L'evoluzione spirituale crea una gerarchia di livelli e chi più sale, più è solo fra gli uomini
di Francesco Lamendola - 22/10/2008
L'idea democratica, ormai talmente diffusa da apparirci come la migliore delle organizzazioni sociali possibili, ha talmente permeato di sé il nostro immaginario politico, da farci provare una istintiva diffidenza, per non dire una immediata ripulsa, al solo sentir nominare la parola «gerarchia», come se vi si nascondesse una intollerabile insidia contro l'egualitarismo cui ci siamo largamente abituati (e poco importa che tale egualitarismo sia solo la facciata, e non certo la sostanza, dei rapporti giuridici, morali e psicologici all'interno della società attuale).
All'idea democratica, presentata come autoevidente e degna di essere esportata, con le buone o con le cattive, nel mondo intero, si associa poi l'esperienza di vita quotidiana entro le strutture della società di massa, la quale non è affatto sinonimo di democrazia (sia il nazismo che lo stalinismo furono totalitarismi di massa, basati sulla ricerca del consenso); ma, per una sorta di meccanismo riflesso, siamo portati a vederla come un elemento inseparabile da essa, se non, addirittura, come la sua base naturale e costitutiva.
E anche le strutture della società di massa sono cosiffatte, che tendono a emarginare e a demonizzare l'idea gerarchica in quanto tale. Un terzo elemento che ha provocato un atteggiamento di così diffusa ostilità verso il concetto e la pratica della gerarchia è dato, infine, dalla globalizzazione dei mercati, che è il logico complemento della democrazia politica: per la semplice ragione che solo un sistema democratico mondiale sembra essere funzionale alla libera circolazione delle merci, dei capitali e, soprattutto, della finanza a livello planetario.
Accade così che l'idea gerarchica, che è stata per millenni alla base delle società antiche e di quelle medioevali, è oggi caduta in pieno discredito, e a stento se ne può pronunciare la parola, con tutte le debite cautele e con le necessarie precisazioni e delimitazioni.
La si ammette, ad esempio, all'interno di organismi e istituzioni basati sul criterio della competenza; ma non la si ammetterebbe mai a livello sociale; il che è una bella ipocrisia, dato che forse mai come oggi il mondo è stato diviso dalla spaccatura fra ricchi e poveri, fra potenti ed inermi, sia a livello internazionale (nei rapporti Nord-Sud della Terra), sia all'interno delle stesse società occidentali, a torto chiamate, per lunga abitudine, «del benessere».
La gerarchia di cui vogliamo parlare in questa sede, peraltro, non ha niente a che fare con l'economia, la società o la politica, e nemmeno con la cultura; ma è solo ed esclusivamente quella di tipo spirituale.Dire che l'umanità non è una massa indistinta di individui intercambiabili, sia per quanto riguarda le loro conoscenze, sia per quanto riguarda la loro saggezza, disponibilità al sacrificio e tensione verso l'assoluto, non è certo cosa particolarmente profonda, né originale. Abbiamo tuttavia l'impressione che, in generale, sfuggano molte importanti conseguenze di un tale stato di cose, anche a causa - appunto - dei meccanismi psicologici omologanti indotti dalle strutture della società di massa, dalla democrazia e dal libero mercato.
L'idea democratica, ad esempio, si basa sull'equazione un uomo, un voto; cosa che, nel suo ambito - quello della politica - è discutibile, ma, comunque, perfettamente legittima e dotata di una sua logica e di una sua intrinseca dignità.Se, invece, trasponiamo quel concetto in un ambito che non gli è proprio, ad esempio in quello della dimensione spirituale, la conseguenza è che si viene a misconoscere una fondamentale ed evidente verità: gli esseri umani possiedono diverse attitudini e capacità in fatto di evoluzione spirituale; e chi è riuscito a salire più in alto, vede le cose con una chiarezza assai maggiore di quanto possa accadere a cento, mille o diecimila suoi simili i quali, a livello spirituale, si sono fermati più in basso.
