L’Umiltà
Il dizionario definisce in questo modo l'Umiltà: “sentimento e conseguente comportamento improntato alla consapevolezza dei propri limiti e al distacco da ogni forma di orgoglio e sicurezza eccessivi di sé”.
Un esempio evidente di Umiltà è stato dato dalla vita e dall'Ordine fondato da San Francesco.
Il sogno di San Francesco, da giovane, era quello di diventare cavaliere. Si era procurato il cavallo e tutto il materiale di guerra per seguire un nobile che andava in Puglia. Alla vigilia della partenza, saputo che un nobile di Assisi non poteva partecipare alla spedizione perché gli mancavano i fondi per procurarsi il necessario, Francesco non esitò un istante: si spogliò della sua armatura e la donò al nobile. La notte stessa, in sogno, gli apparve in visione una persona che lo guidò in un palazzo pieno di armi, cavalieri, lance e scudi rilucenti e gli disse che tutte quelle cose appartenevano a lui e ai suoi cavalieri. Francesco interpretò la visione come un messaggio augurale e continuò il viaggio. La notte successiva risentì la voce che gli diceva: “Francesco, chi ti può essere utile di più, il Signore o il Servo?” “Il Signore?” Egli rispose. “Perché dunque lasci il signore per il Servo, il principe per il vassallo?” Francesco allora umilmente disse: “Signore che vuoi che io faccia?”. “Torna alla tua terra e là ti sarà rivelato tutto ciò che dovrai fare”.
La vita di S. Francesco è piena di questi esempi e l'Umiltà è il fondamento dell'Ordine da lui fondato.
Le sue parole risuonano in questo modo: “Miei fratelli! Dio mi ha chiamato a seguire la voce dell'umiltà e mi ha mostrato la via della semplicità. Io non voglio sentire parlare di una regola qualunque… Il Signore mi ha detto che egli voleva che io fossi un pazzo nel mondo; e Dio non ha voluto condurci in nessun altra via che non fosse questa”.
Anche tra le regole stesse dell'Ordine leggiamo: “Che i frati vadano come pellegrini e forestieri in questo mondo servendo il Signore in povertà ed umiltà, a chiedere l'elemosina con confidenza e non debbano averne vergogna”.
L'Umiltà è collocarsi al giusto gradino fra Dio e gli uomini, riconoscere i propri limiti e le proprie potenzialità e, in funzione di questi, mettersi a disposizione completa degli altri lasciandosi attraversare, come canali consapevoli, dall'Amore Divino.
Si può notare un nesso che lega l'Umiltà con la Legge di Evoluzione, i cui principi sono: principio di limitazione e principio di manifestazione periodica e ciclica.
Infatti, spesso essere umili significa avere la consapevolezza di non essere soli comprendendo che nel cammino evolutivo troveremo sempre qualcuno davanti a noi.
“La vita è, ed essendo evolve”.
Ogni forma di vita è sottoposta ad un processo evolutivo, che è composto da due fasi, che sono: l'involuzione e l'evoluzione.
All'inizio della creazione si avviò un processo involutivo durante il quale si realizzò l'organizzazione degli elementi. Ad un certo punto gli elementi furono pronti per aggregarsi in modo più coordinato e nacque il Regno Minerale ed ebbe così inizio la fase evolutiva che proseguì dando vita ai regni: Vegetale, Animale, Umano, delle Anime, ecc.
Ogni Regno manifesta gradi di conoscenza superiore rispetto ai Regni precedenti e inferiore rispetto ai regni successivi.
Tutte le forme esistenti passano attraverso il processo evolutivo, l'Anima stessa segue questa Legge, essa ne rappresenta la forza più interiore e soggettiva.
L'uomo rappresenta il passaggio fra un ciclo che finisce ed un altro che inizia e, nello stesso tempo, rappresenta il punto di mezzo e la chiave di volta di tutto il processo evolutivo.
L'uomo dovrebbe prendere consapevolezza della propria posizione e della sua funzione, riconoscendo la guida dei Regni Superiori nei suoi confronti ed assumendosi la responsabilità di accompagnare ad evolvere i Regni sottostanti, primo tra tutti quello Animale.
Il percorso che ciascuno compie può essere assimilato metaforicamente alla progressione che porta verso le cime più alte delle montagne: chi è avanti, per poter procedere, deve sostenere chi lo segue, e ricevere il sostegno di chi prima di lui ha compiuto gli stessi passi.
La consapevolezza di essere un punto all'interno di un processo molto più ampio consente di ridimensionare il proprio egocentrismo e, allo stesso tempo, permette di chiedere quel sostegno di cui tutti abbiamo bisogno per procedere sul Sentiero.
Entrando in contatto pieno con la nostra Anima sentiamo il suono dell'alto, dell'infinito che ci chiama a compiere passi verso l'evoluzione, verso Casa.
L'Umiltà dovrebbe portare ciascuno a formulare pensieri di comprensione e fratellanza, sentendoci simili ad una particella all'interno di un organismo più grande. È importante, quindi, che l'umiltà venga praticata con costanza e che poggi sull'accettazione di sé, nella gioia che alcuni ci “possano garantire lo sviluppo futuro perché hanno conseguito più” di noi.
