LA BIBITA IDEALE DI Claudio Tavera
Hanno colori tra i più disparati, dal giallo limone, all’arancio, al turchese o ancora al verde pistacchio o giallo paglierino, così da potersi coordinare con le divise d’allenamento e le scarpe ultimo grido e spesso, come queste, sono molto costosi. Inseparabili accompagnatori degli sportivi “da palestra” ma anche degli atleti con la “a” più o meno maiuscola, con l’arrivo dell’estate e del caldo, gli integratori idro-salini diventano compagni insostituibili delle nostre sedute di allenamento più di quanto non lo siano stati nel corso dell’inverno. Ma quale è il ruolo di questi integratori e quando è realmente necessario il loro uso? Vediamo se è possibile dare delle risposte semplici a questi quesiti.
Gli integratori idro-salini tanto acclamati ma talvolta anche causa di polemiche tra gli “addetti ai lavori” hanno anch’essi, come tutti gli integratori, una propria “ratio” di utilizzo che è bene considerare. Un integratore idro-salino altro non è se non che un mix di acqua e sali minerali, in opportuna concentrazione e la sua finalità, quando assunto, è quindi quella di ripristinare le riserve di questi elementi nel nostro organismo, riserve che possono essere temporaneamente deficitarie per effetto di una qualche causa. L’acqua e gli ioni minerali (Sodio, Cloro, Potassio e Bicarbonato tra i principali) costituiscono infatti il cosiddetto “mezzo interno” o “l’ambiente”, se preferite, in cui si attuano tutte le reazioni chimiche dell’organismo, ambiente che deve mantenere una costanza di composizione, pena la compromissione di un gran numero di funzioni dello stesso.
Che durante la pratica di certo tipo di attività fisica fosse necessaria l’integrazione di acqua è risaputo da tempo, ma più che risaputo è una conoscenza che deriva dall’esperienza che tutti, chi più chi meno, abbiamo sperimentato nel corso della nostra esistenza. Tuttavia è solo in tempi relativamente recenti che dal punto di vista commerciale si è verificata l’introduzione sul mercato dei cosiddetti integratori idro-salini. Questi sono entrati inizialmente in commercio dalla porta di servizio ovvero attraverso le palestre, i centri fitness o improvvisati distributori a bordo di piste di atletica leggera e campi sportivi, dove hanno fatto breccia tra gli addetti ai lavori, ma oggi come è facile constatare, sono largamente diffusi anche sugli scaffali dei supermercati ed il business si è moltiplicato a dismisura. Inizialmente erano costituiti dai più classici ingredienti, ovvero acqua e sali minerali, tuttavia come accade ad una specie in rapida evoluzione sono comparsi sul mercato, gli integratori di seconda e terza generazione, che annoverano fra i loro ingredienti oltre a una buona dose di sali minerali anche vitamine (più spesso C ed E, ad attività antiossidante) ed alcuni tipi di carboidrati complessi.
Tralasciando alcuni mix, peraltro talvolta discutibili, desidero invece soffermarmi su alcuni concetti chiave che riguardano soprattutto la reidratazione in corso di attività fisica. La finalità principale della reintegrazione dei liquidi e degli elettroliti (sali in forma ionica) è in effetti, quella di mantenere costante i compartimenti idrici e la composizione in ioni del nostro organismo. L’acqua corporea può infatti esser persa durante l’attività fisica in quantità molto rilevante sia con la sudorazione (unitamente ai sali in questo caso), che con la ventilazione, che altro non sono, soprattutto la sudorazione, se non che alcuni fra i meccanismi che l’organismo mette in atto per mantenere costante la temperatura corporea. In corso di attività fisica si attua una ridistribuzione del circolo ematico che è volta a favorire un maggior apporto di sangue ai muscoli in attività. Ciò avviene attraverso una mobilizzazione del sangue dal distretto splancnico (area dei visceri addominali che costituiscono un serbatoio di sangue mobilizzabile all’occorrenza) sia ai muscoli in attività che alla cute, attraverso la quale, con la sudorazione, viene dissipato l’eccesso di calore prodotto.