E, in ciò, non vi è nulla di aristocratico, nel senso negativo della parola (ossia di prevaricante e di discriminante); né chi si trova in basso ha motivo di adontarsene.Insomma, per l'evoluzione spirituale delle persone vale quello che si considera perfettamente normale nel campo dell'alpinismo (o, se si preferisce, della speleologia): chi è giunto, a prezzo di duri sforzi, a possedere una maggiore capacità di spingersi avanti, è in grado di fare cose che sono impossibile per un principiante; né il rocciatore dilettante deve sentirsi umiliato se non può pretendere di fare la stessa strada e di giudicare con gli stessi criteri di chi è in grado di spingersi fino al quinto o sesto grado.Così, se volessimo proseguire la nostra riflessione con l'aiuto di immagini, potremmo rifarci alla montagna del Purgatorio descritta da Dante Alighieri nella Divina Commedia, con le anime dei penitenti che salgono verso la vetta, cornice dopo cornice, distribuendosi a differenti livelli di altitudine. La stessa cosa avviene lungo la montagna della vita, con le persone che si collocano a diversi livelli di essa, a seconda che abbiano saputo fare più strada e siano state disponibili a sacrificare comodità e vantaggi personali (successo, denaro, potere) in vista di un obiettivo superiore: quello di elevarsi spiritualmente.Va da sé che le persone spiritualmente più evolute non pensano minimamente a sfruttare la posizione raggiunta (sempre relativa, peraltro, perché la perfezione non è di questo mondo); ma, al contrario, sono proprio quelle più sollecite ad offrire il braccio a coloro che stentano a procedere e rischiano, magari, di precipitare in qualche burrone.
Le conseguenze più importanti della diversità di sviluppo spirituale alle quali, in genere, non si riflette, e cui accennavamo poc'anzi, hanno a che fare con l'estrema difficoltà, per non dire con l'impossibilità, che persone di differente evoluzione possano interagire armoniosamente - a tutti i livelli: pratico, professionale, affettivo -, a meno che esse siano consapevoli di ciò che le separa ed accettino, da entrambe le parti, il principio gerarchico.
Così come l'alpinista principiante non può pretendere di accompagnare un rocciatore molto esperto nelle sue escursioni più impegnative, né, tanto meno, può permettersi di criticarlo o di metterne in pericolo la sicurezza, con imprudenze o movimenti inconsulti, allo stesso modo colui che è meno evoluto spiritualmente non dovrebbe pretendere di imporre il suo punto di vista, la sua logica e le sue ragioni a colui che è molto più evoluto; né, viceversa, quest'ultimo dovrebbe abbassarsi al livello dell'altro, ma bensì cercare di innalzarlo fino al proprio.
In genere, sia le amicizie che i rapporti sentimentali si stabiliscono fra individui che hanno fatto un percorso simile e che hanno raggiunto, più o meno, lo stesso livello di sviluppo spirituale. Le persone superficiali cercano quelle simili a sé; quelle profonde, sono attratte da quelle che somigliano loro.
Sarebbe bello che ciò potesse avvenire anche nei rapporti professionali, ma, ovviamente, non sempre è così; senza contare che la gerarchia estrinseca - quella, per intenderci, certificata dalle istituzioni - non sempre coincide con la gerarchia delle competenze reali. Può allora succedere che il generale, che non capisce nulla, rifiuti i saggi consigli del tenente, che gli è gerarchicamente subordinato (portando, magari, le sue truppe al massacro); oppure che un professore somaro e meschino disconosca il valore di un allievo infinitamente più dotato di lui, ma che non si adatta alle regole stabilite in quel determinato rapporto educativo.
