Saperi negati

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Saperi negati

Raccolta di Saperi e Pensieri negati (ai più) dall'inconsapevolezza (altrui e propria) e da altre Cause.

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    Abbiamo due cervelli

    nelda
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    Messaggio Da nelda Lun 07 Lug 2008, 13:11

    ABBIAMO DUE CERVELLI: UNO IN TESTA E UNO NELLA PANCIA.

    La rivoluzionaria scoperta del cervello addominale che
    ha nevrosi e domina il "collega" più nobile.
    In tutte le culture, nei modi di dire, nel senso comune, la pancia è
    tradizionalmente la sede principale (più del cervello) dei sentimenti e
    delle emozioni. Ma fino a oggi per gli scienziati era un semplice tubo
    governato dai riflessi; e per la maggior parte dei cittadini del mondo occidentale solo
    la parte più prosaica, viscida e rumorosa del corpo umano. Finché a qualcuno
    non è venuto in mente di contare le fibre nervose dell'intestino. E ha così
    scoperto che i modi di dire si basavano su una realtà scientifica: nella pancia
    c'è un secondo cervello, quasi una copia di quello che abbiamo nella testa. Non
    serve solo alla digestione. Come il cervello della testa anche quello
    addominale produce sostanze psicoattive che influenzano gli stati d'animo, come la
    serotonina, la dopamina, ma anche oppiacei antidolorifici e persino
    benzodiazepine, sostanze calmanti come il valium. Anche il collega "di
    sotto"soffre di stress e nevrosi. Il cervello addominale, insomma, lavora
    in modo autonomo e invia più segnali al cervello "nella testa" di quanti non
    ne riceva da esso. Aiuta a fissare i ricordi legati alle emozioni. Può ammalarsi,
    soffrire di stress e sviluppare proprie nevrosi. Prova sensazioni, pensa e ricorda. E
    aiuta a prendere decisioni. Che bisogno c'era di due cervelli? "Nella
    scatolacranica tutto non ci stava" spiega Michael Schemann, docente di
    fisiologia alla facoltà di veterinaria di Hannover (Germania). "Per far passare i
    collegamenti col resto del corpo il collo avrebbe dovuto avere un diametro
    enorme. " poi, appena dopo la nascita, il neonato deve mangiare, bere e digerire: meglio
    che queste funzioni fondamentali siano autonome". Durante la formazione
    dell'embrione, quindi, una parte delle cellule nervose viene inglobata nella
    testa, un'altra va nell'addome: i collegamenti fra i due sono tenuti dal
    midollo spinale e dal nervo vago. Al secondo cervello sono affidate le
    "decisioni viscerali", cioè spontanee e inconsapevoli: ha quindi un ruolo importante
    nella gioia e nel dolore. Per studiare questo secondo cervello è nata una nuova
    scienza, la neurogastroenterologia. Le basi le ha gettate, a metà dell'800,
    Leopold Auerbach, un neurologo tedesco, che, osservando al microscopio
    l'intestino notò due strati sottilissimi di cellule nervose tra due strati
    di muscolo. E scoprì che questa specie di calza a rete avvolge tutto il tratto
    digerente, fino al retto. Stesse cellule, stessi principi attivi e
    ricettori: sono quasi identici. A che cosa servono?,si chiese Auerbach. Allora
    dell'intestino non si sapeva molto se non che estrae l'energia dal cibo. Di
    qui, nell'arco di una vita, passano più di 30 tonnellate di alimenti e 50 mila
    litri di liquido. Il cuore, al confronto, è una pompa primitiva. Una volta
    masticato in bocca e intriso di succhi gastrici nello stomaco, il boccone, divenuto
    chimo(cioè poltiglia), viene compreso nel duodeno, il primo tratto
    dell'intestino lungo 30 cm.
    Qui affluiscono le secrezioni del pancreas e della cistifellea
    i cui enzimi scompongono il chimo in molecole piccolissime. Poi il chimo passa
