E’ etica la clonazione umana?
I fatti
1987 Il prof. Wilmut e colleghi riescono a clonare una pecora: Dolly
2001 Il prof. Antinori afferma che nel mondo ci sono 7 gravidanze con embrioni umani clonati
2002 La Advanced Cell Technology riesce a ottenere un gruppo di cellule embrionali umane clonate
2002 L'università di Edimburgo, ottiene il brevetto per l'isolamento e la modifica di cellule staminali di mammifero.
2002 riuscito un trapianto d’organi ottenuto dalla clonazione di cellule staminali di vitello
La tecnica
Per clonazione si intende il processo attraverso il quale è possibile ottenere un clone, cioè un organismo identico nel suo corredo genico all’organismo di partenza.
Questo processo avviene normalmente in tutti gli organismi unicellulari (microrganismi, alghe). Spesso, però, si fa riferimento soprattutto alla tecnica eseguita su organismi superiori, in particolare ai mammiferi, in quanto portante di una serie di problematiche.
Ci sono due modi per ottenere una clonazione, una è costituita dalla divisione di cellule totipotenti come quelli embrionali (proprio come avviene per la formazione di gemelli omozigoti), l'altra per sostituzione del nucleo di una cellula uovo (con genoma aploide, che si dovrebbe ricombinare ed unire a quello proveniente dallo spermatozoo) con un nucleo di una cellula adulta: sotto stimolazione questa può incominciare a duplicarsi e sviluppandosi, dare luogo ad un organismo identico a quello della cellula donatrice. E' da notare che in questo processo non si ha una ricombinazione, tuttavia non si tiene conto della componente ambiente che risulta essere molto importante sopratutto per le caratteristiche, la maggior parte, che vengono prodotte dall'interazione di molti geni o fenomeni superiori come la psicologia.
Il processo è ancora con un rendimento molto basso, circa il 2%, ma non sembrano esserci particolari motivi per il quale la clonazione non possa essere portato a rese molto maggiori e trasferite oltre che sui mammiferi anche sull'uomo. Alcuni pensano che ciò possa essere la definitiva risposta al problema dell'infertilità di entrambi i componenti di una coppia, ma la clonazione umana con finalità riproduttiva è vietata per legge negli Stati Uniti e in quelli dell’Unione Europea ed è stata respinta da tutti gli organismi internazionali Consiglio d’Europa, Parlamento Europeo, OMS, UNESCO).
La Advanced Cell Technology afferma che ha ottenuto un embrione (di poche cellule) umano clonato per scopi terapeutici.
La cosiddetta “clonazione” terapeutica è uno dei mezzi proposti per ottenere “cellule staminali”, che si presume possano essere utilizzate nella terapia di malattie degenerative. Di qui l’aggettivo “terapeutico”.
L’embrione unicellulare o zigote, derivante dalla “fusione” dei genomi (complesso dei geni) della cellula uovo e dello spermatozoo, è definito totipotente perché è in grado di sviluppare un intero organismo, cioè un individuo in toto della specie codificata da quel genoma composito. Già al quinto giorno di sviluppo tuttavia, quando l’embrione ha assunto la forma costituita da alcune decine di cellule (blastomeri) detta di “blastocisti”, ha perduto questa proprietà. Le cellule della sua “massa centrale” restano tuttavia multipotenti, in grado cioè di differenziarsi in più e diversi tipi di cellule e tessuti, anche se incapaci di evolvere ciascuna in un individuo completo, che è la peculiare caratteristica che si vorrebbe sfruttare in terapia. Le cellule della “massa centrale” della blastocisti costituiscono perciò un primo tipo di cellule staminali, definite “cellule staminali embrionali”
E' probabile che grazie a queste cellule un giorno saremo in grado di avere organi biologici ottenuti proprio da noi, evitando così problemi di rigetto ed eliminando il grosso problema delle donazioni di sangue o d'organi.
Esiste ormai un ampio consenso anche nella comunità scientifica che l'opinione pubblica nei confronti di una nuova tecnologia costituisca uno dei fattori in grado di rallentarne o velocizzarne lo sviluppo e/o l'applicazione. In modo particolare questo avviene con un acceso dibattito per quello che concerne la biotecnologia. Infatti ancor prima che una qualunque scoperta scientifica venga utilizzata, applicata e sviluppata esiste già un forte pensiero pubblico che influenza il lavoro dello scienziato.