Per entrare in contatto con il Sé superiore e vivere la piena accettazione dei propri limiti, occorre che la personalità con i suoi automatismi quotidiani sia messa a tacere in modo tale che l'Anima si possa esprimere e possa portare avanti le prove che deve compiere.
L'Umiltà ci mette in contatto anche con la nostra fragilità, nel senso di tenere tra le mani le nostre parti più piccole e mostrarle senza nasconderle, permettendo agli altri di osservarle e di utilizzarle.
Quando la personalità non è un pieno strumento al servizio dell'Anima, spesso ci si imbatte in pensieri di superiorità, di orgoglio e di arroganza che coprono, in realtà, l'incapacità di tenere la propria fragilità tra le mani, di occuparsene consapevolmente, utilizzandola.
Imparare ad osservare ed ad evolvere significa essere consapevoli del proprio livello evolutivo ed accettarlo con umiltà. Anche nelle scuole elleniche era uso comune che gli allievi novizi non parlassero se non dopo un lungo periodo di silenzio in cui coltivare l'attitudine ad ascoltare.
Questo concetto è espresso splendidamente dal mantram “Sia fatta la Tua volontà e non la mia”: questa frase ricorda l'Insegnamento che il Cristo è venuto a portare a tutti gli uomini affinché comprendessero la Legge di Vibrazione collegata alla Legge di Evoluzione.
Il rimettersi alla volontà di chi ci Guida è connesso all'accettare l'Insegnamento, senza avere la presunzione di sapere, nell'attesa di conoscere, affidandosi.
“ La vera umiltà si basa sul vero, sulla visione e sull'urgenza del tempo ”, quindi, si basa sulla capacità di collegarci all'Assoluto, vedendo chiaramente in noi stessi ed attraverso la Luce dell'Anima, rispondendo consapevolmente al Servizio che viene visto necessario in un dato momento, osservando se stessi nella realtà della manifestazione dei propri limiti e talenti, senza orgoglio spirituale, quanto con Amore.
“Una delle prime lezioni per l'allievo è quel distacco interiore che gli consente di immergersi nella coscienza del suo simile e così conoscere ed accettare il modo migliore di aiutarlo e stimolarlo a rinnovare lo sforzo da sé. Gli occorre anche quella vera umiltà che lo costringe a dare quanto possiede in servizio impersonale, per poi dimenticarlo”
(Il Discepolato nella Nuova Era, 417).
Il dizionario definisce in questo modo l'Umiltà: “sentimento e conseguente comportamento improntato alla consapevolezza dei propri limiti e al distacco da ogni forma di orgoglio e sicurezza eccessivi di sé”.
Un esempio evidente di Umiltà è stato dato dalla vita e dall'Ordine fondato da San Francesco.
Il sogno di San Francesco, da giovane, era quello di diventare cavaliere. Si era procurato il cavallo e tutto il materiale di guerra per seguire un nobile che andava in Puglia. Alla vigilia della partenza, saputo che un nobile di Assisi non poteva partecipare alla spedizione perché gli mancavano i fondi per procurarsi il necessario, Francesco non esitò un istante: si spogliò della sua armatura e la donò al nobile. La notte stessa, in sogno, gli apparve in visione una persona che lo guidò in un palazzo pieno di armi, cavalieri, lance e scudi rilucenti e gli disse che tutte quelle cose appartenevano a lui e ai suoi cavalieri. Francesco interpretò la visione come un messaggio augurale e continuò il viaggio. La notte successiva risentì la voce che gli diceva: “Francesco, chi ti può essere utile di più, il Signore o il Servo?” “Il Signore?” Egli rispose. “Perché dunque lasci il signore per il Servo, il principe per il vassallo?” Francesco allora umilmente disse: “Signore che vuoi che io faccia?”. “Torna alla tua terra e là ti sarà rivelato tutto ciò che dovrai fare”.
La vita di S. Francesco è piena di questi esempi e l'Umiltà è il fondamento dell'Ordine da lui fondato.
Le sue parole risuonano in questo modo: “Miei fratelli! Dio mi ha chiamato a seguire la voce dell'umiltà e mi ha mostrato la via della semplicità. Io non voglio sentire parlare di una regola qualunque… Il Signore mi ha detto che egli voleva che io fossi un pazzo nel mondo; e Dio non ha voluto condurci in nessun altra via che non fosse questa”.
Anche tra le regole stesse dell'Ordine leggiamo: “Che i frati vadano come pellegrini e forestieri in questo mondo servendo il Signore in povertà ed umiltà, a chiedere l'elemosina con confidenza e non debbano averne vergogna”.
L'Umiltà è collocarsi al giusto gradino fra Dio e gli uomini, riconoscere i propri limiti e le proprie potenzialità e, in funzione di questi, mettersi a disposizione completa degli altri lasciandosi attraversare, come canali consapevoli, dall'Amore Divino.