Le invidie e le gelosie sono sempre pronte a far capolino; del resto, non sappiamo che il cardinale Ippolito d'Este, a Ludovico Ariosto che gli offriva il suo immortale capolavoro, L'Orlando Furioso, domandò: Messere, come avete fatto a scrivere tutte codeste corbellerie? Ma è a livello affettivo e sentimentale che si possono creare i peggiori malintesi, le delusioni più cocenti, le recriminazioni più amare, allorché s'incrociano le strade di due individui i quali si trovano a livelli diversi di evoluzione spirituale. In linea generale, la persona più evoluta dovrebbe essere in grado di capire le debolezze, le paure, le incoerenze dell'altra; ma, d'altra parte, se è veramente più evoluta, non dovrebbe nemmeno tentare di instaurare un profondo legame umano con chi non è e non può essere in grado di salire fino al suo livello. Lo specialista del sesto grado non dovrebbe mai prendere con sé, in una delle sue pericolose ascensioni, un principiante: sia per rispetto verso di lui, sia per la sua stessa sicurezza e per il rispetto dovuto a se medesimo. Ora, siccome l'evoluzione spirituale è cosa lunga e difficile, e più si sale la montagna del Purgatorio esistenziale, più i meno adatti, o i meno coraggiosi, o i meno tenaci, tendono a rimanere indietro, ne consegue che le cornici inferiori sono molto affollate, mentre quelle superiori sono quasi vuote di presenze umane.
Ogni tanto s'incontra un esperto rocciatore il quale, giunto quasi in vista della vetta, torna sui suoi passi per offrire aiuto a quelli che, dal basso, salgono in maniera sempre più stentata e faticosa o, addirittura, si fermano alla base del monte, senza darsi un solo pensiero al mondo. Questi campioni del ritorno sono dei Bodhisattva i quali, giunti fino alle soglie dell'illuminazione, rinunciano alla personale beatitudine per rendersi utili ai loro simili ancora immersi nelle tenebre della sofferenza, dell'illusione e dell'attaccamento.
Altre volte, una scena estremamente drammatica si presenta ai nostri occhi: qualcuno, sopraffatto dalla fatica e dall'angoscia, ha mollato entrambe le mani dalla parete rocciosa e si lascia cadere nel vuoto, stanco di quel lungo penare, torturato da una sete atroce e deluso dall'incostanza di troppi compagni di viaggio. Non è una passeggiata, la salita del monte; e il grado di fatica non sempre corrisponde all'altitudine raggiunta. Ve ne sono alcuni che faticano moltissimo, ma che salgono poco o restano persino fermi, perché disperdono vanamente le loro energie in mille andirivieni disordinati; oppure perché, meno abili o meno fortunati, si sono inoltrati lungo sentieri impossibili, che li hanno costretti a fermarsi e a tornare indietro, vanificando tutti i loro sforzi. In ogni caso, un fatto risulta evidente, quanto più ci soffermiamo a considerare la nostra montagna con le sue brave cornici e il brulicare di coloro che le percorrono in ogni senso. Quanto più si sale, tanto più si è soli; e quanto più si è soli, tanto meno si è capiti dagli altri, tanto meno si è apprezzati, tanto meno si è imitati.Sui pendii inferiori vi è una densa folla che si accalca; e coloro che ne fanno parte, sentendosi forti del numero (la solita illusione pseudo-democratica!), sovente si prendono il lusso di criticare, pontificare e sentenziare, ad esempio negando che chi è più in alto, sia davvero più in alto: perché la folla è un bestia cieca; e, se qualcuno le grida di aver visto il sole a mezzanotte, subito tutti quanti saranno pronti a spergiurare che le cose stanno proprio così .
Chi è salito più in alto, dunque, si troverà tanto più solo, quanto più troverà la cadenza giusta per avanzare sempre più in là. Se metterà il piede in fallo, non troverà nessuno ad aiutarlo - nessuno, beninteso, a livello umano. Troverà, tuttavia, quella forza benevola e misteriosa, della quale abbiamo già tante volte parlato, anche nel precedente articolo L'essere umano cerca nell'Altro il fondamento e il possesso di se stesso. E anche chi si trova più in basso la troverà, se le sue intenzioni sono pure, qualora dovesse trovarsi in difficoltà, e disperare di non farcela più. Strano destino, quello delle avanguardie. Esse aprono la via e danno un esempio che infonde coraggio e speranza negli altri; ma, nei momenti in cui sono esse a vacillare, non troveranno una mano disposta ad aiutarle, neppure se tornassero indietro e chiedessero un po' d'aiuto: loro che si sono sempre sacrificate senza
risparmio per il vantaggio di tutti.Strano destino, perché costoro appartengono a una avanguardia spirituale; ma, nella vita di tutti i giorno, essi soggiacciono alle medesime leggi, vivono le stesse miserie; avvertono la fame, la sete e il freddo, proprio come chiunque altro. E possono soffrire la solitudine anch'essi, pur essendovi abituati più di chiunque altro.
