L'influenza storica di Paolo nell'elaborazione della teologia cristiana è
stata enorme: mentre i vangeli si limitano prevalentemente a narrare
parole e opere di Gesù, sono le lettere paoline che definiscono i fondamenti
dottrinali del valore salvifico della sua incarnazione, passione, morte e
risurrezione – ripresi dai più eminenti pensatori cristiani dei successivi due millenni.
Per questo alcuni studiosi contemporanei lo hanno identificato come il vero
fondatore del Cristianesimo.
http://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_di_Tarso
Come molti ebrei dell'epoca aveva due nomi,
uno ebraico e l'altro latino o greco: l'ebraico era Saul, come il
primo re d'Israele, che significava «implorato a Dio» e veniva dato
originariamente a un figlio molto atteso e richiesto al Signore; il latino era
Paulus, che probabilmente alludeva al suo aspetto perché era il
diminutivo dell'aggettivo paucus e si riferiva a chi era piccolo di statura.
Paulus divenne poi il suo unico nome con l'inizio della predicazione in Occidente.
A Tarso imparò il greco nella forma denominata koinéo comune, che si
era affermata in tutto il mondo ellenistico dopo Alessandio Magno.
Se, come è probabile, non solo conosceva la lingua ma aveva anche
una discreta conoscenza della cultura ellenistica, la sua
educazione era fondamentalmente giudaica: il suo modo di ragionare e la sua
esegesi biblica recano l'impronta della scuola rabbinica. Per completare la sua
formazione si trasferì a Gerusalemme dove aderì all'indirizzo più rigoroso del
giudaismo, il fariseismo, come egli stesso scrisse nella Lettera ai Filippesi:
«Circonciso all'ottavo giorno, della stirpe di Israele, della tribù di
Beniamino, ebreo figlio di ebrei, secondo la legge fariseo, per zelo
persecutore della Chiesa, secondo la giustizia che nella legge è
irreprensibile». Grazie a questa duplice educazione Paolo era in condizione di
predicare il Vangelo a uomini di diverse culture. A Gerusalemme imparò ed
esercitò anche il mestiere di tessitore di tende. Dove fosse durante la
predicazione pubblica di Gesù non lo sappiamo; ma non doveva trovarsi a
Gerusalemme, altrimenti avrebbe ricordato nelle sue lettere il Cristo. Vi tornò
certamente dopo la Passione perché negli Atti degli Apostoli si narra il celebre
episodio della lapidazione di Stefano dove Paolo, pur non partecipando
direttamente al martirio, «era tra coloro che approvarono la sua
uccisione», tant'è vero che custodiva i mantelli dei persecutori (7, 58).
Luca racconta negli Atti che successivamente «Saul infieriva contro la
Chiesa ed entrando nelle case prendeva uomini e donne e li faceva mettere in
prigione» (8, 3). D'altronde lo stesso Paolo scrisse nella Lettera ai Qalati:
(«Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel
giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi
superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali,
accanito nel sostenere le tradizioni dei padri» (1, 13-14). Un giorno,
mentre si recava da Gerusalemme a Damasco con lettere commendatizie delle
autorità religiose dell'ebraismo per fomentare nella città siriana la
persecuzione contro i cristiani, «all'improvviso l'avvolse una luce dal cielo»
narrano gli Atti «e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: «Saul, Saul,
perché mi perseguiti?". Rispose: «Chi sei, o Signore?". E la voce: «Io sono Gesù
che tu perseguiti. Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che
devi fare"» . Saul si alzò brancolando perché era diventato cieco.
Dopo essere stato accusato da alcuni di essere un ciarlatano (letteralmente, una cornacchia),
un seminatore di parole, e da altri un predicatore di divinità straniere, da notare
che gli uditori di Paolo credevano che egli fosse portatore di due divinità,
Gesù e la dea Anastasis=risurrezione, l'apostolo Paolo è condotto nell'Aeròpago
(da Areios pagos = collina di Ares, cioè di Marte) per consentirgli di spiegare
in modo più approfondito il soggetto della sua predicazione. Ed è qui
che Paolo intrattiene i suoi ascoltatori su quel "Dio sconosciuto o ignoto" al
quale essi avevano eretto un altare.....
Si tratta evidentemente di un pretesto, di un
punto d'aggancio da cui far partire il suo discorso sul Dio unico e vero, una
retorica captatio benevolentiae all'interno del comportamento di Paolo di
farsi giudeo con i giudei e greco con i greci per guadagnare tutti a Cristo
(1Cor. 9,20-23).
l’Areopago non era una specie di accademia, dove gli
ingegni più illustri s’incontravano per la discussione sulle cose sublimi, ma un
tribunale che aveva la competenza in materia di religione e doveva opporsi
all’importazione di religioni straniere. È proprio questa l’accusa contro Paolo:
"Sembra essere un annunziatore di divinità straniere" (At 17, 18). A ciò Paolo
replica: "Ho trovato presso di voi un'ara con l'iscrizione: Al Dio ignoto.
Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio" (cfr 17,
23).
L'antica testimonianza racconta. Alzatosi in mezzo all'Areòpago, Paolo
disse: "Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dèi.
Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche
un'ara con l'iscrizione al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere,
io ve l'annunzio" (Atti 17, 22-23). Il discorso di Paolo, filosoficamente
istruito, conclude con l'annuncio di "un giorno nel quale Dio dovrà giudicare la
terra per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti la prova
sicura col risuscitarlo dai morti" (Atti 17, 31). E' anche questo, in forma di
essenziale folgorazione, annuncio dell'evangelo inaudito di Dio: proprio in Gesù
si rivela il Signore della creazione e il fondamento del suo riscatto. Si
ironizza talora - benevolmente - su questo testo, alludendo alla reazione di
alcuni che, sentendo parlare di risurrezione di morti, ridevano dicendo "Ti
sentiremo un'altra volta". Così Paolo uscì da quella
riunione. Ma alcuni aderirono a lui e divennero credenti, fra questi anche
Dionìgi membro dell'Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro.
Il discorso di Paolo,l'abilità dell'intreccio sapiente del linguaggio,
orchestra insieme la religiosità degli interlocutori, la filosofia dei classici
e il nocciolo incandescente dell'assoluto cristiano di Dio. Interessante poi
che egli non condanni il politeismo, ma inserisca in esso il suo messaggio, con
l'ambiguità che caratterizza tutto il suo operato...interessante quindi vedere
come dopo aver accettato il "politeismo", si confonda un Dio sconosciuto,
senz' altro un Dio minore (se ad esso era stata dedicata una lapide di fianco ad
una strada e non un tempio come il Partenone), un Dio che non ha voluto
rivelarsi, con il Dio sconosciuto, il Dio "infallibile".
stata enorme: mentre i vangeli si limitano prevalentemente a narrare
parole e opere di Gesù, sono le lettere paoline che definiscono i fondamenti
dottrinali del valore salvifico della sua incarnazione, passione, morte e
risurrezione – ripresi dai più eminenti pensatori cristiani dei successivi due millenni.
Per questo alcuni studiosi contemporanei lo hanno identificato come il vero
fondatore del Cristianesimo.
http://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_di_Tarso
Come molti ebrei dell'epoca aveva due nomi,
uno ebraico e l'altro latino o greco: l'ebraico era Saul, come il
primo re d'Israele, che significava «implorato a Dio» e veniva dato
originariamente a un figlio molto atteso e richiesto al Signore; il latino era
Paulus, che probabilmente alludeva al suo aspetto perché era il
diminutivo dell'aggettivo paucus e si riferiva a chi era piccolo di statura.
Paulus divenne poi il suo unico nome con l'inizio della predicazione in Occidente.
A Tarso imparò il greco nella forma denominata koinéo comune, che si
era affermata in tutto il mondo ellenistico dopo Alessandio Magno.
Se, come è probabile, non solo conosceva la lingua ma aveva anche
una discreta conoscenza della cultura ellenistica, la sua
educazione era fondamentalmente giudaica: il suo modo di ragionare e la sua
esegesi biblica recano l'impronta della scuola rabbinica. Per completare la sua
formazione si trasferì a Gerusalemme dove aderì all'indirizzo più rigoroso del
giudaismo, il fariseismo, come egli stesso scrisse nella Lettera ai Filippesi:
«Circonciso all'ottavo giorno, della stirpe di Israele, della tribù di
Beniamino, ebreo figlio di ebrei, secondo la legge fariseo, per zelo
persecutore della Chiesa, secondo la giustizia che nella legge è
irreprensibile». Grazie a questa duplice educazione Paolo era in condizione di
predicare il Vangelo a uomini di diverse culture. A Gerusalemme imparò ed
esercitò anche il mestiere di tessitore di tende. Dove fosse durante la
predicazione pubblica di Gesù non lo sappiamo; ma non doveva trovarsi a
Gerusalemme, altrimenti avrebbe ricordato nelle sue lettere il Cristo. Vi tornò
certamente dopo la Passione perché negli Atti degli Apostoli si narra il celebre
episodio della lapidazione di Stefano dove Paolo, pur non partecipando
direttamente al martirio, «era tra coloro che approvarono la sua
uccisione», tant'è vero che custodiva i mantelli dei persecutori (7, 58).
