Data di pubblicazione: 18.09.2008
Autore: Shiva, Vandana
I biocarburanti sono cibo sottratto ai poveri e non risolvono il problema ambientale.
Da il manifesto, 18 settembre 2008 (m.p.g.)
Dal 3 al 14 dicembre 2007, Bali ha ospitato oltre
10.000 rappresentanti di governo e della società civile per una conferenza della
Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, un trattato
ambientale internazionale nel cui ambito è stato negoziato il Protocollo di
Kyoto. Il protocollo scade nel 2012 e Bali aveva il compito di dare avvio alle
trattative per lo scenario post-Kyoto. Nel 2008 nessuno può ormai negare che sia
in atto un cambiamento climatico causato dall'uomo. Tuttavia, l'impegno a
mitigarne gli effetti e ad aiutare le aree vulnerabili ad adattarvisi non
corrisponde alla consapevolezza del disastro. La mitigazione dei cambiamenti
climatici richiede sostanziali cambiamenti nei modelli di produzione e di
consumo. La globalizzazione ha spinto la produzione e il consumo mondiali ad
incrementare le emissioni di anidride carbonica. Le regole per la
liberalizzazione commerciale della Omc, l'Organizzazione mondiale del commercio,
sono in realtà leggi che costringono i paesi a seguire la via delle alte
emissioni. In modo analogo, la Banca Mondiale, che concede prestiti per la
costruzione di superstrade ad alta circolazione e di centrali termiche, per
l'industrializzazione dell'agricoltura e per la realizzazione di sistemi di
distribuzione organizzata, forza i paesi a emettere maggiori quantitativi di gas
a effetto serra. Poi ci sono le società colossi, come la Cargill e la Walmart,
principali responsabili della distruzione di economie locali e sostenibili, che
spingono le società, una dopo l'altra, alla dipendenza da un'economia globale
ecologicamente distruttiva. La Cargill, che svolge un ruolo importante nella
diffusione di coltivazioni di soia in Amazzonia e di piantagioni di palma da
olio nelle foreste pluviali dell'Indonesia, incrementa le emissioni sia
incendiando le foreste che distruggendo gli enormi bacini carboniferi presenti
nelle foreste pluviali e nelle torbiere. Il modello del commercio centralizzato
a lunga distanza di Walmart è una ricetta per aumentare il carico di anidride
carbonica dell'atmosfera. Il primo passo verso la mitigazione richiede che si
fissi l'attenzione sulle azioni reali degli attori reali. Le azioni reali sono
azioni come l'abbandono dell'agricoltura ecologica e dei sistemi alimentari
locali. Fra gli attori reali ci sono l'agribusiness globale, la Omc e la Banca
Mondiale. Le azioni reali comportano la distruzione di economie rurali a bassa
emissione in favore di un'espansione urbana incontrollata, ideata e progettata
da imprenditori e società edili. Le azioni reali comportano la distruzione di
sistemi di trasporto sostenibili basati sull'energia rinnovabile e del trasporto
pubblico a favore degli autoveicoli privati. Gli attori reali coinvolti in
questa transizione verso la non-sostenibilità nella mobilità sono le compagnie
petrolifere e le società automobilistiche. Kyoto ha evitato di trattare la
questione difficile e significativa dell'interruzione di quelle attività che
sono causa di elevate emissioni, ha eluso anche la sfida politica alla
regolamentazione degli inquinatori e all'imposizione di sanzioni nei loro
confronti, in conformità ai principi adottati dal Summit della Terra di Rio. Ciò
che ha fatto, invece, è stato mettere in atto un meccanismo di commercio di
emissioni che, in realtà, ricompensa gli inquinatori, assegnando loro diritti
sull'atmosfera e permettendo che questi diritti all'inquinamento diventassero
oggetto di contrattazione. Oggi, il mercato delle emissioni è arrivato a 30
miliardi di dollari, ma ci si aspetta che raggiunga il trilione. Le emissioni di
anidride carbonica continuano ad aumentare, mentre crescono anche i profitti da
«aria fritta». La chiamo «aria fritta» in senso letterale, in quanto aria calda
che porta al riscaldamento globale, e in senso metaforico, perché è aria fritta
che si basa su un'economia finanziaria fittizia che ha sopraffatto, in
dimensioni e nella nostra percezione, la vera economia. Un'economia d'azzardo ha
permesso alle società e ai loro proprietari di moltiplicare il patrimonio senza
limite e senza alcuna relazione con il mondo reale. Eppure, questi patrimoni
sempre insaziabili cercano di prendere possesso delle risorse reali delle
persone - la terra e le foreste, le aziende agricole e il cibo - per trasformale
in denaro contante. Senza tornare al mondo reale non si possono trovare le
soluzioni che aiuteranno a mitigare il cambiamento climatico. Un altro falso
rimedio al cambiamento climatico è la promozione di biocarburanti a base di
mais, soia, olio di palma e jatropa. I biocarburanti, combustibili ottenuti
dalle biomasse, continuano ad essere la principale fonte energetica per le
popolazioni povere del mondo. L'azienda agricola ecologica e biodiversa, ossia
biologicamente varia, non è solo una fonte di cibo, è anche fonte di energia.