La percezione
Esiste ormai un ampio consenso anche nella comunità scientifica che l'opinione pubblica nei confronti di una nuova tecnologia costituisca uno dei fattori in grado di rallentarne o velocizzarne lo sviluppo e/o l'applicazione. In modo particolare questo avviene con un acceso dibattito per quello che concerne la biotecnologia. Infatti ancor prima che una qualunque scoperta scientifica venga utilizzata, applicata e sviluppata esiste già un forte pensiero pubblico che influenza il lavoro dello scienziato.
Infatti, secondo un recente sondaggio eseguito da un quotidiano la realtà della clonazione, annunciata dal mondo scientifico, spaventa oltre la metà delle persone. Su 100 intervistati, 55 hanno provato sgomento di fronte all’annuncio. Ma è importante osservare come si è comportata l’altra metà: 21 su cento hanno detto di avere fiducia nella scienza; 23,5 hanno invece ammesso di non essere stati colpiti particolarmente dall’annuncio. Si avvicina invece la percentuale di chi vorrebbe proibire assolutamente la clonazione di embrioni umani con quella di chi chiede una regolamentazione. Infine, una buona fascia di italiani, il 57,5 per cento, è piena di speranze per i risultati scientifici nell’ambito dei trapianti e auspica quindi che la ricerca vada avanti.
E’ da notare una dichiarazione agli inizi degli anni ’70 quando il sindaco Al Velucci di Cambridge, Massachusetts disse che se il MIT facesse batteri geneticamente modificati, "little green monsters would come out of the sewers" (piccoli mostri verdi uscirebbero dalle fogne). Batteri che ora fanno l'insulina ed altri prodotti farmaceutici, non piccoli mostri verdi. In realtà, la clonazione sarà probabilmente usata dalla gente non fertile, o da omosessuali che ora usano lo sperma, le uova, o gli embrioni donati. E’ sembra che la gente preferisca di gran lunga avere bambini con i “propri geni” piuttosto che avere geni altrui in famiglia, anche per la possibilità dell’introdurre geni portanti eventuali malattie (che non sono fenotipiche, perché portate su un gene recessivo).
La discussione principale contro la clonazione è che ruberebbe gli individui della loro unicità, un'unicità che qualcuno considera contro Dio o la Natura. Questa discussione è basata sul presupposto che siamo niente più che “i nostri geni". In realtà, siamo molto più dei nostri geni. La natura clona normalmente l’essere umano e anche frequentemente. Una su 67 nascite è gemellare. Si chieda al gemello se lui o lei si considera un individuo o una copia di qualcun'altro. I gemelli hanno lavori differenti, prendono malattie differenti, vivono esperienze diverse durate la vita con il matrimonio, l'alcool, le malattie mentali e l'omosessualità. Teologicamente, hanno anime differenti, come gli individui clonati. Anche se qualcuno clonasse 2.000 Napoleone, sarebbero tutti differenti, perché sarebbero cresciuti in famiglie diverse. I bambini clonati probabilmente sarebbero ancor più diversi dai loro genitori che non i gemelli, perché il bambino clonato sarebbe cresciuto in un periodo storico differente.
L’etica
E' importante ricordare che un comportamento bioeticamente corretto è osservare i principi della sicurezza per gli operatori nel settore biotecnologie, per la salute umana e ambientale, minimizzare i rischi e prevederli quanto più possibile, ottenere conoscenze sempre perseguendo obiettivi che sono la tutela della salute umana e la salvaguardia dell'ambiente. In questo modo le biotecnologie vanno considerate come utile metodo per produrre benessere e sono quindi eticamente corrette.
Il comitato nazionale per la Bioetica è comunque sempre attivo ad esaminare casi e situazioni, a coinvolgere il mondo scientifico, i legislatori ed il pubblico ad un tavolo di discussione che porti le sue conclusioni e le sue forze in direzione della tutela della salute umana e ambientale. Inoltre chiede alle comunità scientifiche ed ai legislatori di essere quanto più conformi agli stessi principi, per una normativa quanto più legittima per tutti, per uno sviluppo migliore di tematiche di ricerca promettenti, per un controllo di tipo istituzionale su progetti e laboratori, per una informazione dettagliata e precisa senza effetti da cinema o scandalistici, e con una forte intesa con le istituzioni per la formazione universitaria di corsi specialistici per operatori ed esperti nel settore biotecnologico.