Ma tutto questo, gli altri non lo capiscono. Gli altri utilizzano volentieri i sentieri tracciati da chi li ha preceduti, ferendosi i piedi e tagliandosi le mani; ma, quanto a ricambiare con un gesto di vera amicizia, non ci pensano affatto. Forse, pensano che chi sa affrontare una parete di sesto grado deve essere fatto d'acciaio; e invece è un uomo, proprio come loro: che può avere paure e incertezze egli pure - anche se a un livello più elevato.Del resto, non abbiamo detto che una vera amicizia è impossibile fra due individui che siano giunti a livelli di evoluzione spirituale troppo distanti fra loro? E, se non è possibile l'amicizia, nemmeno è possibile la sua condizione fondamentale: uno spirito di calda, operosa, disinteressata solidarietà umana.Non importa!
Sarà la forza benevola, potente ed extra-umana, ad aiutare coloro che, spintisi più in alto degli altri, vengono a trovarsi, talvolta, in difficoltà o in pericolo; e non permetterà che mettano il piede in fallo o che si lascino sopraffare dalla disperazione.Per cui le persone che fungono da avanguardia spirituale verranno, sì, ad essere più sole da un punto di vista umano; ma, dal punto di vista dell'assoluto, saranno meno sole di ogni altro
uomo o donna che procede sul monte della vita: perché sono più vicine alla luce dell'Essere, che le riscalda, le conforta e le guida.
da nelda
di Francesco Lamendola - 22/10/2008
L'idea democratica, ormai talmente diffusa da apparirci come la migliore delle organizzazioni sociali possibili, ha talmente permeato di sé il nostro immaginario politico, da farci provare una istintiva diffidenza, per non dire una immediata ripulsa, al solo sentir nominare la parola «gerarchia», come se vi si nascondesse una intollerabile insidia contro l'egualitarismo cui ci siamo largamente abituati (e poco importa che tale egualitarismo sia solo la facciata, e non certo la sostanza, dei rapporti giuridici, morali e psicologici all'interno della società attuale).
All'idea democratica, presentata come autoevidente e degna di essere esportata, con le buone o con le cattive, nel mondo intero, si associa poi l'esperienza di vita quotidiana entro le strutture della società di massa, la quale non è affatto sinonimo di democrazia (sia il nazismo che lo stalinismo furono totalitarismi di massa, basati sulla ricerca del consenso); ma, per una sorta di meccanismo riflesso, siamo portati a vederla come un elemento inseparabile da essa, se non, addirittura, come la sua base naturale e costitutiva.
E anche le strutture della società di massa sono cosiffatte, che tendono a emarginare e a demonizzare l'idea gerarchica in quanto tale. Un terzo elemento che ha provocato un atteggiamento di così diffusa ostilità verso il concetto e la pratica della gerarchia è dato, infine, dalla globalizzazione dei mercati, che è il logico complemento della democrazia politica: per la semplice ragione che solo un sistema democratico mondiale sembra essere funzionale alla libera circolazione delle merci, dei capitali e, soprattutto, della finanza a livello planetario.
Accade così che l'idea gerarchica, che è stata per millenni alla base delle società antiche e di quelle medioevali, è oggi caduta in pieno discredito, e a stento se ne può pronunciare la parola, con tutte le debite cautele e con le necessarie precisazioni e delimitazioni.