L'energia per cucinare deriva dalle biomasse non commestibili, come sterco
bovino essiccato, steli di miglio e gambi di leguminose, da specie agroforestali
presenti sui terreni boschivi di proprietà dei villaggi. Gestite in modo
sostenibile, le comunanze dei villaggi sono da secoli fonte di energia
decentralizzata. I biocarburanti industriali non sono i combustibili dei poveri,
ma sono il cibo dei poveri trasformato in calore, elettricità e trasporti. I
biocarburanti liquidi, soprattutto l'etanolo e il biodiesel, sono uno dei
settori di produzione in maggiore crescita, stimolato dalla ricerca di risorse
alternative ai carburanti fossili, da un lato, per evitare la catastrofica
impennata di prezzo del petrolio, e dall'altro, per ridurre le sostanze ricche
di amido, come mais, orzo e grano. L'etanolo viene mescolato con il petrolio. Il
biodiesel si produce solo con sostanze vegetali, come l'olio di palma, l'olio di
soia e l'olio di semi di colza. Il biodiesel viene mescolato al diesel. (...) Il
settore dei biocarburanti è cresciuto rapidamente in tutto il mondo. Gli Stati
Uniti e il Brasile hanno creato industrie per la produzione di etanolo e anche
l'Unione Europea si sta mettendo di fretta al passo per esplorare il mercato
potenziale. I governi di tutto il mondo incoraggiano la produzione di
biocarburante con politiche a sostegno. Gli Stati uniti stanno spingendo le
altre nazioni del terzo mondo ad introdurre la produzione di biocarburante in
modo da soddisfare i propri fabbisogni energetici, anche se questo significa
svaligiare le risorse altrui. È inevitabile che questa massiccia crescita della
domanda di cereali si risolverà a scapito della soddisfazione dei bisogni umani,
con i poveri incapaci di competere economicamente e tagliati fuori dal mercato
alimentare. Nel febbraio dello scorso anno il Movimento dei Senza Terra
brasiliano ha rilasciato una dichiarazione in cui nota che «l'espansione della
produzione di biocarburanti aggrava la fame nel mondo. Non possiamo mantenere i
serbatoi pieni mentre gli stomaci si vuotano». La deviazione delle risorse
alimentari a risorse per produzione di carburante ha già innalzato il prezzo di
granturco e soia. In Messico si sono verificate rivolte per l'aumento di prezzo
delle tortillas. E questo non è che l'inizio. Immaginate quanta terra è
necessaria per produrre il 25% del combustibile utilizzando le risorse
alimentari. Una tonnellata di granturco produce 413 litri di etanolo. 35 milioni
di galloni di etanolo richiedono 320 milioni di tonnellate di granturco. Nel
2005 gli Stati uniti hanno prodotto 280,2 milioni di tonnellate di granturco.