La sudorazione svolge quindi un pò lo stesso ruolo che svolge il radiatore nel motore dell’automobile ovvero di evitare il surriscaldamento del “motore”. Al termine di competizioni di resistenza molto durature, sono state quantificate nell’atleta perdite idriche (naturalmente reintegrate nel corso delle prestazione stessa) sino a 5 litri, comprese tra il 6 ed il 10% della massa corporea. Perdite idriche dell’ordine del 5% della massa corporea si accompagnano ad una riduzione della capacità di termoregolare e ad alterazioni della funzione cardiovascolare con riduzione della capacità di eseguire lavoro fisico.
Ma quando e come va assunto un integratore idro-salino? E’ chiaro da quanto detto che le attività nelle quali è opportuna un’integrazione sono sopratutto quelle nelle quali si verificherà realmente una perdita di liquidi per effetto di un allenamento particolarmente pesante in intensità e/o durata. Vi sono dunque delle attività particolarmente a rischio di squilibrio idro-elettrolitico rispetto ad altre e tra queste lo jogging prolungato ed/o ad andatura sostenuta, il ciclismo ed il pattinaggio strada, la mountain bike ed il canottaggio. Ma anche sport di squadra ad impegno misto (aerobico anaerobico alternato) calcio, basket, o ancora benché non classificabili come sport di squadra il tennis, la boxe e tanti altri. Tra le attività che mettono a dura prova l’atleta sotto questo profilo non si può fare a meno di citare classiche attività di “endurance” o “superendurance”quali la maratona e la supermaratona od ancora il triatlhon. Mentre tra le attività di palestra si possono citare lo spinning bike, il cardiofitness ma in generale tutte le discipline ad impegno “aerobico puro o misto” soprattutto se prolungate. Il rischio è naturalmente accentuato, per le attività che si svolgono all’aria aperta, dalle condizioni ambientali sfavorevoli di temperatura, umidità e ventilazione. Sono viceversa superflue e quindi fuori luogo quelle integrazioni effettuate durante lo svolgimento di attività di potenza soprattutto se eseguite in una sala attrezzi ben condizionata, attività che raramente si associano a significative perdite idriche. E’ anche vero però che in questo caso l’assunzione di liquidi dopo ogni serie di esercizi maschera in realtà l’assunzione di intrugli che poco o nulla hanno a che fare con la reidratazione, ma questo è un altro discorso…..
Per quanto riguarda la composizione, e la temporizzazione dell’assunzione di tali integratori, i fisiologi dello sport suggeriscono per gli atleti che stanno per affrontare una prestazione od un allenamento particolarmente stressante, una idratazione preventiva o “iperidratazione” che andrebbe effettuata almeno 20 minuti prima della gara con l’assunzione di 400-600 ml di una soluzione idrosalina in modo tale da poter avviare con qualche anticipo il suo assorbimento a livello intestinale. A questa deve far seguito l’assunzione di 150-250 ml ad intervalli di 15 minuti durante la prestazione, se prolungata. Altro fattore da considerare anche se meno rilevante è la temperatura della bevanda. Se intorno ai 5 °C o comunque fresca facilita lo svuotamento gastrico e quindi l’assorbimento intestinale, ma attenti alle bevande eccessivamente fredde perché potrebbe essere pericoloso!
Riguardo ai sali minerali è noto che il sodio perso con una sudorazione entro i 3 litri può essere facilmente recuperato aggiungendo un pizzico di sale da cucina in più nelle pietanze. Per sudorazioni maggiori invece è opportuno aggiungere 3 g (circa mezzo cucchiaio da te) per litro d’acqua al fine di ottenere una soluzione con composizione molto simile allo stesso sudore. Ma un importante fine dell’aggiunta di questo componente nella bevanda, indipendentemente dall’entità della sudorazione, è anche quello di tenere vivace il senso della sete che talvolta nell’atleta viene avvertito in ritardo, presentandosi con un’inerzia tale da non prevenire un iniziale stato di disidratazione. Il potassio invece, visto che rispetto al sodio è più concentrato all’interno delle cellule, inizia a ridursi significativamente solo in condizioni di disidratazioni molto spinte ed in tal caso si può facilmente recuperare consumando alimenti che ne possiedono una ricca quantità come banane, succo d’arancia o albicocche secche.