La si ammette, ad esempio, all'interno di organismi e istituzioni basati sul criterio della competenza; ma non la si ammetterebbe mai a livello sociale; il che è una bella ipocrisia, dato che forse mai come oggi il mondo è stato diviso dalla spaccatura fra ricchi e poveri, fra potenti ed inermi, sia a livello internazionale (nei rapporti Nord-Sud della Terra), sia all'interno delle stesse società occidentali, a torto chiamate, per lunga abitudine, «del benessere».
La gerarchia di cui vogliamo parlare in questa sede, peraltro, non ha niente a che fare con l'economia, la società o la politica, e nemmeno con la cultura; ma è solo ed esclusivamente quella di tipo spirituale.Dire che l'umanità non è una massa indistinta di individui intercambiabili, sia per quanto riguarda le loro conoscenze, sia per quanto riguarda la loro saggezza, disponibilità al sacrificio e tensione verso l'assoluto, non è certo cosa particolarmente profonda, né originale. Abbiamo tuttavia l'impressione che, in generale, sfuggano molte importanti conseguenze di un tale stato di cose, anche a causa - appunto - dei meccanismi psicologici omologanti indotti dalle strutture della società di massa, dalla democrazia e dal libero mercato.
L'idea democratica, ad esempio, si basa sull'equazione un uomo, un voto; cosa che, nel suo ambito - quello della politica - è discutibile, ma, comunque, perfettamente legittima e dotata di una sua logica e di una sua intrinseca dignità.Se, invece, trasponiamo quel concetto in un ambito che non gli è proprio, ad esempio in quello della dimensione spirituale, la conseguenza è che si viene a misconoscere una fondamentale ed evidente verità: gli esseri umani possiedono diverse attitudini e capacità in fatto di evoluzione spirituale; e chi è riuscito a salire più in alto, vede le cose con una chiarezza assai maggiore di quanto possa accadere a cento, mille o diecimila suoi simili i quali, a livello spirituale, si sono fermati più in basso.
E, in ciò, non vi è nulla di aristocratico, nel senso negativo della parola (ossia di prevaricante e di discriminante); né chi si trova in basso ha motivo di adontarsene.Insomma, per l'evoluzione spirituale delle persone vale quello che si considera perfettamente normale nel campo dell'alpinismo (o, se si preferisce, della speleologia): chi è giunto, a prezzo di duri sforzi, a possedere una maggiore capacità di spingersi avanti, è in grado di fare cose che sono impossibile per un principiante; né il rocciatore dilettante deve sentirsi umiliato se non può pretendere di fare la stessa strada e di giudicare con gli stessi criteri di chi è in grado di spingersi fino al quinto o sesto grado.Così, se volessimo proseguire la nostra riflessione con l'aiuto di immagini, potremmo rifarci alla montagna del Purgatorio descritta da Dante Alighieri nella Divina Commedia, con le anime dei penitenti che salgono verso la vetta, cornice dopo cornice, distribuendosi a differenti livelli di altitudine. La stessa cosa avviene lungo la montagna della vita, con le persone che si collocano a diversi livelli di essa, a seconda che abbiano saputo fare più strada e siano state disponibili a sacrificare comodità e vantaggi personali (successo, denaro, potere) in vista di un obiettivo superiore: quello di elevarsi spiritualmente.Va da sé che le persone spiritualmente più evolute non pensano minimamente a sfruttare la posizione raggiunta (sempre relativa, peraltro, perché la perfezione non è di questo mondo); ma, al contrario, sono proprio quelle più sollecite ad offrire il braccio a coloro che stentano a procedere e rischiano, magari, di precipitare in qualche burrone.
Le conseguenze più importanti della diversità di sviluppo spirituale alle quali, in genere, non si riflette, e cui accennavamo poc'anzi, hanno a che fare con l'estrema difficoltà, per non dire con l'impossibilità, che persone di differente evoluzione possano interagire armoniosamente - a tutti i livelli: pratico, professionale, affettivo -, a meno che esse siano consapevoli di ciò che le separa ed accettino, da entrambe le parti, il principio gerarchico.
