IN CHE MODO IL LAVORO E' IN RAPPORTO CON LE FINALITA' E GLI SCOPI DELL'ESSERE UMANO?
Tutti gli insegnamenti spirituali hanno sempre riconosciuto che qualsiasi uomo non deve lavorare solo per tenersi in vita ma anche per tendere verso la perfezione. Per i bisogni materiali sono necessari vari beni e servizi che non potrebbero esistere senza il lavoro dell’uomo, per perfezionarsi però l’uomo ha bisogno di una attività dotata di senso che magari anche attraverso l’affronto e la soluzione delle difficoltà gli permetta di esprimersi, di”trovarsi”, di realizzare un opera con cui si senta in armonia e che gli permetta anche un rapporto armonico con la società e con tutto l’universo.
Per Schumacher i fini del lavoro umano sono:
1) provvedere a fornire i beni necessari ed utili
2) permettere a ciascuno di utilizzare e di perfezionare i propri doni e talenti, come buoni amministratori di se stessi.
3) Agire al servizio degli altri per liberarci del nostro egocentrismo.
Questa triplice funzione rende il lavoro così centrale per la vita umana che è impossibile concepirla senza di esso.
“Senza lavoro, qualsiasi vita si imputridisce, ma quando il lavoro è senz’anima, la vita soffoca e muore.(Albert Camus).
“Al di là delle questione della proprietà dei mezzi di produzione, indipendentemente da come essa è ripartita o risolta, uno dei più grandi problemi della società industriale è il fatto che questa corrompe l’uomo e le relazioni sociali, degradando il lavoro come puro strumento di guadagni monetari ed arrestando lo sviluppo della personalità e costringendo la maggior parte delle persone a trascorre la propria vita lavorativa senza ricevere nessuno stimolo valido, nessun incentivo a realizzarsi, nessuna possibilità di sviluppo, nessun elemento di Bellezza, Verità o Divinità.”(Schumacher)
Nel contesto dell’economia moderna non è importante il lavoro profondamente soddisfacente, ma solo la sua produttività, per cui il tempo del lavoro è etichettato come indesiderabile e pertanto ciò che viene fatto attraverso di esso non conferisce alcuna dignità. Se la vita che si svolge rimane senza dignità si rimane appesi unicamente agli stimoli dei possibili guadagni senza accorgersi che invece abbiamo bisogno di un lavoro che ,al di là del profitto, ci rallegri nella nostra vita e la renda un po’ simile ad una festa e ad una passione insieme.
La divisione del lavoro, la complessità burocratica, il gigantismo tecnologico relegano l’essere umano ad insoddisfacibile appendice del sistema produttivo e tutto ciò rende le moderne democrazie simili a dittature (del bisogno, del gigantismo, della complessità, della tecnologia).
Le idee allora sono relegate a funzionare come elementi di uno spettacolo postlavoristico che ci accompagni nel “tempo libero residuo” e si continua ad affermare che non è realistico metterle in pratica pur riconoscendone la validità (libertà, dignità, autodeterminazione).
Se l’insieme delle idee è usata solo per costruire una rappresentazione mitica della realtà che ne nasconde invece l’essenza triste ed umiliante per l’essere umano, invece di essere fondamento e nutrimento della costruzione della propria realtà positiva, allora si tratta di “pazzia sociale”.
Questo è il destino tipico dell’uomo delle società dell’abbondanza in cui tutte le tirannie si presentano come democrazie, tutte le conquiste, i furti e le espropriazioni sono presentate come miglioramenti o conquiste e tutti gli arbìtri come giustizie popolari.
Non c’è alcuna riforma possibile che sistemi questo stato di cose, se le persone non si impegnano ad avere idee proprie ed a realizzarle, se non coltivano i propri sogni unendo alla fantasia l’intelligenza e la determinazione per renderli reali.
Se i sogni non creano più la realtà allora essa è determinata dalle cose, dai meccanismi, dalle macchine ed è animata dalla insoddisfazione tragica di tutto ciò che rimane senza anima. Di fronte a tale questione, la politica, le politiche di ogni ideologia restano irrilevanti.