Per quanto riguarda le aggiunte “energetiche” spesso presenti nella composizione di tali bevande l’efficacia di addizionarli a questa, disciolta assieme ai sali, si è dimostrata efficace nel supportare la prestazione. La quantità ottimale di tali carboidrati dovrebbe essere compresa tra i 5 e gli 8 g % (1 cucchiaino o un cucchiaino e mezzo in 100 ml di acqua) ciò che dovrebbe assicurarne una assunzione dell’ordine di circa 30-60 g l’ora. Occhio però al glucosio! Perché se è vero che questo carboidrato, permette un ripristino dei substrati energetici e facilita, assieme al sodio l’assorbimento d’acqua nell’intestino, è altrettanto vero che se presente in eccesso può esercitare un effetto osmotico opposto, trattenendo l’acqua nel lume intestinale. Sono preferibili quindi quei carboidrati a catena corta quali le maltodestrine (costituiti da 3 a 20 molecole di glucosio), che oltre ad assicurare un lento rilascio di energia sono osmoticamente meno attivi. E per quanto riguarda il fruttosio? Beh questo non è il massimo in quanto è responsabile di un assorbimento d’acqua inferiore a quella del glucosio che avviene fra l’altro in tempi più prolungati.
Degno di nota è infine, un accorgimento per soddisfare le papille gustative: con un’aggiunta del succo di un limone o di un’arancia la vostra bibita da gara, dopo questa lunga serie di alchimie, assumerà una connotazione “palatamente” accettabile, per non parlare della accettabilità della spesa. E per quanto riguarda il colore? Beh perdonatemi ma sono proprio rimasto a corto di argomenti per quanto riguarda questo dettaglio, ma se proprio non potete fare a meno dei corretti abbinamenti (e dei coloranti!) comprate pure quella che più si addice al vostro abbigliamento!
FONTE: http://www.ambrosiafitness.it/articoli/alimentazione/la%20bibita%20ideale.htm
Hanno colori tra i più disparati, dal giallo limone, all’arancio, al turchese o ancora al verde pistacchio o giallo paglierino, così da potersi coordinare con le divise d’allenamento e le scarpe ultimo grido e spesso, come queste, sono molto costosi. Inseparabili accompagnatori degli sportivi “da palestra” ma anche degli atleti con la “a” più o meno maiuscola, con l’arrivo dell’estate e del caldo, gli integratori idro-salini diventano compagni insostituibili delle nostre sedute di allenamento più di quanto non lo siano stati nel corso dell’inverno. Ma quale è il ruolo di questi integratori e quando è realmente necessario il loro uso? Vediamo se è possibile dare delle risposte semplici a questi quesiti.
Gli integratori idro-salini tanto acclamati ma talvolta anche causa di polemiche tra gli “addetti ai lavori” hanno anch’essi, come tutti gli integratori, una propria “ratio” di utilizzo che è bene considerare. Un integratore idro-salino altro non è se non che un mix di acqua e sali minerali, in opportuna concentrazione e la sua finalità, quando assunto, è quindi quella di ripristinare le riserve di questi elementi nel nostro organismo, riserve che possono essere temporaneamente deficitarie per effetto di una qualche causa. L’acqua e gli ioni minerali (Sodio, Cloro, Potassio e Bicarbonato tra i principali) costituiscono infatti il cosiddetto “mezzo interno” o “l’ambiente”, se preferite, in cui si attuano tutte le reazioni chimiche dell’organismo, ambiente che deve mantenere una costanza di composizione, pena la compromissione di un gran numero di funzioni dello stesso.