Si può notare un nesso che lega l'Umiltà con la Legge di Evoluzione, i cui principi sono: principio di limitazione e principio di manifestazione periodica e ciclica.
Infatti, spesso essere umili significa avere la consapevolezza di non essere soli comprendendo che nel cammino evolutivo troveremo sempre qualcuno davanti a noi.
“La vita è, ed essendo evolve”.
Ogni forma di vita è sottoposta ad un processo evolutivo, che è composto da due fasi, che sono: l'involuzione e l'evoluzione.
All'inizio della creazione si avviò un processo involutivo durante il quale si realizzò l'organizzazione degli elementi. Ad un certo punto gli elementi furono pronti per aggregarsi in modo più coordinato e nacque il Regno Minerale ed ebbe così inizio la fase evolutiva che proseguì dando vita ai regni: Vegetale, Animale, Umano, delle Anime, ecc.
Ogni Regno manifesta gradi di conoscenza superiore rispetto ai Regni precedenti e inferiore rispetto ai regni successivi.
Tutte le forme esistenti passano attraverso il processo evolutivo, l'Anima stessa segue questa Legge, essa ne rappresenta la forza più interiore e soggettiva.
L'uomo rappresenta il passaggio fra un ciclo che finisce ed un altro che inizia e, nello stesso tempo, rappresenta il punto di mezzo e la chiave di volta di tutto il processo evolutivo.
L'uomo dovrebbe prendere consapevolezza della propria posizione e della sua funzione, riconoscendo la guida dei Regni Superiori nei suoi confronti ed assumendosi la responsabilità di accompagnare ad evolvere i Regni sottostanti, primo tra tutti quello Animale.
Il percorso che ciascuno compie può essere assimilato metaforicamente alla progressione che porta verso le cime più alte delle montagne: chi è avanti, per poter procedere, deve sostenere chi lo segue, e ricevere il sostegno di chi prima di lui ha compiuto gli stessi passi.
La consapevolezza di essere un punto all'interno di un processo molto più ampio consente di ridimensionare il proprio egocentrismo e, allo stesso tempo, permette di chiedere quel sostegno di cui tutti abbiamo bisogno per procedere sul Sentiero.
Entrando in contatto pieno con la nostra Anima sentiamo il suono dell'alto, dell'infinito che ci chiama a compiere passi verso l'evoluzione, verso Casa.
L'Umiltà dovrebbe portare ciascuno a formulare pensieri di comprensione e fratellanza, sentendoci simili ad una particella all'interno di un organismo più grande. È importante, quindi, che l'umiltà venga praticata con costanza e che poggi sull'accettazione di sé, nella gioia che alcuni ci “possano garantire lo sviluppo futuro perché hanno conseguito più” di noi.
Per entrare in contatto con il Sé superiore e vivere la piena accettazione dei propri limiti, occorre che la personalità con i suoi automatismi quotidiani sia messa a tacere in modo tale che l'Anima si possa esprimere e possa portare avanti le prove che deve compiere.
L'Umiltà ci mette in contatto anche con la nostra fragilità, nel senso di tenere tra le mani le nostre parti più piccole e mostrarle senza nasconderle, permettendo agli altri di osservarle e di utilizzarle.
Quando la personalità non è un pieno strumento al servizio dell'Anima, spesso ci si imbatte in pensieri di superiorità, di orgoglio e di arroganza che coprono, in realtà, l'incapacità di tenere la propria fragilità tra le mani, di occuparsene consapevolmente, utilizzandola.
Imparare ad osservare ed ad evolvere significa essere consapevoli del proprio livello evolutivo ed accettarlo con umiltà. Anche nelle scuole elleniche era uso comune che gli allievi novizi non parlassero se non dopo un lungo periodo di silenzio in cui coltivare l'attitudine ad ascoltare.
Questo concetto è espresso splendidamente dal mantram “Sia fatta la Tua volontà e non la mia”: questa frase ricorda l'Insegnamento che il Cristo è venuto a portare a tutti gli uomini affinché comprendessero la Legge di Vibrazione collegata alla Legge di Evoluzione.
Il rimettersi alla volontà di chi ci Guida è connesso all'accettare l'Insegnamento, senza avere la presunzione di sapere, nell'attesa di conoscere, affidandosi.
“ La vera umiltà si basa sul vero, sulla visione e sull'urgenza del tempo ”, quindi, si basa sulla capacità di collegarci all'Assoluto, vedendo chiaramente in noi stessi ed attraverso la Luce dell'Anima, rispondendo consapevolmente al Servizio che viene visto necessario in un dato momento, osservando se stessi nella realtà della manifestazione dei propri limiti e talenti, senza orgoglio spirituale, quanto con Amore.
“Una delle prime lezioni per l'allievo è quel distacco interiore che gli consente di immergersi nella coscienza del suo simile e così conoscere ed accettare il modo migliore di aiutarlo e stimolarlo a rinnovare lo sforzo da sé. Gli occorre anche quella vera umiltà che lo costringe a dare quanto possiede in servizio impersonale, per poi dimenticarlo”
(Il Discepolato nella Nuova Era, 417).
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