Così come l'alpinista principiante non può pretendere di accompagnare un rocciatore molto esperto nelle sue escursioni più impegnative, né, tanto meno, può permettersi di criticarlo o di metterne in pericolo la sicurezza, con imprudenze o movimenti inconsulti, allo stesso modo colui che è meno evoluto spiritualmente non dovrebbe pretendere di imporre il suo punto di vista, la sua logica e le sue ragioni a colui che è molto più evoluto; né, viceversa, quest'ultimo dovrebbe abbassarsi al livello dell'altro, ma bensì cercare di innalzarlo fino al proprio.
In genere, sia le amicizie che i rapporti sentimentali si stabiliscono fra individui che hanno fatto un percorso simile e che hanno raggiunto, più o meno, lo stesso livello di sviluppo spirituale. Le persone superficiali cercano quelle simili a sé; quelle profonde, sono attratte da quelle che somigliano loro.
Sarebbe bello che ciò potesse avvenire anche nei rapporti professionali, ma, ovviamente, non sempre è così; senza contare che la gerarchia estrinseca - quella, per intenderci, certificata dalle istituzioni - non sempre coincide con la gerarchia delle competenze reali. Può allora succedere che il generale, che non capisce nulla, rifiuti i saggi consigli del tenente, che gli è gerarchicamente subordinato (portando, magari, le sue truppe al massacro); oppure che un professore somaro e meschino disconosca il valore di un allievo infinitamente più dotato di lui, ma che non si adatta alle regole stabilite in quel determinato rapporto educativo.
Le invidie e le gelosie sono sempre pronte a far capolino; del resto, non sappiamo che il cardinale Ippolito d'Este, a Ludovico Ariosto che gli offriva il suo immortale capolavoro, L'Orlando Furioso, domandò: Messere, come avete fatto a scrivere tutte codeste corbellerie? Ma è a livello affettivo e sentimentale che si possono creare i peggiori malintesi, le delusioni più cocenti, le recriminazioni più amare, allorché s'incrociano le strade di due individui i quali si trovano a livelli diversi di evoluzione spirituale. In linea generale, la persona più evoluta dovrebbe essere in grado di capire le debolezze, le paure, le incoerenze dell'altra; ma, d'altra parte, se è veramente più evoluta, non dovrebbe nemmeno tentare di instaurare un profondo legame umano con chi non è e non può essere in grado di salire fino al suo livello. Lo specialista del sesto grado non dovrebbe mai prendere con sé, in una delle sue pericolose ascensioni, un principiante: sia per rispetto verso di lui, sia per la sua stessa sicurezza e per il rispetto dovuto a se medesimo. Ora, siccome l'evoluzione spirituale è cosa lunga e difficile, e più si sale la montagna del Purgatorio esistenziale, più i meno adatti, o i meno coraggiosi, o i meno tenaci, tendono a rimanere indietro, ne consegue che le cornici inferiori sono molto affollate, mentre quelle superiori sono quasi vuote di presenze umane.
Ogni tanto s'incontra un esperto rocciatore il quale, giunto quasi in vista della vetta, torna sui suoi passi per offrire aiuto a quelli che, dal basso, salgono in maniera sempre più stentata e faticosa o, addirittura, si fermano alla base del monte, senza darsi un solo pensiero al mondo. Questi campioni del ritorno sono dei Bodhisattva i quali, giunti fino alle soglie dell'illuminazione, rinunciano alla personale beatitudine per rendersi utili ai loro simili ancora immersi nelle tenebre della sofferenza, dell'illusione e dell'attaccamento.