    nell'intestino tenue, lungo fino a 5 metri, dove avviene la digestione. Il
    cibo sminuzzato, i grassi, i carboidrati e le proteine vengono assorbiti nei
    vasisanguigni e linfatici da miliardi di piccoli villi che tappezzano le pareti.
    Dopo l'intestino tenue, c'è il crasso, lungo 1,5 metri: serve a riassorbire
    i 9 litri di liquidi necessari alla digestione. Le pompe molecolari del crasso
    assorbono quest'acqua e la restituiscono all'organismo. Alla fine del
    viaggio i residui di cibo, le cellule morte e i microrganismi vengono spinti
    verso l'uscita, l'ano, grazie a un robusto fascio muscolare. La rete di cellule
    nervose intravista da Auerbach è la centralina di gestione e di controllo:
    non si limita ad analizzare la composizione del cibo e a coordinare i
    meccanismi di assorbimento e di escrezione. Comanda anche la velocità del transito e altre
    funzioni grazie all'equilibrio tra neurotrasmettitori inibitori ed
    eccitatori, ormoni stimolanti e secrezioni protettive. Quella che per noi è
    solo una bistecca, per il cervello addominale è una realtà fatta di milioni di
    sostanze chimiche da analizzare, per decidere se si tratta di elementi da
    assorbire, di un veleno o di un microrganismo da tenere a distanza. Perché il cervello
    dell'addome è anche l'organizzatore del fronte contro gli invasori. Il suo
    compito principale è sovrintendere alla superficie più grande del corpo
    umano in contatto con l'esterno. E' la parte più estesa a contatto con
    l'esterno: siamo cavi.
    "All'interno siamo cavi" dice Michael D. Gershon,
    neuroscienziato della Columbia University di New York, " il corpo viene a
    contatto con l'esterno
    non solo attraverso la pelle ma anche attraverso la parete dell'intestino. Un
    tunnel così ben costruito da consentire all'ambiente circostante di
    attraversarci senza farci alcun danno". Nell'intestino, infatti, abitano circa 500
    specie di esseri potenzialmente letali. Addirittura metà delle feci è fatta di batteri
    morti.
    Per questo le pareti intestinali devono essere la difesa più efficiente
    dell'organismo. Così si spiega perché vi si trovino il 70% delle cellule del
    sistema immunitario. E se nell'addome penetrano veleni, il cervello
    addominale avverte il cervello della testa che reagisce con una strategia
    prestabilita: vomito, crampi e diarrea. Se il veleno è identificato precocemente viene
    eliminato dall'alto per la via più breve. Se, invece, è già a mezza strada,
    entra in gioco il riflesso peristaltico. E' fatto di contrazioni ondulatorie
    della parete muscolare dell'intestino, che spingono il contenuto dalla bocca
    verso l'ano. Queste contrazioni sono sincronizzate dal cervello addominale,
    stimolato dalla pressione sulle sue pareti. Basta che un boccone di cibo
    dilati un segmento dell'intestino, che le cellule nervose iniziano a secernere
    neuromediatori, cioè proteine che sono il linguaggio chimico delle cellule
    nervose, che inibiscono o eccitano le cellule muscolari responsabili del
    riflesso. Se predomina l'inibizione, l'intestino si ferma: è la stitichezza
    cronica e le feci si fanno dure perché stando tanto tempo nel crasso vengono
    disidratate. Se invece predomina l'eccitazione il trasporto accelera fino
    alla diarrea, perché è tanto veloce da non dare tempo al crasso di riassorbire
    i liquidi. In genere più si penetra nell'apparato digerente, più debole
    diventa ilcontrollo del cervello nella testa. La bocca, parti dell'esofago e lo
    stomaco si lasciano ancora dire qualcosa da lassù. Dopo il piloro, la regia
    passa alla pancia. Gershon s'innamorò del cervello addominale quando era studente,
    apprendendo che la serotonina, un neuromediatore, influiva sugli stati