La decisione dell'European Patent Office (EPO) di concedere all'Università di Edimburgo, il brevetto che prevede l'isolamento e la coltura di cellule staminali da embrioni e da tessuti adulti e la loro modificazione genetica, ha riproposto la questione etica della produzione e utilizzazione di embrioni a scopo sperimentale e della brevettabilità della vita umana ai fini dello sfruttamento commerciale.
Essa ha destato vaste polemiche e serie preoccupazioni da parte dell'opinione pubblica e delle istituzioni italiane ed europee.
Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha già in precedenti occasioni espresso le proprie riserve sulla brevettabilità degli esseri viventi e sulla sperimentazione sull'embrione umano e la propria opposizione alla clonazione umana in particolare (Rapporto sulla brevettabilità degli organismi viventi del 19 novembre 1993, Identità e statuto dell'embrione umano del 22 giugno 1996, La clonazione del 17 ottobre 1997).
L'orientamento espresso in tali documenti è coerente con quanto previsto dalla normativa adottata in sede europea e internazionale, alla cui stesura il CNB ha anche collaborato e precisamente:
1) la Convenzione per la protezione dei diritti dell'uomo e la biomedicina del Consiglio d'Europa (firmata ad Oviedo il 4 aprile del 1997), che prevede all'art. 18 il divieto di costituire embrioni umani ai fini di ricerca, e all' art. 21 l'interdizione di trarre profitto dal corpo umano;
2) il Protocollo sulla Clonazione Umana - anch'esso del Consiglio d'Europa- (firmato a Parigi il 12 gennaio 1998) recante interdizione della clonazione degli esseri umani;
3) La Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti umani (adottata dalla Conferenza generale dell'UNESCO l'11 novembre 1997) che definisce il genoma umano, in senso simbolico, "patrimonio comune dell'umanità" e che all'art.11 prevede che "la pratiche che sono contrarie alla dignità umana, quali clonazione di esseri umani a fini di riproduzione, non devono essere permesse".
La rettifica che l'Ufficio Brevetti Europeo ha emesso subito dopo l'accaduto, al fine di precisare che l'oggetto del brevetto non include la specie umana né pertanto la clonazione di embrioni umani, non ha alcun valore giuridico in quanto non comporta alcuna modifica del testo che invece parla esplicitamente, al paragrafo 0011 di "all animal cells, especially of mammalian species, including human cells" (tutte le cellule animali, specialmente di mammiferi, incluse le cellule umane). Il brevetto resta quindi giuridicamente efficace nella sua formulazione attuale, e nelle conseguenze pratiche che essa comporta, anche se la decisione dell'EPO è suscettibile di complicate e lunghe procedure di ricorso.
Questo episodio avviene in un contesto caratterizzato dall'allarmante tendenza a ridurre l'intera vita biologica, compresa quella umana, a mero oggetto di proprietà intellettuale brevettabile e a bene commerciale, e dal rischio di un progressivo cedimento delle strutture politiche e giuridiche, predisposte alla regolamentazione della materia, alle pressioni esercitate dall'industria biotecnologica. In antitesi a questa tendenza si deve sottolineare l'opposizione di movimenti e associazioni ambientaliste e umanitarie, degli scienziati, ma soprattutto, più semplicemente, della società civile, all'integrale commercializzazione della vita biologica e in particolare del corpo umano.
Ciò ha condotto recentemente al fallimento del vertice dell'Organizzazione mondiale del commercio di Seattle e successivamente, come applicazione degli orientamenti della Conferenza di Rio de Janeiro del 1992, alla definizione di un primo Protocollo internazionale sulla biosicurezza, adottato il 29 gennaio scorso a Montreal. La vicenda di questi giorni potrebbe però generare, presso l'opinione pubblica, un clima di diffusa diffidenza nei confronti delle scienze biomediche, dalla quale possono originarsi indebiti ostacoli alla libertà della scienza e in particolare alla ricerca nella difficile lotta contro le malattie genetiche e le altre patologie che affliggono la condizione umana. Proprio al fine di evitare un'ingiustificata critica della scienza, è necessario che le sue applicazioni ai fini industriali e commerciali vengano valutate in ragione delle finalità perseguite e dei fondamentali valori umani implicati.