Se la vita è impoverita nella sua essenza non cambia niente se la ricchezza è nelle mani dei capitalisti od organizzata dalle burocrazie di uno stato.
E per l’uomo è ininfluente se egli abbia accesso a beni o garantito da sicurezze oppure viva nella precarietà e nella povertà.
Una volta distrutta o compromessa la dignità dell’essere umano, le sue idee non realizzano più sogni ma si limitano ad elaborare spettacoli compensativi che giustificano l’esistente e sono ad esclusivo beneficio di chi lo tiene sottopotere, siano essi altri uomini o sistemi burocratici e tecnologici.
Se la vita non è libera e realizzata, il”tempo libero” non esiste od assomiglia alle ore d’aria di un carcere; occorre rendersi conto che l’attività economica, oltre che beni, produce persone, è cioè un processo di apprendimento.
Ogni centro di potere è naturalmente pericoloso per l’uomo libero ma al contempo necessario all’uomo soggiogato (sono da sempre i servi che mantengono tali i padroni).
Uno dei motivi per cui due secoli di politiche progressiste non hanno portato ad una società realmente più giusta è che le dinamiche della liberazione dell’essere umano sono state sostituite dalle rivendicazioni materiali di agi e benessere artificioso per aumentare il tenore di vita della classe meno ricca più in fretta di come accadrebbe con la semplice produzione di ricchezza in ambito capitalistico a scapito della dignità e ricchezza del lavoro stesso.
Una umanità profondamente ancorata alla natura ed integra, come nell’Ottocento, ha lavorato e lottato per progredire, superare l’impellenza del bisogno ed affermare l’esigenza di una vita libera ed autodeterminata.
Pochi decenni dopo i loro eredi rivendicano come diritto l’essere schiavi dei bisogni, ne creano continuamente di nuovi e si assoggettano ad ogni violenza su se stessi per sfuggire alla libertà.
Con logica adattiva l’uomo disintegrato aderisce all’esistente che tutto sommato “lo tiene insieme”.
In alternativa ci si può sforzare di creare frammenti di futuro in un presente così tetro. Attraverso un “buon lavoro” l’uomo può soddisfare i bisogni fondamentali che non sono solo tanto materiali ma sono anche spirituali, sociali e personali.
Di nuovo Schumacher:
Agire come essere spirituale, ossia agire secondo i propri impulsi morali; l’essere umano come creatura divina.
Agire come prossimo, per essere al servizio dei propri simili; l’essere umano come creatura sociale.
Agire come persona, come centro autonomo di potere e responsabilità, ossia impegnarsi e, sviluppare i talenti naturali; l’essere umano nella sua compiuta maturità.
Imparare a rifiutare il lavoro privo di significato, noioso, che rincretinisce, snerva o addirittura umilia, il lavoro in cui un uomo o una donna diventano servi di una macchina o di un sistema.
Quanto ci si preoccupa nel mondo occidentale che il corpo del lavoratore non sia danneggiato da incidenti od altro. Se ciò avviene può chiedere un risarcimento. Ma la sua anima, il suo spirito?
Anziché garantire i lavoratori precari dei call-center forse occorrerebbe limitarne o ridurne la durata per legge.
Se il lavoro che egli fa lo danneggia come persona, rendendolo servo, riducendolo a robot, quale risarcimento occorrerà?
Solo un “buon lavoro” è via di salvezza.
di Maurizio Di Gregorio
14 febbraio 2004
in memoria di uno straordinario intellettuale operaio e contadino ex emigrato in Germania che ho conosciuto e che da oggi non c’è più.
La sua energia vitale, fisica e mentale insieme , tenace e forte nell’affrontare le numerose difficoltà della vita, chiassoso, allegro incontinente e fragile come un bambino indomabile, ne ha preservato a lungo l’integrità, tenerissimo ne è il ricordo.
