono percepiti solo se superano una soglia piuttosto alta,
mentre chi soffre di colon irritabile, secondo Mayer, avrebbe una soglia più bassa e
avvertirebbe ogni movimento intestinale. "Anche i depressi e gli ansiosi
hanno alterazioni simili" dice Mayer. Perché si abbassa la soglia? Forse per lo
stress. Se il cervello della testa percepisce tensione e paura, chiama a raccolta le
cellule dell'intestino che producono sostanze irritanti come l'istamina. Questa
proteina a sua volta attiva le cellule nervose del tubo digerente che fanno
contrarre le cellule muscolari: ecco spiegati crampi o diarrea. Il segnale di allarme va
poi al cervello della testa che lo ritrasmette verso il basso e così via. Se
l'ansia non cala, il cerchio si chiude e i sintomi si cronicizzato. Gli stress
del passato restano impressi anche nella pancia. Il cervello addominale sarebbe
addirittura dotato di memoria che per fissare i ricordi usa le stesse
molecole del cervello della testa: gli stress del passato si stampigliano così
nel cervello e nell'addome, dice Schemann, rendendo l'asse cervello-addome
ipersensibile per tutta la vita. E questo spiega perché i bambini che
soffrono di coliche nell'infanzia hanno in genere un rischio maggiore di
diventare adulti sofferenti per il colon irritabile. Anche i topi esposti da neonati a
situazioni stressanti sono adulti ipersensibili, con sintomi intestinali simili
a quelli da colon irritabile. E il 40% dei pazienti con colon irritabile soffre
in genere anche d'ansia e depressione. Che malinconia e paura nascano allora
nell'intestino? "I nostri risultati dicono che, così come la fame e la
sazietà influiscono sull'umore, nel cervello addominale si può celare l'origine
di altri stati d'animo, e tra questi anche la classica depressione" sostiene
Mayer.
Queste ricerche sono però ancora agli inizi. Ogni volta che l'intestino si
contrae ed emette serotonina o altri neuromediatori le informazioni
viaggiano lungo il nervo vago fino al cervello della testa. Dove vengono
tradotte in malessere o allegria, stanchezza o vitalità, umore buono o cattivo.
Anche la pancia sogna durante la fase rem del sonno. "Possiamo perfino dire che il
cervello addominale pensa" dice Schemann. " E' organizzato in modo
funzionale, lavora con una serie di circuiti, è in grado di registrare stati
diversi e reagire autonomamente: insomma possiede tutto ciò che serve a un sistema
nervoso integrativo". Quello che è certo è che l'addome crea l'atmosfera
per la testa:
La testa è la "banca delle emozioni" che raccoglie tutte le reazioni
e i dati, soprattutto nella corteccia anteriore, dietro la fronte, particolarmente
legata all'addome. Il cervello dell'addome insomma racconta la sua versione al
cervello della testa, crea il suo "profilo emotivo" e prepara un
"letto di sensazioni", anche per la notte. E infatti, durante la fase rem del sonno,
quando produce onde dolci e si popola di sogni, anche le viscere iniziano a ondeggiare
grazie alla serotonina. "E dopo un pasto pesante non si fanno forse brutti
sogni?" si domanda Mayer. Con queste onde il cervello della testa fissa i ricordi con
il loro carico di emozioni. Più saranno fissate le emozioni, migliori saranno
le decisioni della volta successiva. "Nei prossimi anni potremmo scoprire
che il cervello nell'addome è la matrice biologica dell'inconscio. Una scoperta
importante per gli uomini quanto quella di Copernico sul sistema solare "
sostiene Gershon.
LA MEMORIA DEL CUORE HA BRUTTI RICORDI Anche il cuore avrebbe
una memoria: ipotizzata 15 anni fa, la sua esistenza ora è stata provata da
Michael Rosen, docente della Columbia University di New York, esperto di
aritmie, sulla rivista scientifica Circulation. Brutti ricordi. Una memoria
maligna, capace di ricordare solo gli eventi spiacevoli: le aritmie più
gravi, l'installazione di pace maker. Quando memorizza, accumula all'interno
delle sue cellule un ormone, l'angiostatina 2, che fa aumentare il rischio di
aritmie.
Dimenticare o no? "E' una memoria che potrebbe essere responsabile di
alcune morti inspiegabili" ha ipotizzato Rosen. Alcuni farmaci, come quelli
utilizzati per lo scompenso cardiaco, sono in grado di far perdere la memoria
al cuore.
"Ma non sappiamo se questo possa essere un bene o un male" dice Peter
Schwartz,
docente di cardiologia all'università di Pavia.
tratto dalla rivista scientifica "Focus" del marzo 2001- Amelia
Beltramini
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