    d'animo. Scoprì poi che il 95% della serotonina è prodotta dalle cellule
    nervose dell'intestino ed è responsabile anche del riflesso peristaltico. Quando la
    pancia "si irrita" combina un sacco di guai. Nessuno prese sul serio Gershon
    fino al 1981 quando uno dei suoi oppositori, l'australiano Marcello Costa,
    dimostrò che le cellule nervose dell'intestino producono serotonina, che nel
    frattempo si era rivelata uno dei tanti neuromediatori del sistema nervoso.
    Ma non è l'unica sostanza secreta dal cervello addominale, che è un'enorme
    fabbrica chimica perché produce una quarantina di neuromediatori con i quali
    comunica attraverso il cervello della testa. Le cellule di entrambi i
    cervelli infatti parlano la stessa lingua chimica. E questo spiega perché spesso nei
    malati di Alzheimer e di Parkinson si riscontra lo stesso tipo di lesioni in
    entrambi i cervelli. E perché i farmaci psichiatrici agiscono anche
    sull'intestino e quelli gastroenterici anche sul cervello. Un ormone
    gastrico, la secretina, viene sperimentato nella terapia dell'autismo,
    una malattia psichiatrica. Un anti-emicrania seda gli
    intestini iperattivi. Gli antidolorifici calmano alcune infiammazioni del tratto digerente.
    E alcuni antidepressivi agiscono sull'umore cerebrale, ma anche sul cervello
    addominale causando diarrea o stitichezza. L'ultima terapia in sperimentazione
    contro il colon irritabile è frutto degli studi sul cervello
    addominale. Di colon irritabile soffre il 20% della popolazione: causa dolori all'addome,
    evacuazioni irregolari, accumulo d'aria nell'intestino. Non si sa perché il
    colon di questi pazienti funziona male. Il colpevole, secondo Schemann, è il cervello
    addominale. Oppure cervello alto e cervello basso non si intendono, e lo
    stesso avverrebbe in una cinquantina di altre malattie. Gershon sostirne che il
    cervello addominale è soggetto a nevrosi. La comunicazione tra i due
    cervelli è comunque dominata da quello nella pancia. E' da qui che parte,
    diretto alla testa, il 90% dei messaggi. La maggior parte di questi messaggi sono
    inconsci, cioè avviene senza che noi ne prendiamo coscienza. Li percepiamo solo
    quando sono segnali di allarme, che scatenano reazioni di malessere. I depressi
    sentono tutti i movimenti del loro intestino. Emeran Mayer, docente
    all'università della California, ha scoperto che una parte dei messaggi del cervello
    addominale arriva nel sistema libico, posto al centro del cervello della testa. Questa
    area ha il compito di elaborare i segnali negativi e reprimere le sensazioni
    spiacevoli. "E' un po' come il fenomeno del maglione che pizzica"
    spiega Mayer "dopo un po' non lo si avverte più". Gli stimoli provenienti
    dall'intestino vengono percepiti solo se superano una soglia piuttosto alta,
    mentre chi soffre di colon irritabile, secondo Mayer, avrebbe una soglia più bassa e
    avvertirebbe ogni movimento intestinale. "Anche i depressi e gli ansiosi
    hanno alterazioni simili" dice Mayer. Perché si abbassa la soglia? Forse per lo
    stress. Se il cervello della testa percepisce tensione e paura, chiama a raccolta le
    cellule dell'intestino che producono sostanze irritanti come l'istamina. Questa
    proteina a sua volta attiva le cellule nervose del tubo digerente che fanno
    contrarre le cellule muscolari: ecco spiegati crampi o diarrea. Il segnale di allarme va
    poi al cervello della testa che lo ritrasmette verso il basso e così via. Se
    l'ansia non cala, il cerchio si chiude e i sintomi si cronicizzato. Gli stress
    del passato restano impressi anche nella pancia. Il cervello addominale sarebbe