Che durante la pratica di certo tipo di attività fisica fosse necessaria l’integrazione di acqua è risaputo da tempo, ma più che risaputo è una conoscenza che deriva dall’esperienza che tutti, chi più chi meno, abbiamo sperimentato nel corso della nostra esistenza. Tuttavia è solo in tempi relativamente recenti che dal punto di vista commerciale si è verificata l’introduzione sul mercato dei cosiddetti integratori idro-salini. Questi sono entrati inizialmente in commercio dalla porta di servizio ovvero attraverso le palestre, i centri fitness o improvvisati distributori a bordo di piste di atletica leggera e campi sportivi, dove hanno fatto breccia tra gli addetti ai lavori, ma oggi come è facile constatare, sono largamente diffusi anche sugli scaffali dei supermercati ed il business si è moltiplicato a dismisura. Inizialmente erano costituiti dai più classici ingredienti, ovvero acqua e sali minerali, tuttavia come accade ad una specie in rapida evoluzione sono comparsi sul mercato, gli integratori di seconda e terza generazione, che annoverano fra i loro ingredienti oltre a una buona dose di sali minerali anche vitamine (più spesso C ed E, ad attività antiossidante) ed alcuni tipi di carboidrati complessi.
Tralasciando alcuni mix, peraltro talvolta discutibili, desidero invece soffermarmi su alcuni concetti chiave che riguardano soprattutto la reidratazione in corso di attività fisica. La finalità principale della reintegrazione dei liquidi e degli elettroliti (sali in forma ionica) è in effetti, quella di mantenere costante i compartimenti idrici e la composizione in ioni del nostro organismo. L’acqua corporea può infatti esser persa durante l’attività fisica in quantità molto rilevante sia con la sudorazione (unitamente ai sali in questo caso), che con la ventilazione, che altro non sono, soprattutto la sudorazione, se non che alcuni fra i meccanismi che l’organismo mette in atto per mantenere costante la temperatura corporea. In corso di attività fisica si attua una ridistribuzione del circolo ematico che è volta a favorire un maggior apporto di sangue ai muscoli in attività. Ciò avviene attraverso una mobilizzazione del sangue dal distretto splancnico (area dei visceri addominali che costituiscono un serbatoio di sangue mobilizzabile all’occorrenza) sia ai muscoli in attività che alla cute, attraverso la quale, con la sudorazione, viene dissipato l’eccesso di calore prodotto.
La sudorazione svolge quindi un pò lo stesso ruolo che svolge il radiatore nel motore dell’automobile ovvero di evitare il surriscaldamento del “motore”. Al termine di competizioni di resistenza molto durature, sono state quantificate nell’atleta perdite idriche (naturalmente reintegrate nel corso delle prestazione stessa) sino a 5 litri, comprese tra il 6 ed il 10% della massa corporea. Perdite idriche dell’ordine del 5% della massa corporea si accompagnano ad una riduzione della capacità di termoregolare e ad alterazioni della funzione cardiovascolare con riduzione della capacità di eseguire lavoro fisico.
Ma quando e come va assunto un integratore idro-salino? E’ chiaro da quanto detto che le attività nelle quali è opportuna un’integrazione sono sopratutto quelle nelle quali si verificherà realmente una perdita di liquidi per effetto di un allenamento particolarmente pesante in intensità e/o durata. Vi sono dunque delle attività particolarmente a rischio di squilibrio idro-elettrolitico rispetto ad altre e tra queste lo jogging prolungato ed/o ad andatura sostenuta, il ciclismo ed il pattinaggio strada, la mountain bike ed il canottaggio. Ma anche sport di squadra ad impegno misto (aerobico anaerobico alternato) calcio, basket, o ancora benché non classificabili come sport di squadra il tennis, la boxe e tanti altri. Tra le attività che mettono a dura prova l’atleta sotto questo profilo non si può fare a meno di citare classiche attività di “endurance” o “superendurance”quali la maratona e la supermaratona od ancora il triatlhon. Mentre tra le attività di palestra si possono citare lo spinning bike, il cardiofitness ma in generale tutte le discipline ad impegno “aerobico puro o misto” soprattutto se prolungate. Il rischio è naturalmente accentuato, per le attività che si svolgono all’aria aperta, dalle condizioni ambientali sfavorevoli di temperatura, umidità e ventilazione. Sono viceversa superflue e quindi fuori luogo quelle integrazioni effettuate durante lo svolgimento di attività di potenza soprattutto se eseguite in una sala attrezzi ben condizionata, attività che raramente si associano a significative perdite idriche. E’ anche vero però che in questo caso l’assunzione di liquidi dopo ogni serie di esercizi maschera in realtà l’assunzione di intrugli che poco o nulla hanno a che fare con la reidratazione, ma questo è un altro discorso…..