Il CNB, nell'apprendere con soddisfazione la notizia che il governo italiano intende presentare il proprio ricorso contro la concessione del citato brevetto, auspica che le istituzioni e la politica assumano il proprio ruolo di guida delle applicazioni delle moderne biotecnologie. Ribadisce inoltre la propria opposizione alla brevettabilità dell'essere umano.
La legge
A livello legislativo, il divieto di clonazione umana è generalmente condiviso e previsto da Protocolli e Convenzioni internazionali.
All'interno dei singoli Paesi, tuttavia, tranne pochi casi, non esistono, allo stato attuale, normative che sanciscano precise sanzioni al divieto di clonazione.
In Italia è allo studio del Ministero della Sanità la definizione di una disciplina legislativa del settore, anche sulla base del documento del Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie. Il Ministro della Sanità, nell'attesa della definizione della disciplina legislativa, la cui assenza potrebbe comportare sperimentazioni ed interventi senza alcuna garanzia di tutela della salute pubblica, ha emanato una Ordinanza che prevede l'assoluto divieto di pratiche di clonazione umana e animale. Il divieto non si applica alla sola clonazione di animali transgenici utilizzati per medicinali innovativi ottenuti con biotecnologie (previa notifica al Ministero della Sanità) e alla salvaguardia delle specie animali in via di estinzione.
Il divieto di clonazione umana, infine, è previsto nel disegno di legge sulla disciplina della procreazione medicalmente assistita attualmente all'esame della Commissione Igiene e Sanità del Senato. Una ulteriore questione è poi rappresentata dalla brevettabilità degli organismi viventi attualmente regolamentata a livello europeo dalla direttiva 98/44/CE.
Il disegno di legge di recepimento di tale direttiva è attualmente in discussione alla commissione Industria del Senato.
Bibliografia:
- G. Bassetti, Clonazione umana, 2002
- F. Fontana, La comunicazione e l'informazione: tecnologie, metodologie, multimedialità, 2002, Roma
- Comitato Nazionale di Bioetica, Dichiarazione del Comitato Nazionale per la Bioetica sulla possibilità di brevettare cellule di origine embrionale umana, Febbraio 2002, Roma
- Dorothy C. Wertz, Cloning Humans: Is it Ethical?, 4 Giugno 2002, San Francisco
http://www.molecularlab.it
I fatti
1987 Il prof. Wilmut e colleghi riescono a clonare una pecora: Dolly
2001 Il prof. Antinori afferma che nel mondo ci sono 7 gravidanze con embrioni umani clonati
2002 La Advanced Cell Technology riesce a ottenere un gruppo di cellule embrionali umane clonate
2002 L'università di Edimburgo, ottiene il brevetto per l'isolamento e la modifica di cellule staminali di mammifero.
2002 riuscito un trapianto d’organi ottenuto dalla clonazione di cellule staminali di vitello
La tecnica
Per clonazione si intende il processo attraverso il quale è possibile ottenere un clone, cioè un organismo identico nel suo corredo genico all’organismo di partenza.
Questo processo avviene normalmente in tutti gli organismi unicellulari (microrganismi, alghe). Spesso, però, si fa riferimento soprattutto alla tecnica eseguita su organismi superiori, in particolare ai mammiferi, in quanto portante di una serie di problematiche.
Ci sono due modi per ottenere una clonazione, una è costituita dalla divisione di cellule totipotenti come quelli embrionali (proprio come avviene per la formazione di gemelli omozigoti), l'altra per sostituzione del nucleo di una cellula uovo (con genoma aploide, che si dovrebbe ricombinare ed unire a quello proveniente dallo spermatozoo) con un nucleo di una cellula adulta: sotto stimolazione questa può incominciare a duplicarsi e sviluppandosi, dare luogo ad un organismo identico a quello della cellula donatrice. E' da notare che in questo processo non si ha una ricombinazione, tuttavia non si tiene conto della componente ambiente che risulta essere molto importante sopratutto per le caratteristiche, la maggior parte, che vengono prodotte dall'interazione di molti geni o fenomeni superiori come la psicologia.
Il processo è ancora con un rendimento molto basso, circa il 2%, ma non sembrano esserci particolari motivi per il quale la clonazione non possa essere portato a rese molto maggiori e trasferite oltre che sui mammiferi anche sull'uomo. Alcuni pensano che ciò possa essere la definitiva risposta al problema dell'infertilità di entrambi i componenti di una coppia, ma la clonazione umana con finalità riproduttiva è vietata per legge negli Stati Uniti e in quelli dell’Unione Europea ed è stata respinta da tutti gli organismi internazionali Consiglio d’Europa, Parlamento Europeo, OMS, UNESCO).