Con la stipula del Nafta, gli Stati Uniti hanno distrutto tutte le piccole
aziende agricole messicane, rendendo il Messico dipendente dal granturco Usa. È
stato proprio questo il motivo alla base della rivolta zapatista. Oggi nel
paese, in seguito alla conversione del granturco in biocarburante, il prezzo del
granturco ha subito un forte rialzo. I biocarburanti industriali vengono
promossi come fonte di energia rinnovabile e mezzo per ridurre le emissioni di
gas a effetto serra. Tuttavia, ci sono due inoppugnabili ragioni ecologiche che
spiegano perché la conversione di colture come soia, granoturco e palma da olio
in carburanti liquidi possa aggravare il caos climatico e il carico di CO2. In
primo luogo, la deforestazione causata dall'espansione delle piantagioni di soia
e di palme da olio sta portando a un aumento di emissioni di CO2. Secondo le
stime della Fao, ogni anno vengono rilasciati nell'atmosfera 1,6 miliardi di
tonnellate di gas a effetto serra provenienti dai disboscamenti, tra il 25 e il
30% dei gas totali. Entro il 2022 le piantagioni per la produzione di
biocarburante potrebbero avere distrutto il 98% delle foreste pluviali
indonesiane. (...) In secondo luogo, la conversione di biomassa in carburante
liquido comporta l'impiego di quantitativi di carburante fossile maggiori
rispetto a quello che sostituisce.La produzione di un gallone di etanolo
richiede 28.000 Kcal. Un gallone di etanolo fornisce 19.400 kcal di energia. Un
rendimento energetico pari al 43%. Gli Stati Uniti si serviranno del 20% del
proprio granturco per produrre 5 miliardi di galloni di etanolo, che
sostituiranno l'1% dell'uso di combustibile. Se si dovesse impiegare il 100% del
granturco, si sostituirebbe solo il 7% del petrolio totale. Non è certo una
soluzione questa, non per controbattere i prezzi record del petrolio, e né per
mitigare il caos climatico. (David Pimentel alla conferenza IFG sulla "Triplice
crisi", Londra, febbraio 23-25, 2007) Ed è fonte di altre crisi. Per produrre un
gallone di etanolo vengono usati 1700 galloni di acqua. Il granturco necessita
di più azoto fertilizzante, insetticidi ed erbicidi di qualsiasi altra
coltivazione. Questi falsi rimedi finiranno per accrescere la crisi climatica,
aggravando e acuendo al contempo la diseguaglianza, la fame e la povertà.
Esistono, tuttavia, soluzioni reali che possono mitigare il cambiamento
atmosferico ed anche influire sulla riduzione della fame e della povertà.
Secondo il Rapporto Stern, l'agricoltura è responsabile del 14% delle emissioni,
lo sfruttamento del terreno (con riferimento soprattutto alla deforestazione) lo
è del 18% e il trasporto del 14%. All'interno di questo computo rientra il
crescente fenomeno del trasporto di derrate fresche, che potrebbero essere
coltivate in loco. L'agricoltura che fa uso della chimica industriale, nota
anche come Rivoluzione Verde (Green Revolution) quando venne introdotta nei
paesi del Terzo Mondo, è la fonte principale dei tre gas a effetto serra:
anidride carbonica, ossido di azoto e metano. L'anidride carbonica viene emessa
quando si utilizzano carburanti fossili per i macchinari e per il pompaggio
dell'acqua dai pozzi, per la produzione di fertilizzanti chimici e pesticidi. I
fertilizzanti chimici emettono azoto ossigeno che, come gas serra, è 300 volte
più letale dell'anidride carbonica. Infine, l'allevamento di animali a granaglie
è la fonde principale di metano. Gli studi indicano che un passaggio da una
dieta a base di granaglia a una dieta biologica a base erbacea potrebbe ridurre
fino al 50% l'emissione di metano attribuibile al bestiame. Non tutti i sistemi
agricoli contribuiscono, tuttavia, alle emissioni di gas serra. L'agricoltura
ecologica e biologica diminuisce le emissioni sia riducendo la dipendenza da
combustibili fossili, da fertilizzanti chimici e da alimentazione intensiva, sia
assorbendo un maggiore quantitativo di carbonio nel terreno. I nostri studi
dimostrano un aumento di sequestro di carbonio fino al 200% nei sistemi
biologici biodiversi. Quando «ecologico e biologico» si combinano a «diretto e
locale», le emissioni vengono ulteriormente ridotte, grazie alla riduzione del
consumo energetico per il trasporto del cibo, l'imballaggio e la refrigerazione.
Il sistema alimentare locale ridurrà la necessità di incrementare l'agricoltura
nelle foreste pluviali di Brasile e Indonesia. Con una transizione tempestiva,
potremmo ridurre le emissioni, aumentare la garanzia e la qualità del cibo e
migliorare la resistenza delle comunità rurali nell'impatto col cambiamento
climatico. Optare per una transizione dal sistema alimentare industriale
globalizzato, imposto da Omc, Banca Mondiale e Agribusiness globale, a sistemi
alimentari ecologici e locali, rappresenta una strategia di mitigazione e di
adattamento al cambiamento climatico. Protegge i poveri e protegge il pianeta.
Lo scenario post-Kyoto deve necessariamente includere l'agricoltura ecologica
come soluzione climatica.
Traduzione di Laura Pagliara
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