Più veloci della luce? Ora si può
PIERO BIANUCCI
Possono esistere fenomeni «almeno» centomila volte più veloci della luce.
Lo dice un esperimento realizzato all’Università di Ginevra dal gruppo
del fisico Nicolas Gisin. L’annuncio è sull’ultimo numero di Nature.
Se riuscissimo aviaggiare con questa velocità arriveremmo in un centesimo
di secondo suMarte, basterebbero 23 minuti per raggiungere Alpha Centauri
(la stella più vicina), in un anno potremmo attraversare la Via Lattea e in 22
approdare alla galassia di Andromeda.
Per adesso ciò che ha viaggiato «almeno» centomila volte più veloce della luce
è soltanto una proprietà di un fotone, cioè di una particella luminosa. Un
teletrasporto, sì, ma - come dire? - molto leggero. Dal punto di vista
concettuale però è una rivoluzione. L’esperimento dimostra che il
«muro» della luce, dogma della relatività di Einstein, non esiste nello
strano mondo della meccanica dei quanti.
Naturalmente il professor Gisin - 56 anni, bravo giocatore di hockey -
non pensa ad astronavi tipo Star Trek. A lui interessano i principi fisici
fondamentali che l’esperimento indaga. Ma anche applicazioni
commerciali non troppo futuribili: utilizzando i risultati di queste
ricerche si potrebbe criptare in modo impenetrabile la trasmissione di
informazioni. Una faccenda molto pratica, che riguarda anche l’uso
della nostra carta di credito. E addio intercettazioni sui cellulari. A
concepire l’esperimento è stato Daniel Salart, un dottorando allievo
del professor Gisin. Fotoni gemelli, cioè prodotti insieme e con
identiche proprietà quantistiche, sono stati spediti tra Satigny e
Jussy, due piccoli paesi del Cantone di Ginevra, lungo una fibra ottica
lunga 18 chilometri.
Esperimenti di vari gruppi di ricercatori
provano che anche dopo averli separati due fotoni gemelli rimangono
«correlati»: se varia una proprietà quantistica del primo, la stessa
cosa accade al secondo, per quanto sia lontano. Non ci sono violazioni
del principio di causa-effetto, perché per verificare l’evento è
comunque necessario ricorrere a mezzi di comunicazione convenzionali
rispettando il limite della velocità della luce. Ma il cambiamento
della proprietà quantistica risulta in apparenza istantaneo. Einstein,
negando la realtà del fenomeno, parlava di «azione fantasma». Eppure la
correlazione è reale: lo hanno dimostrato già una ventina di anni fa le
ricerche di Alain Aspect (Università di Parigi), Francesco De Martini
(Università di Roma) e Anton Zeilinger (Università di Innsbruck).
Ma l’adeguarsi di un fotone alla proprietà quantistica del suo gemello è
davvero istantaneo? Questa è la domanda alla quale ha cercato di
rispondere l’esperimento di Ginevra. «Sull’esistenza delle correlazioni
quantistiche - dice Gisin - non esistono più dubbi. La loro natura però
rimane misteriosa. Una ipotesi per spiegare la correlazione è che una
specie di “bacchetta” invisibile e infinitamente rigida trasmetta la
proprietà quantistica da un oggetto all’altro. L’ipotesi da noi messa
alla prova è che la velocità, benché grandissima, sia in effetti
limitata. In questo caso, se gli eventi fossero sufficientemente
distanti e ben sincronizzati, la “bacchetta” non avrebbe il tempo di
agire e le correlazioni quantistiche dovrebbero scomparire». E’ la
verifica compiuta dallo studente di Gisin rilevando le correlazioni tra
fotoni sulla rete di fibra ottica tra Satigny e Jussy per 24 ore di
seguito, cioè per una intera rotazione
terrestre, in modo da escludere disturbi del sistema di riferimento.
Quando a Satigny un fotone cambiava stato, la stessa cosa accadeva al
fotone arrivato a Jussy, come se i due fotoni avessero potuto mettersi
d’accordo comunicando a velocità infinita.
Al termine dell’analisi dei loro dati, i ricercatori sono arrivati alla
conclusione che l’«azione fantasma», ammesso che non sia istantanea, è
in ogni caso almeno 100 mila volte più veloce della luce. Per la prima
volta si riesce a stabilire questo limite con una misura certa.
Compiendo un passo ulteriore, gli autori dell’articolo su Nature
sostengono che non esiste alcuna «azione fantasma»: le correlazioni
quantistiche possono manifestarsi contemporaneamente in più luoghi,
come se emergessero dall’esterno dello spazio-tempo in cui viviamo.
Davvero, è il caso di dirlo, cose dell’altro mondo.