La Advanced Cell Technology afferma che ha ottenuto un embrione (di poche cellule) umano clonato per scopi terapeutici.
La cosiddetta “clonazione” terapeutica è uno dei mezzi proposti per ottenere “cellule staminali”, che si presume possano essere utilizzate nella terapia di malattie degenerative. Di qui l’aggettivo “terapeutico”.
L’embrione unicellulare o zigote, derivante dalla “fusione” dei genomi (complesso dei geni) della cellula uovo e dello spermatozoo, è definito totipotente perché è in grado di sviluppare un intero organismo, cioè un individuo in toto della specie codificata da quel genoma composito. Già al quinto giorno di sviluppo tuttavia, quando l’embrione ha assunto la forma costituita da alcune decine di cellule (blastomeri) detta di “blastocisti”, ha perduto questa proprietà. Le cellule della sua “massa centrale” restano tuttavia multipotenti, in grado cioè di differenziarsi in più e diversi tipi di cellule e tessuti, anche se incapaci di evolvere ciascuna in un individuo completo, che è la peculiare caratteristica che si vorrebbe sfruttare in terapia. Le cellule della “massa centrale” della blastocisti costituiscono perciò un primo tipo di cellule staminali, definite “cellule staminali embrionali”
E' probabile che grazie a queste cellule un giorno saremo in grado di avere organi biologici ottenuti proprio da noi, evitando così problemi di rigetto ed eliminando il grosso problema delle donazioni di sangue o d'organi.
Esiste ormai un ampio consenso anche nella comunità scientifica che l'opinione pubblica nei confronti di una nuova tecnologia costituisca uno dei fattori in grado di rallentarne o velocizzarne lo sviluppo e/o l'applicazione. In modo particolare questo avviene con un acceso dibattito per quello che concerne la biotecnologia. Infatti ancor prima che una qualunque scoperta scientifica venga utilizzata, applicata e sviluppata esiste già un forte pensiero pubblico che influenza il lavoro dello scienziato.
La percezione
Esiste ormai un ampio consenso anche nella comunità scientifica che l'opinione pubblica nei confronti di una nuova tecnologia costituisca uno dei fattori in grado di rallentarne o velocizzarne lo sviluppo e/o l'applicazione. In modo particolare questo avviene con un acceso dibattito per quello che concerne la biotecnologia. Infatti ancor prima che una qualunque scoperta scientifica venga utilizzata, applicata e sviluppata esiste già un forte pensiero pubblico che influenza il lavoro dello scienziato.
Infatti, secondo un recente sondaggio eseguito da un quotidiano la realtà della clonazione, annunciata dal mondo scientifico, spaventa oltre la metà delle persone. Su 100 intervistati, 55 hanno provato sgomento di fronte all’annuncio. Ma è importante osservare come si è comportata l’altra metà: 21 su cento hanno detto di avere fiducia nella scienza; 23,5 hanno invece ammesso di non essere stati colpiti particolarmente dall’annuncio. Si avvicina invece la percentuale di chi vorrebbe proibire assolutamente la clonazione di embrioni umani con quella di chi chiede una regolamentazione. Infine, una buona fascia di italiani, il 57,5 per cento, è piena di speranze per i risultati scientifici nell’ambito dei trapianti e auspica quindi che la ricerca vada avanti.
E’ da notare una dichiarazione agli inizi degli anni ’70 quando il sindaco Al Velucci di Cambridge, Massachusetts disse che se il MIT facesse batteri geneticamente modificati, "little green monsters would come out of the sewers" (piccoli mostri verdi uscirebbero dalle fogne). Batteri che ora fanno l'insulina ed altri prodotti farmaceutici, non piccoli mostri verdi. In realtà, la clonazione sarà probabilmente usata dalla gente non fertile, o da omosessuali che ora usano lo sperma, le uova, o gli embrioni donati. E’ sembra che la gente preferisca di gran lunga avere bambini con i “propri geni” piuttosto che avere geni altrui in famiglia, anche per la possibilità dell’introdurre geni portanti eventuali malattie (che non sono fenotipiche, perché portate su un gene recessivo).