Fonte: http://www.fiorigialli.it/dossier/rivista.php?id=2&articolo=373
Tutti gli insegnamenti spirituali hanno sempre riconosciuto che qualsiasi uomo non deve lavorare solo per tenersi in vita ma anche per tendere verso la perfezione. Per i bisogni materiali sono necessari vari beni e servizi che non potrebbero esistere senza il lavoro dell’uomo, per perfezionarsi però l’uomo ha bisogno di una attività dotata di senso che magari anche attraverso l’affronto e la soluzione delle difficoltà gli permetta di esprimersi, di”trovarsi”, di realizzare un opera con cui si senta in armonia e che gli permetta anche un rapporto armonico con la società e con tutto l’universo.
Per Schumacher i fini del lavoro umano sono:
1) provvedere a fornire i beni necessari ed utili
2) permettere a ciascuno di utilizzare e di perfezionare i propri doni e talenti, come buoni amministratori di se stessi.
3) Agire al servizio degli altri per liberarci del nostro egocentrismo.
Questa triplice funzione rende il lavoro così centrale per la vita umana che è impossibile concepirla senza di esso.
“Senza lavoro, qualsiasi vita si imputridisce, ma quando il lavoro è senz’anima, la vita soffoca e muore.(Albert Camus).
“Al di là delle questione della proprietà dei mezzi di produzione, indipendentemente da come essa è ripartita o risolta, uno dei più grandi problemi della società industriale è il fatto che questa corrompe l’uomo e le relazioni sociali, degradando il lavoro come puro strumento di guadagni monetari ed arrestando lo sviluppo della personalità e costringendo la maggior parte delle persone a trascorre la propria vita lavorativa senza ricevere nessuno stimolo valido, nessun incentivo a realizzarsi, nessuna possibilità di sviluppo, nessun elemento di Bellezza, Verità o Divinità.”(Schumacher)
Nel contesto dell’economia moderna non è importante il lavoro profondamente soddisfacente, ma solo la sua produttività, per cui il tempo del lavoro è etichettato come indesiderabile e pertanto ciò che viene fatto attraverso di esso non conferisce alcuna dignità. Se la vita che si svolge rimane senza dignità si rimane appesi unicamente agli stimoli dei possibili guadagni senza accorgersi che invece abbiamo bisogno di un lavoro che ,al di là del profitto, ci rallegri nella nostra vita e la renda un po’ simile ad una festa e ad una passione insieme.
La divisione del lavoro, la complessità burocratica, il gigantismo tecnologico relegano l’essere umano ad insoddisfacibile appendice del sistema produttivo e tutto ciò rende le moderne democrazie simili a dittature (del bisogno, del gigantismo, della complessità, della tecnologia).
Le idee allora sono relegate a funzionare come elementi di uno spettacolo postlavoristico che ci accompagni nel “tempo libero residuo” e si continua ad affermare che non è realistico metterle in pratica pur riconoscendone la validità (libertà, dignità, autodeterminazione).
Se l’insieme delle idee è usata solo per costruire una rappresentazione mitica della realtà che ne nasconde invece l’essenza triste ed umiliante per l’essere umano, invece di essere fondamento e nutrimento della costruzione della propria realtà positiva, allora si tratta di “pazzia sociale”.
Questo è il destino tipico dell’uomo delle società dell’abbondanza in cui tutte le tirannie si presentano come democrazie, tutte le conquiste, i furti e le espropriazioni sono presentate come miglioramenti o conquiste e tutti gli arbìtri come giustizie popolari.
Non c’è alcuna riforma possibile che sistemi questo stato di cose, se le persone non si impegnano ad avere idee proprie ed a realizzarle, se non coltivano i propri sogni unendo alla fantasia l’intelligenza e la determinazione per renderli reali.
Se i sogni non creano più la realtà allora essa è determinata dalle cose, dai meccanismi, dalle macchine ed è animata dalla insoddisfazione tragica di tutto ciò che rimane senza anima. Di fronte a tale questione, la politica, le politiche di ogni ideologia restano irrilevanti.