PIERO BIANUCCI
Possono esistere fenomeni «almeno» centomila volte più veloci della luce.
Lo dice un esperimento realizzato all’Università di Ginevra dal gruppo
del fisico Nicolas Gisin. L’annuncio è sull’ultimo numero di Nature.
Se riuscissimo aviaggiare con questa velocità arriveremmo in un centesimo
di secondo suMarte, basterebbero 23 minuti per raggiungere Alpha Centauri
(la stella più vicina), in un anno potremmo attraversare la Via Lattea e in 22
approdare alla galassia di Andromeda.
Per adesso ciò che ha viaggiato «almeno» centomila volte più veloce della luce
è soltanto una proprietà di un fotone, cioè di una particella luminosa. Un
teletrasporto, sì, ma - come dire? - molto leggero. Dal punto di vista
concettuale però è una rivoluzione. L’esperimento dimostra che il
«muro» della luce, dogma della relatività di Einstein, non esiste nello
strano mondo della meccanica dei quanti.
Naturalmente il professor Gisin - 56 anni, bravo giocatore di hockey -
non pensa ad astronavi tipo Star Trek. A lui interessano i principi fisici
fondamentali che l’esperimento indaga. Ma anche applicazioni
commerciali non troppo futuribili: utilizzando i risultati di queste
ricerche si potrebbe criptare in modo impenetrabile la trasmissione di
informazioni. Una faccenda molto pratica, che riguarda anche l’uso
della nostra carta di credito. E addio intercettazioni sui cellulari. A
concepire l’esperimento è stato Daniel Salart, un dottorando allievo
del professor Gisin. Fotoni gemelli, cioè prodotti insieme e con
identiche proprietà quantistiche, sono stati spediti tra Satigny e
Jussy, due piccoli paesi del Cantone di Ginevra, lungo una fibra ottica
lunga 18 chilometri.
Esperimenti di vari gruppi di ricercatori
provano che anche dopo averli separati due fotoni gemelli rimangono
«correlati»: se varia una proprietà quantistica del primo, la stessa
cosa accade al secondo, per quanto sia lontano. Non ci sono violazioni
del principio di causa-effetto, perché per verificare l’evento è
comunque necessario ricorrere a mezzi di comunicazione convenzionali
rispettando il limite della velocità della luce. Ma il cambiamento
della proprietà quantistica risulta in apparenza istantaneo. Einstein,
negando la realtà del fenomeno, parlava di «azione fantasma». Eppure la
correlazione è reale: lo hanno dimostrato già una ventina di anni fa le
ricerche di Alain Aspect (Università di Parigi), Francesco De Martini
(Università di Roma) e Anton Zeilinger (Università di Innsbruck).
Ma l’adeguarsi di un fotone alla proprietà quantistica del suo gemello è
davvero istantaneo? Questa è la domanda alla quale ha cercato di
rispondere l’esperimento di Ginevra. «Sull’esistenza delle correlazioni
quantistiche - dice Gisin - non esistono più dubbi. La loro natura però
rimane misteriosa. Una ipotesi per spiegare la correlazione è che una
specie di “bacchetta” invisibile e infinitamente rigida trasmetta la
proprietà quantistica da un oggetto all’altro. L’ipotesi da noi messa
alla prova è che la velocità, benché grandissima, sia in effetti
limitata. In questo caso, se gli eventi fossero sufficientemente
distanti e ben sincronizzati, la “bacchetta” non avrebbe il tempo di
agire e le correlazioni quantistiche dovrebbero scomparire». E’ la
verifica compiuta dallo studente di Gisin rilevando le correlazioni tra
fotoni sulla rete di fibra ottica tra Satigny e Jussy per 24 ore di
seguito, cioè per una intera rotazione
terrestre, in modo da escludere disturbi del sistema di riferimento.
Quando a Satigny un fotone cambiava stato, la stessa cosa accadeva al
fotone arrivato a Jussy, come se i due fotoni avessero potuto mettersi
d’accordo comunicando a velocità infinita.
Al termine dell’analisi dei loro dati, i ricercatori sono arrivati alla
conclusione che l’«azione fantasma», ammesso che non sia istantanea, è
in ogni caso almeno 100 mila volte più veloce della luce. Per la prima
volta si riesce a stabilire questo limite con una misura certa.
Compiendo un passo ulteriore, gli autori dell’articolo su Nature
sostengono che non esiste alcuna «azione fantasma»: le correlazioni
quantistiche possono manifestarsi contemporaneamente in più luoghi,
come se emergessero dall’esterno dello spazio-tempo in cui viviamo.
Davvero, è il caso di dirlo, cose dell’altro mondo.
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