Analfabetismo funzionale e controllo delle masse di Giorgio Fontana
Che l'ignoranza del popolo sia una delle condizioni migliori per il prosperare dei potenti è storia vecchia quanto l'umanità. La cattiva informazione — o meglio, l'informazione superficiale e volutamente distorta — è un momento chiave del controllo sulle masse.
L'era Berlusconi è stata edificata in gran parte grazie a una televisione populista, che tende a privilegiare la macchietta e il divertimento, e a diffondere un livello informativo superficiale o addirittura deviato.
Fin qui la storia è nota. Ma oggi il problema del controllo acquista una venatura inquietante secondo due nuove coordinate a prima vista molto distanti fra loro: analfabetismo di ritorno e web.
La rete permette l'affrancamento da una fruizione passiva di elementi "dati" (e consente lo scambio attivo, o addirittura l'inserimento di notizie in prima persona). In questo senso, può essere — ed è stato pensato come — un effettivo passo avanti a livello informativo rispetto a televisione e radio. Ma la rete necessita di ciò che la società televisiva non si aspettava, e cioè un'alfabetizzazione molto solida e la capacità di comprendere/produrre un testo. La televisione ha prodotto la cultura delle immagini e dell'ascolto: Internet, con un colpo di mano incredibile, ha trasformato il mondo in qualcosa di scritto.
Ora: alcuni studi del linguista Luca Nobile (rintracciabili su http://linguaditerra.wordpress.com/), dimostrano che l'alphabetical divide è uno dei mali più sommersi, e insieme più inquietanti, dell'Italia contemporanea. Secondo i dati dell'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), il 65% della popolazione italiana non possiede le competenze alfabetiche per interagire nella società dell'informazione. E parliamo di competenze abbastanza basiche, come capire da cima a fondo un articolo di giornale. In termini tecnici, si tratta di "analfabetismo funzionale", e vorrei ripetere la fetta interessata: il 65%. Due terzi del Paese.
Nei suoi articoli, Nobile mostra in modo convincente che il gap alfabetico coinvolge e spiega il gap digitale, "perché un computer è fatto per metà di una tastiera alfabetica, e perché Internet è un luogo a cui si accede digitando parole scritte". Come dicevo sopra, la retorica del bombardamento delle immagini è in parte superata: per molti versi, siamo soggetti a una intrusione sempre maggiore della scrittura nella nostra vita.
Ma stante la situazione registrata dall'OCSE, quello che potrebbe essere uno strumento di affrancamento si trasforma in un ulteriore elemento passivo. Il web non fornisce solo la possibilità di accedere a un numero impressionante di dati, ma consente anche — per gran parte — di commentarli e far nascere reti di discussione. Minando tale contributo con un'alfabetizzazione superficiale, le possibilità democratiche della rete crollano del tutto. Una straordinaria miniera di dati e funzioni che attende solo di essere utilizzata: e che invece, banalmente, non è utilizzata affatto.
Non voglio dire che Internet sia la salvezza e la verità, intendiamoci. Tuttavia consente di verificare delle notizie tramite fonti che venti anni fa sarebbero state di difficile reperibilità. Di reperire, ad esempio, i testi delle leggi emanate e valutare se un'interpretazione fornita da un giornalista è corretta o meno. Prima, questo era abbastanza complicato. Ora è fattibile nello spazio di due o tre click. Il problema è esattamente questo: la capacità di farlo, di compiere questi click.
Allora cosa rimane del web, per la maggioranza "disfunzionale"? Molto spesso, l'appiattimento alla cultura delle immagini: una sorta di tentato ritorno alla vecchia maniera. Youtube ne è l'esempio per eccellenza. Ma persino l'onnipresente Facebook viene in gran parte usato solo per caricare delle foto. Il che da un certo punto di vista è naturale, perché il culto iconico è immediato, di facile fruizione, e non crea automaticamente una posizione morale. Che è precisamente quanto un regime populista desidera.
La cosa più inquietante è che a questo livello il discorso non riguarda la libertà di espressione, ma uno stadio molto basso di possibilità cognitiva. Gran parte del Paese è impossibilitata a farsi un'idea completa di un frammento di testo scritto. Gran parte del Paese è incapace di verificare una notizia risalendo alle fonti tramite un motore di ricerca.
Siamo abituati a indignarci per la carenza di alfabetizzazione dei paesi meno sviluppati, ma la verità è che il problema dell'analfabetismo cresce e si evolve di pari passo allo sviluppo delle società. Si fa più nascosto e insidioso.
E qui il cerchio si chiude. L'istruzione gratuita e libera è una delle conquiste più straordinarie dell'epoca contemporanea. Tendiamo a sottovalutarla perché ci sembra un fattore scontato, ma non lo è affatto. Soprattutto, è grazie a essa che siamo in grado di rapportarci a una realtà sempre più complicata e in continua evoluzione. Dove non arriva la specializzazione tecnica, può arrivare almeno la comprensione: ma entrambe si fondano su un livello di alfabetizzazione non scontato.
A questo punto, anche la pessima gestione ministeriale dell'istruzione italiana appare come un tassello di un puzzle molto più grande. Senz'altro questo dipende da una cattiva distribuzione della ricchezza, che provoca tagli a un settore già di per sé piuttosto martoriato. Ma perché nessuno si prende davvero a cuore il problema? Perché, a voler pensare male, il totale disinteresse verso l'istruzione media potrebbe essere frutto di cattiva fede. Dopotutto, un popolo che non è in grado nemmeno di interagire con la società dell'informazione, è un popolo eccellente per essere preso in giro.
Pubblicato da a.tarabbia il 16-04-09
Fonte: http://www.ilprimoamore.com/testo_1441.html
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