Se la vita è impoverita nella sua essenza non cambia niente se la ricchezza è nelle mani dei capitalisti od organizzata dalle burocrazie di uno stato.
E per l’uomo è ininfluente se egli abbia accesso a beni o garantito da sicurezze oppure viva nella precarietà e nella povertà.
Una volta distrutta o compromessa la dignità dell’essere umano, le sue idee non realizzano più sogni ma si limitano ad elaborare spettacoli compensativi che giustificano l’esistente e sono ad esclusivo beneficio di chi lo tiene sottopotere, siano essi altri uomini o sistemi burocratici e tecnologici.
Se la vita non è libera e realizzata, il”tempo libero” non esiste od assomiglia alle ore d’aria di un carcere; occorre rendersi conto che l’attività economica, oltre che beni, produce persone, è cioè un processo di apprendimento.
Ogni centro di potere è naturalmente pericoloso per l’uomo libero ma al contempo necessario all’uomo soggiogato (sono da sempre i servi che mantengono tali i padroni).
Uno dei motivi per cui due secoli di politiche progressiste non hanno portato ad una società realmente più giusta è che le dinamiche della liberazione dell’essere umano sono state sostituite dalle rivendicazioni materiali di agi e benessere artificioso per aumentare il tenore di vita della classe meno ricca più in fretta di come accadrebbe con la semplice produzione di ricchezza in ambito capitalistico a scapito della dignità e ricchezza del lavoro stesso.
Una umanità profondamente ancorata alla natura ed integra, come nell’Ottocento, ha lavorato e lottato per progredire, superare l’impellenza del bisogno ed affermare l’esigenza di una vita libera ed autodeterminata.
Pochi decenni dopo i loro eredi rivendicano come diritto l’essere schiavi dei bisogni, ne creano continuamente di nuovi e si assoggettano ad ogni violenza su se stessi per sfuggire alla libertà.
Con logica adattiva l’uomo disintegrato aderisce all’esistente che tutto sommato “lo tiene insieme”.
In alternativa ci si può sforzare di creare frammenti di futuro in un presente così tetro. Attraverso un “buon lavoro” l’uomo può soddisfare i bisogni fondamentali che non sono solo tanto materiali ma sono anche spirituali, sociali e personali.
Di nuovo Schumacher:
Agire come essere spirituale, ossia agire secondo i propri impulsi morali; l’essere umano come creatura divina.
Agire come prossimo, per essere al servizio dei propri simili; l’essere umano come creatura sociale.
Agire come persona, come centro autonomo di potere e responsabilità, ossia impegnarsi e, sviluppare i talenti naturali; l’essere umano nella sua compiuta maturità.
Imparare a rifiutare il lavoro privo di significato, noioso, che rincretinisce, snerva o addirittura umilia, il lavoro in cui un uomo o una donna diventano servi di una macchina o di un sistema.
Quanto ci si preoccupa nel mondo occidentale che il corpo del lavoratore non sia danneggiato da incidenti od altro. Se ciò avviene può chiedere un risarcimento. Ma la sua anima, il suo spirito?
Anziché garantire i lavoratori precari dei call-center forse occorrerebbe limitarne o ridurne la durata per legge.
Se il lavoro che egli fa lo danneggia come persona, rendendolo servo, riducendolo a robot, quale risarcimento occorrerà?
Solo un “buon lavoro” è via di salvezza.
di Maurizio Di Gregorio
14 febbraio 2004
in memoria di uno straordinario intellettuale operaio e contadino ex emigrato in Germania che ho conosciuto e che da oggi non c’è più.
La sua energia vitale, fisica e mentale insieme , tenace e forte nell’affrontare le numerose difficoltà della vita, chiassoso, allegro incontinente e fragile come un bambino indomabile, ne ha preservato a lungo l’integrità, tenerissimo ne è il ricordo.
Fonte: http://www.fiorigialli.it/dossier/rivista.php?id=2&articolo=373
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