]Le motivazioni della sentenza sul "carcere speciale" del G8 di Genova
"I giudici non possono essere influenzati dal clima politico"
A Bolzaneto fu tortura
"ma in Italia non esiste"
di MARCO PREVE
GENOVA -
A Bolzaneto i detenuti vennero torturati, le testimonianze delle vittime furono circostanziate
e addirittura "prudenti", ma i giudici devono condannare in base a condotte
criminose per delineate, che non possono essere influenzate dal clima politico.
E' questa in sostanza, e ad una prima lettura delle 441 pagine, il succo delle
motivazioni della sentenza sul processo di Bolzaneto.
La sentenza,
quest'estate aveva deluso chi si aspettava condanne esemplari per la vergogna
del carcere speciale del G8 bollato come luogo di torutra da Amnesty
international. Il tribunale presieduto da Renato De Lucchi pronunciò una
sentenza di condanna per 15 persone e 30 assoluzioni, comminando pene variabili
fra i 5 mesi e i 5 anni. I reati contestati agli imputati, a vario titolo, erano
abuso d'ufficio, violenza privata, falso ideologico, abuso di autorità nei
confronti di detenuti o arrestati, violazione dell'ordinamento penitenziario e
della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali .
Nelle motivazioni i giudici spiegano che "la mancanza,
nel nostro sistema penale, di uno specifico reato di tortura ha costretto
l'ufficio del pm a circoscrivere le condotte inumane e degradanti (che avrebbero
potuto senza dubbio ricomprendersi nella nozione di tortura adottata nelle
convenzioni internazionali)".
E più avanti sottolineano che "anche in questo processo, quantunque
celebrato in un'atmosfera caratterizzata da forti contrapposizioni politico-ideologiche
sia sui mezzi di informazione che nell'opinione pubblica, sono stati portati a giudizio
non situazioni ambientali o orientamenti ideologici, bensì, ovviamente, singoli imputati
per specifiche e ben individuate condotte criminose loro attribuite nei rispettivi capi di
imputazione, che costituiscono la via maestra da cui il giudicante non deve mai
deviare, pena la violazione dell'altro cardine del nostro sistema di garanzie
processuali rappresentato dall'art. 24 della Costituzione".
(27 novembre 2008)
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