La discussione principale contro la clonazione è che ruberebbe gli individui della loro unicità, un'unicità che qualcuno considera contro Dio o la Natura. Questa discussione è basata sul presupposto che siamo niente più che “i nostri geni". In realtà, siamo molto più dei nostri geni. La natura clona normalmente l’essere umano e anche frequentemente. Una su 67 nascite è gemellare. Si chieda al gemello se lui o lei si considera un individuo o una copia di qualcun'altro. I gemelli hanno lavori differenti, prendono malattie differenti, vivono esperienze diverse durate la vita con il matrimonio, l'alcool, le malattie mentali e l'omosessualità. Teologicamente, hanno anime differenti, come gli individui clonati. Anche se qualcuno clonasse 2.000 Napoleone, sarebbero tutti differenti, perché sarebbero cresciuti in famiglie diverse. I bambini clonati probabilmente sarebbero ancor più diversi dai loro genitori che non i gemelli, perché il bambino clonato sarebbe cresciuto in un periodo storico differente.
L’etica
E' importante ricordare che un comportamento bioeticamente corretto è osservare i principi della sicurezza per gli operatori nel settore biotecnologie, per la salute umana e ambientale, minimizzare i rischi e prevederli quanto più possibile, ottenere conoscenze sempre perseguendo obiettivi che sono la tutela della salute umana e la salvaguardia dell'ambiente. In questo modo le biotecnologie vanno considerate come utile metodo per produrre benessere e sono quindi eticamente corrette.
Il comitato nazionale per la Bioetica è comunque sempre attivo ad esaminare casi e situazioni, a coinvolgere il mondo scientifico, i legislatori ed il pubblico ad un tavolo di discussione che porti le sue conclusioni e le sue forze in direzione della tutela della salute umana e ambientale. Inoltre chiede alle comunità scientifiche ed ai legislatori di essere quanto più conformi agli stessi principi, per una normativa quanto più legittima per tutti, per uno sviluppo migliore di tematiche di ricerca promettenti, per un controllo di tipo istituzionale su progetti e laboratori, per una informazione dettagliata e precisa senza effetti da cinema o scandalistici, e con una forte intesa con le istituzioni per la formazione universitaria di corsi specialistici per operatori ed esperti nel settore biotecnologico.
La decisione dell'European Patent Office (EPO) di concedere all'Università di Edimburgo, il brevetto che prevede l'isolamento e la coltura di cellule staminali da embrioni e da tessuti adulti e la loro modificazione genetica, ha riproposto la questione etica della produzione e utilizzazione di embrioni a scopo sperimentale e della brevettabilità della vita umana ai fini dello sfruttamento commerciale.
Essa ha destato vaste polemiche e serie preoccupazioni da parte dell'opinione pubblica e delle istituzioni italiane ed europee.
Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha già in precedenti occasioni espresso le proprie riserve sulla brevettabilità degli esseri viventi e sulla sperimentazione sull'embrione umano e la propria opposizione alla clonazione umana in particolare (Rapporto sulla brevettabilità degli organismi viventi del 19 novembre 1993, Identità e statuto dell'embrione umano del 22 giugno 1996, La clonazione del 17 ottobre 1997).
L'orientamento espresso in tali documenti è coerente con quanto previsto dalla normativa adottata in sede europea e internazionale, alla cui stesura il CNB ha anche collaborato e precisamente:
1) la Convenzione per la protezione dei diritti dell'uomo e la biomedicina del Consiglio d'Europa (firmata ad Oviedo il 4 aprile del 1997), che prevede all'art. 18 il divieto di costituire embrioni umani ai fini di ricerca, e all' art. 21 l'interdizione di trarre profitto dal corpo umano;
2) il Protocollo sulla Clonazione Umana - anch'esso del Consiglio d'Europa- (firmato a Parigi il 12 gennaio 1998) recante interdizione della clonazione degli esseri umani;
3) La Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti umani (adottata dalla Conferenza generale dell'UNESCO l'11 novembre 1997) che definisce il genoma umano, in senso simbolico, "patrimonio comune dell'umanità" e che all'art.11 prevede che "la pratiche che sono contrarie alla dignità umana, quali clonazione di esseri umani a fini di riproduzione, non devono essere permesse".