Altre volte, una scena estremamente drammatica si presenta ai nostri occhi: qualcuno, sopraffatto dalla fatica e dall'angoscia, ha mollato entrambe le mani dalla parete rocciosa e si lascia cadere nel vuoto, stanco di quel lungo penare, torturato da una sete atroce e deluso dall'incostanza di troppi compagni di viaggio. Non è una passeggiata, la salita del monte; e il grado di fatica non sempre corrisponde all'altitudine raggiunta. Ve ne sono alcuni che faticano moltissimo, ma che salgono poco o restano persino fermi, perché disperdono vanamente le loro energie in mille andirivieni disordinati; oppure perché, meno abili o meno fortunati, si sono inoltrati lungo sentieri impossibili, che li hanno costretti a fermarsi e a tornare indietro, vanificando tutti i loro sforzi. In ogni caso, un fatto risulta evidente, quanto più ci soffermiamo a considerare la nostra montagna con le sue brave cornici e il brulicare di coloro che le percorrono in ogni senso. Quanto più si sale, tanto più si è soli; e quanto più si è soli, tanto meno si è capiti dagli altri, tanto meno si è apprezzati, tanto meno si è imitati.Sui pendii inferiori vi è una densa folla che si accalca; e coloro che ne fanno parte, sentendosi forti del numero (la solita illusione pseudo-democratica!), sovente si prendono il lusso di criticare, pontificare e sentenziare, ad esempio negando che chi è più in alto, sia davvero più in alto: perché la folla è un bestia cieca; e, se qualcuno le grida di aver visto il sole a mezzanotte, subito tutti quanti saranno pronti a spergiurare che le cose stanno proprio così .
Chi è salito più in alto, dunque, si troverà tanto più solo, quanto più troverà la cadenza giusta per avanzare sempre più in là. Se metterà il piede in fallo, non troverà nessuno ad aiutarlo - nessuno, beninteso, a livello umano. Troverà, tuttavia, quella forza benevola e misteriosa, della quale abbiamo già tante volte parlato, anche nel precedente articolo L'essere umano cerca nell'Altro il fondamento e il possesso di se stesso. E anche chi si trova più in basso la troverà, se le sue intenzioni sono pure, qualora dovesse trovarsi in difficoltà, e disperare di non farcela più. Strano destino, quello delle avanguardie. Esse aprono la via e danno un esempio che infonde coraggio e speranza negli altri; ma, nei momenti in cui sono esse a vacillare, non troveranno una mano disposta ad aiutarle, neppure se tornassero indietro e chiedessero un po' d'aiuto: loro che si sono sempre sacrificate senza
risparmio per il vantaggio di tutti.Strano destino, perché costoro appartengono a una avanguardia spirituale; ma, nella vita di tutti i giorno, essi soggiacciono alle medesime leggi, vivono le stesse miserie; avvertono la fame, la sete e il freddo, proprio come chiunque altro. E possono soffrire la solitudine anch'essi, pur essendovi abituati più di chiunque altro.
Ma tutto questo, gli altri non lo capiscono. Gli altri utilizzano volentieri i sentieri tracciati da chi li ha preceduti, ferendosi i piedi e tagliandosi le mani; ma, quanto a ricambiare con un gesto di vera amicizia, non ci pensano affatto. Forse, pensano che chi sa affrontare una parete di sesto grado deve essere fatto d'acciaio; e invece è un uomo, proprio come loro: che può avere paure e incertezze egli pure - anche se a un livello più elevato.Del resto, non abbiamo detto che una vera amicizia è impossibile fra due individui che siano giunti a livelli di evoluzione spirituale troppo distanti fra loro? E, se non è possibile l'amicizia, nemmeno è possibile la sua condizione fondamentale: uno spirito di calda, operosa, disinteressata solidarietà umana.Non importa!
Sarà la forza benevola, potente ed extra-umana, ad aiutare coloro che, spintisi più in alto degli altri, vengono a trovarsi, talvolta, in difficoltà o in pericolo; e non permetterà che mettano il piede in fallo o che si lascino sopraffare dalla disperazione.Per cui le persone che fungono da avanguardia spirituale verranno, sì, ad essere più sole da un punto di vista umano; ma, dal punto di vista dell'assoluto, saranno meno sole di ogni altro
uomo o donna che procede sul monte della vita: perché sono più vicine alla luce dell'Essere, che le riscalda, le conforta e le guida.
da nelda
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