    addirittura dotato di memoria che per fissare i ricordi usa le stesse
    molecole del cervello della testa: gli stress del passato si stampigliano così
    nel cervello e nell'addome, dice Schemann, rendendo l'asse cervello-addome
    ipersensibile per tutta la vita. E questo spiega perché i bambini che
    soffrono di coliche nell'infanzia hanno in genere un rischio maggiore di
    diventare adulti sofferenti per il colon irritabile. Anche i topi esposti da neonati a
    situazioni stressanti sono adulti ipersensibili, con sintomi intestinali simili
    a quelli da colon irritabile. E il 40% dei pazienti con colon irritabile soffre
    in genere anche d'ansia e depressione. Che malinconia e paura nascano allora
    nell'intestino? "I nostri risultati dicono che, così come la fame e la
    sazietà influiscono sull'umore, nel cervello addominale si può celare l'origine
    di altri stati d'animo, e tra questi anche la classica depressione" sostiene
    Mayer.
    Queste ricerche sono però ancora agli inizi. Ogni volta che l'intestino si
    contrae ed emette serotonina o altri neuromediatori le informazioni
    viaggiano lungo il nervo vago fino al cervello della testa. Dove vengono
    tradotte in malessere o allegria, stanchezza o vitalità, umore buono o cattivo.
    Anche la pancia sogna durante la fase rem del sonno. "Possiamo perfino dire che il
    cervello addominale pensa" dice Schemann. " E' organizzato in modo
    funzionale, lavora con una serie di circuiti, è in grado di registrare stati
    diversi e reagire autonomamente: insomma possiede tutto ciò che serve a un sistema
    nervoso integrativo". Quello che è certo è che l'addome crea l'atmosfera
    per la testa:
    La testa è la "banca delle emozioni" che raccoglie tutte le reazioni
    e i dati, soprattutto nella corteccia anteriore, dietro la fronte, particolarmente
    legata all'addome. Il cervello dell'addome insomma racconta la sua versione al
    cervello della testa, crea il suo "profilo emotivo" e prepara un
    "letto di sensazioni", anche per la notte. E infatti, durante la fase rem del sonno,
    quando produce onde dolci e si popola di sogni, anche le viscere iniziano a ondeggiare
    grazie alla serotonina. "E dopo un pasto pesante non si fanno forse brutti
    sogni?" si domanda Mayer. Con queste onde il cervello della testa fissa i ricordi con
    il loro carico di emozioni. Più saranno fissate le emozioni, migliori saranno
    le decisioni della volta successiva. "Nei prossimi anni potremmo scoprire
    che il cervello nell'addome è la matrice biologica dell'inconscio. Una scoperta
    importante per gli uomini quanto quella di Copernico sul sistema solare "
    sostiene Gershon.
    LA MEMORIA DEL CUORE HA BRUTTI RICORDI Anche il cuore avrebbe
    una memoria: ipotizzata 15 anni fa, la sua esistenza ora è stata provata da
    Michael Rosen, docente della Columbia University di New York, esperto di
    aritmie, sulla rivista scientifica Circulation. Brutti ricordi. Una memoria
    maligna, capace di ricordare solo gli eventi spiacevoli: le aritmie più
    gravi, l'installazione di pace maker. Quando memorizza, accumula all'interno
    delle sue cellule un ormone, l'angiostatina 2, che fa aumentare il rischio di
    aritmie.
    Dimenticare o no? "E' una memoria che potrebbe essere responsabile di
    alcune morti inspiegabili" ha ipotizzato Rosen. Alcuni farmaci, come quelli
    utilizzati per lo scompenso cardiaco, sono in grado di far perdere la memoria
    al cuore.
    "Ma non sappiamo se questo possa essere un bene o un male" dice Peter
    Schwartz,
    docente di cardiologia all'università di Pavia.


    tratto dalla rivista scientifica "Focus" del marzo 2001- Amelia
    Beltramini

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