La rettifica che l'Ufficio Brevetti Europeo ha emesso subito dopo l'accaduto, al fine di precisare che l'oggetto del brevetto non include la specie umana né pertanto la clonazione di embrioni umani, non ha alcun valore giuridico in quanto non comporta alcuna modifica del testo che invece parla esplicitamente, al paragrafo 0011 di "all animal cells, especially of mammalian species, including human cells" (tutte le cellule animali, specialmente di mammiferi, incluse le cellule umane). Il brevetto resta quindi giuridicamente efficace nella sua formulazione attuale, e nelle conseguenze pratiche che essa comporta, anche se la decisione dell'EPO è suscettibile di complicate e lunghe procedure di ricorso.
Questo episodio avviene in un contesto caratterizzato dall'allarmante tendenza a ridurre l'intera vita biologica, compresa quella umana, a mero oggetto di proprietà intellettuale brevettabile e a bene commerciale, e dal rischio di un progressivo cedimento delle strutture politiche e giuridiche, predisposte alla regolamentazione della materia, alle pressioni esercitate dall'industria biotecnologica. In antitesi a questa tendenza si deve sottolineare l'opposizione di movimenti e associazioni ambientaliste e umanitarie, degli scienziati, ma soprattutto, più semplicemente, della società civile, all'integrale commercializzazione della vita biologica e in particolare del corpo umano.
Ciò ha condotto recentemente al fallimento del vertice dell'Organizzazione mondiale del commercio di Seattle e successivamente, come applicazione degli orientamenti della Conferenza di Rio de Janeiro del 1992, alla definizione di un primo Protocollo internazionale sulla biosicurezza, adottato il 29 gennaio scorso a Montreal. La vicenda di questi giorni potrebbe però generare, presso l'opinione pubblica, un clima di diffusa diffidenza nei confronti delle scienze biomediche, dalla quale possono originarsi indebiti ostacoli alla libertà della scienza e in particolare alla ricerca nella difficile lotta contro le malattie genetiche e le altre patologie che affliggono la condizione umana. Proprio al fine di evitare un'ingiustificata critica della scienza, è necessario che le sue applicazioni ai fini industriali e commerciali vengano valutate in ragione delle finalità perseguite e dei fondamentali valori umani implicati.
Il CNB, nell'apprendere con soddisfazione la notizia che il governo italiano intende presentare il proprio ricorso contro la concessione del citato brevetto, auspica che le istituzioni e la politica assumano il proprio ruolo di guida delle applicazioni delle moderne biotecnologie. Ribadisce inoltre la propria opposizione alla brevettabilità dell'essere umano.
La legge
A livello legislativo, il divieto di clonazione umana è generalmente condiviso e previsto da Protocolli e Convenzioni internazionali.
All'interno dei singoli Paesi, tuttavia, tranne pochi casi, non esistono, allo stato attuale, normative che sanciscano precise sanzioni al divieto di clonazione.
In Italia è allo studio del Ministero della Sanità la definizione di una disciplina legislativa del settore, anche sulla base del documento del Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie. Il Ministro della Sanità, nell'attesa della definizione della disciplina legislativa, la cui assenza potrebbe comportare sperimentazioni ed interventi senza alcuna garanzia di tutela della salute pubblica, ha emanato una Ordinanza che prevede l'assoluto divieto di pratiche di clonazione umana e animale. Il divieto non si applica alla sola clonazione di animali transgenici utilizzati per medicinali innovativi ottenuti con biotecnologie (previa notifica al Ministero della Sanità) e alla salvaguardia delle specie animali in via di estinzione.
Il divieto di clonazione umana, infine, è previsto nel disegno di legge sulla disciplina della procreazione medicalmente assistita attualmente all'esame della Commissione Igiene e Sanità del Senato. Una ulteriore questione è poi rappresentata dalla brevettabilità degli organismi viventi attualmente regolamentata a livello europeo dalla direttiva 98/44/CE.
Il disegno di legge di recepimento di tale direttiva è attualmente in discussione alla commissione Industria del Senato.
Bibliografia:
- G. Bassetti, Clonazione umana, 2002
- F. Fontana, La comunicazione e l'informazione: tecnologie, metodologie, multimedialità, 2002, Roma
- Comitato Nazionale di Bioetica, Dichiarazione del Comitato Nazionale per la Bioetica sulla possibilità di brevettare cellule di origine embrionale umana, Febbraio 2002, Roma
- Dorothy C. Wertz, Cloning Humans: Is it Ethical?, 4 Giugno 2002, San Francisco
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