Saperi negati

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Saperi negati

Raccolta di Saperi e Pensieri negati (ai più) dall'inconsapevolezza (altrui e propria) e da altre Cause.

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    Premio Nobel per l’ipocrisia alla commissione dei Nobel

    nelda
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    Premio Nobel per l’ipocrisia alla commissione dei Nobel Empty Premio Nobel per l’ipocrisia alla commissione dei Nobel

    Messaggio Da nelda Ven 17 Ott 2008, 02:27

    Premio Nobel per l’ipocrisia alla commissione dei Nobel
    di Lorenzo Salimbeni - 16/10/2008


    Se già prima potevano esserci dei sospetti, ormai ci troviamo davanti a
    una certezza: il Premio Nobel per al Pace rientra a buon diritto negli
    strumenti del cosiddetto soft power a disposizione delle elite
    atlantiste, le quali attraverso l’assegnazione di questo premio
    buonista intendono portare alla ribalta i fedeli esecutori delle loro
    strategie antinazionali. Martti Ahtisaari, paladino dell’indipendenza
    del Kosovo ed ennesimo affossatore della dignità del popolo serbo, è
    l’ultimo beneficiario di questo ricco premio: l’ex presidente
    finlandese ha lavorato come mediatore anche in altri scenari, cogliendo
    pure significative soluzioni a crisi locali (ad esempio l’indipendenza
    della Namibia dal Sudafrica), ma il suo nome resta indissolubilmente
    legato alla fallita mediazione fra Belgrado e Pristina. Il generale
    russo Ivashov non ha dubbi: "Ha aiutato i bombardamenti della Nato
    in Serbia e ha ottenuto il Nobel con un fine politico:
    sostenere gli interessi degli Usa e della Nato" ha affermato
    il direttore dell’Accademia di problemi geopolitici di Mosca.
    Altrettanto interessato è stato a suo tempo il Nobel a Michail
    Gorbaciov nel 1990
    "per il suo ruolo di primo piano nel
    processo di pace che oggi caratterizza parti importanti della comunità
    internazionale": trattavasi di un processo di pace che avrebbe
    sgretolato l’URSS ed i suoi Stati satelliti, destinati a venire
    assorbiti dal mondo “occidentale”, che allora iniziava la sua
    prodigiosa opera di esportazione di democrazia e di libero mercato.


    Altri insigniti illustri andando a ritroso nel tempo: nel 1953 il Generale
    Marshall, bravo a proiettare l’Europa al cospetto dei miraggi
    consumistici dopo che i bombardieri del suo paese l’avevano rasa al
    suolo e devastata, piuttosto che il presidente statunitense Wilson,
    puntuale nel fare intervenire gli USA nella Grande Guerra in seguito
    all’affondamento del Lusitania (un episodio che per alcuni risvolti
    solleva alcuni dubbi paragonabili a quelli degli scettici sulle
    dinamiche ufficiali dell’11 Settembre) in tempo per portare al successo
    il fronte democratico e in seguito architetto di un piano di pace che
    avrebbe gettato nel caos il Vecchio Continente. Dulcis in fundo un
    altro inquilino della Casa Bianca, Theodor Roosevelt, propugnatore di
    quel corollario Roosevelt alla Dottrina Monroe (altrimenti noto come la
    politica del grande bastone) che rafforzava l’interventismo
    statunitense in America latina, adeguatamente esemplificato dalla
    secessione eterodiretta di Panama dalla Colombia e dalla conseguente
    apertura del lucroso canale, per non parlare del ruolo di primo piano
    svolto nella guerra ispanoamericana del 1898 (scoppiata in seguito ad
    un episodio che sa molto di false flag, vale a dire l’affondamento del
    Maine a L’Avana).


    In questi tempi di recessione è interessante andarsi a leggere pure i
    vincitori del Premio Nobel per l’Economia, fra i quali spiccano i
    teorici di questo sistema economico che sta finalmente giungendo al
    capolinea, ma con gran nocumento di tutti. Fra i primi insigniti figura
    Paul Samuelson, economista autore fra l’altro di uno dei manuali di
    economia politica più diffusi al mondo, sulle cui pagine hanno
    acquisito la forma mentis legioni di futuri finanzieri e soloni del
    libero mercato: una delle prime cose che il nostro si peritava di
    insegnare era il cosiddetto paradosso del risparmio, una diabolica
    equazione che va a minare la tradizionale parsimonia
    delle persone dotate di buon senso per portare invece avanti politiche
    di consumismo estremo basate al limite pure su indebitamenti
    sconsiderati. Il canadese Mundell, d’altro canto, ha incassato il
    premio nel 1999 dopo aver preconizzato la necessità e l’imminenza di
    una moneta unica sulla faccia della terra: se già l’Euro imposto
    dall’alto si è rivelata una mazzata per gli europei, figuriamoci cosa
    potrebbe succedere applicando le teorie di siffatto luminare. Certo, ha
    vinto pure una voce moderatamente fuori dal coro come quella
    dell’indiano Amartya Sen, però la stragrande maggioranza dei premiati
    appartiene ad una scuola di pensiero ben determinata, quella che sta
    portandoci a una recessione catastrofica.

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