Luca racconta negli Atti che successivamente «Saul infieriva contro la
Chiesa ed entrando nelle case prendeva uomini e donne e li faceva mettere in
prigione» (8, 3). D'altronde lo stesso Paolo scrisse nella Lettera ai Qalati:
(«Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel
giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi
superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali,
accanito nel sostenere le tradizioni dei padri» (1, 13-14). Un giorno,
mentre si recava da Gerusalemme a Damasco con lettere commendatizie delle
autorità religiose dell'ebraismo per fomentare nella città siriana la
persecuzione contro i cristiani, «all'improvviso l'avvolse una luce dal cielo»
narrano gli Atti «e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: «Saul, Saul,
perché mi perseguiti?". Rispose: «Chi sei, o Signore?". E la voce: «Io sono Gesù
che tu perseguiti. Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che
devi fare"» . Saul si alzò brancolando perché era diventato cieco.
Dopo essere stato accusato da alcuni di essere un ciarlatano (letteralmente, una cornacchia),
un seminatore di parole, e da altri un predicatore di divinità straniere, da notare
che gli uditori di Paolo credevano che egli fosse portatore di due divinità,
Gesù e la dea Anastasis=risurrezione, l'apostolo Paolo è condotto nell'Aeròpago
(da Areios pagos = collina di Ares, cioè di Marte) per consentirgli di spiegare
in modo più approfondito il soggetto della sua predicazione. Ed è qui
che Paolo intrattiene i suoi ascoltatori su quel "Dio sconosciuto o ignoto" al
quale essi avevano eretto un altare.....
Si tratta evidentemente di un pretesto, di un
punto d'aggancio da cui far partire il suo discorso sul Dio unico e vero, una
retorica captatio benevolentiae all'interno del comportamento di Paolo di
farsi giudeo con i giudei e greco con i greci per guadagnare tutti a Cristo
(1Cor. 9,20-23).
l’Areopago non era una specie di accademia, dove gli
ingegni più illustri s’incontravano per la discussione sulle cose sublimi, ma un
tribunale che aveva la competenza in materia di religione e doveva opporsi
all’importazione di religioni straniere. È proprio questa l’accusa contro Paolo:
"Sembra essere un annunziatore di divinità straniere" (At 17, 18). A ciò Paolo
replica: "Ho trovato presso di voi un'ara con l'iscrizione: Al Dio ignoto.
Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio" (cfr 17,
23).
L'antica testimonianza racconta. Alzatosi in mezzo all'Areòpago, Paolo
disse: "Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dèi.
Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche
un'ara con l'iscrizione al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere,
io ve l'annunzio" (Atti 17, 22-23). Il discorso di Paolo, filosoficamente
istruito, conclude con l'annuncio di "un giorno nel quale Dio dovrà giudicare la
terra per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti la prova
sicura col risuscitarlo dai morti" (Atti 17, 31). E' anche questo, in forma di
essenziale folgorazione, annuncio dell'evangelo inaudito di Dio: proprio in Gesù
si rivela il Signore della creazione e il fondamento del suo riscatto. Si
ironizza talora - benevolmente - su questo testo, alludendo alla reazione di
alcuni che, sentendo parlare di risurrezione di morti, ridevano dicendo "Ti
sentiremo un'altra volta". Così Paolo uscì da quella
riunione. Ma alcuni aderirono a lui e divennero credenti, fra questi anche
Dionìgi membro dell'Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro.
Il discorso di Paolo,l'abilità dell'intreccio sapiente del linguaggio,
orchestra insieme la religiosità degli interlocutori, la filosofia dei classici
e il nocciolo incandescente dell'assoluto cristiano di Dio. Interessante poi
che egli non condanni il politeismo, ma inserisca in esso il suo messaggio, con
l'ambiguità che caratterizza tutto il suo operato...interessante quindi vedere
come dopo aver accettato il "politeismo", si confonda un Dio sconosciuto,
senz' altro un Dio minore (se ad esso era stata dedicata una lapide di fianco ad
una strada e non un tempio come il Partenone), un Dio che non ha voluto
rivelarsi, con il Dio sconosciuto, il Dio "infallibile".
Mer 16 Feb 2011, 16:23 Da Neo
» WORKSHOP CON IL BREATHARIANO JERICHO SUNFIRE A MILANO IL 27 MARZO, L'ATLETA CHE PUÒ VIVERE SENZA CIBO E ACQUA INDEFINITAMENTE
Dom 06 Feb 2011, 13:11 Da Neo
» La finestra sul mondo
Lun 01 Mar 2010, 13:49 Da Giulilly
» DIRITTO E LEGGE
Mer 20 Gen 2010, 18:00 Da Neo
» pensieri di un' anima semplice
Sab 07 Nov 2009, 14:25 Da Michele Corso
» Pensieri di un'anima semplice
Ven 06 Nov 2009, 21:27 Da Lucia
» Nuovo blog sull'alimentazione istintiva
Gio 08 Ott 2009, 14:19 Da deadcassandra
» L'olio di Canola.
Mar 09 Giu 2009, 10:16 Da pinodd
» LE STORIE CHE NON RIUSCITE ANCORA A VEDERE (3)
Dom 07 Giu 2009, 23:16 Da pinodd