Per quanto riguarda la composizione, e la temporizzazione dell’assunzione di tali integratori, i fisiologi dello sport suggeriscono per gli atleti che stanno per affrontare una prestazione od un allenamento particolarmente stressante, una idratazione preventiva o “iperidratazione” che andrebbe effettuata almeno 20 minuti prima della gara con l’assunzione di 400-600 ml di una soluzione idrosalina in modo tale da poter avviare con qualche anticipo il suo assorbimento a livello intestinale. A questa deve far seguito l’assunzione di 150-250 ml ad intervalli di 15 minuti durante la prestazione, se prolungata. Altro fattore da considerare anche se meno rilevante è la temperatura della bevanda. Se intorno ai 5 °C o comunque fresca facilita lo svuotamento gastrico e quindi l’assorbimento intestinale, ma attenti alle bevande eccessivamente fredde perché potrebbe essere pericoloso!
Riguardo ai sali minerali è noto che il sodio perso con una sudorazione entro i 3 litri può essere facilmente recuperato aggiungendo un pizzico di sale da cucina in più nelle pietanze. Per sudorazioni maggiori invece è opportuno aggiungere 3 g (circa mezzo cucchiaio da te) per litro d’acqua al fine di ottenere una soluzione con composizione molto simile allo stesso sudore. Ma un importante fine dell’aggiunta di questo componente nella bevanda, indipendentemente dall’entità della sudorazione, è anche quello di tenere vivace il senso della sete che talvolta nell’atleta viene avvertito in ritardo, presentandosi con un’inerzia tale da non prevenire un iniziale stato di disidratazione. Il potassio invece, visto che rispetto al sodio è più concentrato all’interno delle cellule, inizia a ridursi significativamente solo in condizioni di disidratazioni molto spinte ed in tal caso si può facilmente recuperare consumando alimenti che ne possiedono una ricca quantità come banane, succo d’arancia o albicocche secche.
Per quanto riguarda le aggiunte “energetiche” spesso presenti nella composizione di tali bevande l’efficacia di addizionarli a questa, disciolta assieme ai sali, si è dimostrata efficace nel supportare la prestazione. La quantità ottimale di tali carboidrati dovrebbe essere compresa tra i 5 e gli 8 g % (1 cucchiaino o un cucchiaino e mezzo in 100 ml di acqua) ciò che dovrebbe assicurarne una assunzione dell’ordine di circa 30-60 g l’ora. Occhio però al glucosio! Perché se è vero che questo carboidrato, permette un ripristino dei substrati energetici e facilita, assieme al sodio l’assorbimento d’acqua nell’intestino, è altrettanto vero che se presente in eccesso può esercitare un effetto osmotico opposto, trattenendo l’acqua nel lume intestinale. Sono preferibili quindi quei carboidrati a catena corta quali le maltodestrine (costituiti da 3 a 20 molecole di glucosio), che oltre ad assicurare un lento rilascio di energia sono osmoticamente meno attivi. E per quanto riguarda il fruttosio? Beh questo non è il massimo in quanto è responsabile di un assorbimento d’acqua inferiore a quella del glucosio che avviene fra l’altro in tempi più prolungati.
Degno di nota è infine, un accorgimento per soddisfare le papille gustative: con un’aggiunta del succo di un limone o di un’arancia la vostra bibita da gara, dopo questa lunga serie di alchimie, assumerà una connotazione “palatamente” accettabile, per non parlare della accettabilità della spesa. E per quanto riguarda il colore? Beh perdonatemi ma sono proprio rimasto a corto di argomenti per quanto riguarda questo dettaglio, ma se proprio non potete fare a meno dei corretti abbinamenti (e dei coloranti!) comprate pure quella che più si addice al vostro abbigliamento!
FONTE: http://www.ambrosiafitness.it/articoli/alimentazione/la%20bibita%20ideale.htm
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