Ebbene il dio era anche strettamente collegato alla zucca
come possiamo leggere dai Carmi Priapei:
".io sono invocato come custode ligneio delle zucche."
E ancora il ricordo della zucca come frutto legato ai rituali di
fertilità lo ritroviamo in molti autori latini che la associano al
parto e alla gravidanza:
" .intortus cucumis praegnansque cucurbita serpit. "
o ancora in Propezio che scrive:
" ...caerules cucumis tumidoque cucurbita ventre... "
Così la zucca è simbolo fallico ma al tempo stesso essa
stessa "madre", portando nel suo ventre fruttifero i semi, come la
donna e la dea essa assicura la vita per la sua specie e il
sostentamento per gli uomini.
La Processione dei Morti dal mondo celtico alle tradizioni Italiane
Altra interessante tradizione è legata al famoso Trick or Treak, la
mascherata di bambini che attraversano le vie della città cercando
dolciumi e regalini. In realtà per scoprire cosa si cela dietro
questa usanza dovremo attraversare i sentieri del folklore italiano
alla ricerca delle "processioni dei morti" fino ad imbatterci nel
mitico Artù, espressione dell'Ankou bretone, ma anche e soprattutto
della "morte birichina" delle tradizioni popolari italiane.
Dal XI secolo moltissimi sono i racconti popolari e i testi
letterari in Europa che parlano dell'apparizione dell'"esercito
furioso", nome con il quale è conosciuto, nell'area centro europea,
una strana processione di misteriose creature fantastiche, poi
evolutesi nel loro aspetto, in streghe e stregoni pronti al viaggio
verso il sabba.
Questa schiera di esseri, composta indifferentemente da uomini e
donne, spesso a cavallo di animali in qualche modo legati ai culti
totemici pagani, come capre, cavalli o strani rapaci, era di solito
guidata da un essere mitico, una antica divinità pagana autoctona
come ad esempio Wotan o Odino dell'area nordica o da strane
creature, spesso dalle fattezze femminili, che trasportavano, non di
rado, un carro rituale.
Una interessante area da esaminare, proprio perché ancora oggi è
visibile nel folklore locale lo strano rapporto tra viventi e
defunti, è la Bretagna,
luogo ove alla religione ufficiale si
mescolano vorticosamente antiche tradizioni pagane mai cancellate.
Un esempio ancora ben visibile nelle leggende e nei racconti
popolari, è ad esempio quello dell'Ankou. Si tratta di una figura
locale raffigurata come la "morte", sotto forma di scheletro con la
falce che però non è semplice espressione della stessa, in realtà si
tratta solo di un suo messaggero, una strana figura che giunge ad
avvisare le persone, e spesso a consigliare di portare subito a
termine faccende personali in sospeso prima del loro trapasso.
Questo però non è l'unico esempio, altra interessante informazione
sul mondo bretone dei trapassati può esser desunta, poi, dal
racconto di Procopio di Cesarea nella sua Guerra Gotica. Parlando
della Brittia ci racconta che ". giunto a questo punto della storia
mi sembra inevitabile raccontare un fatto che ha piuttosto attinenza
con la superstizione.". Ecco così che lo storico narra delle strane
abitudini di alcuni abitanti di borghi di pescatori situati
dall'altra parte del mare, in quell'area che oggi è appunto nota
come la Bretagna.
Alcuni di questi individui avevano un compito
strano, quello di traghettare le anime dei morti nella ". A tarda
ora della notte, infatti, essi sentono battere alla porta e odono
una voce soffocata che li chiama all'opera. Senza esitazione saltano
giù dal letto e si recano sulla riva del mare. sulla riva trovano
barche speciali, vuote. Ma quando vi salgono sopra le barche
affondano fin quasi al pelo dell'acqua come se fossero cariche. dopo
aver lasciato i passeggeri ripartono con le navi leggere.".
Se questo racconto sembra incredibile basta giungere ancora oggi in
Bretagna per ritrovare, arenate nelle sacche di sabbia dovute alla
marea, vecchie barche oramai in disuso. Nessuno però si azzarda a
spostarle o portarle via, ancora oggi queste sono le barche che
traghettano i morti. E' questa l'espressione della comunicazione
locale con un aldilà mai visto come luogo tenebroso come
dimostrerebbero i numerosi cimiteri mai isolati dai luoghi abitati.
Del resto è già dai tempi di Claudiano, V secolo, che l'area bretone
era nota come il luogo dei morti, era qui, infatti, che si
identificava il luogo ove Ulisse aveva incontrato i morti e ove "i
contadini vedono vagare le ombre pallide dei morti", una
affermazione che ritroveremo in seguito proprio legata al territorio
italiano. Ma questo non basta, oramai è ben dimostrato come alcuni
viaggi compiuti da cavalieri delle saghe bretoni, come Parsifal o
Lancillotto, in terre desolate o verso castelli misteriosi altro non
sono che viaggi nel mondo dei defunti come poi testimonierebbero
toponimi come Limors o il Schastel le mort.
Lo stesso Artù, in varie raffigurazioni, altro non sarebbe che il
traghettatore delle processioni dei morti, come nel mosaico
pavimentale di Otranto, ove il sovrano è raffigurato con uno scettro
in mano in groppa ad un caprone, seguito da una schiera di uomini.
Anche il folklore italico però, come si potrebbe pensare, non è
estraneo al mondo dei trapassati, come mi sono occupato in un altro
mio lavoro proprio sul culto dei morti. La tradizione della
Processione dei defunti e la visione degli stessi da parte della
gente contadina non è però patrimonio esclusivamente bretone, anche
se ancora oggi in quelle terre tale tradizione resiste fortemente,
ma in tutta Europa sono fortemente diffusi racconti popolari di
gente che periodicamente assisteva a tali apparizioni.
In realtà questo "spettacolo" non era riservato a tutti, ma solo a
persone dai particolari poteri o nati in ben precisi giorni.
Così, ad esempio, in Friuli, il Ginzburg parla dei Beneandanti,
uomini dai particolari "poteri", nati con la "camicia", un
parte
della placenta che, proprio per questa loro "stranezza" saranno poi
gli attori, in particolari periodi dell'anno, di una lotta contro le
forze maligne per assicurare fertilità ai campi. Sono loro che
possono aver rapporto con i defunti dato che "chi vede i morti, cioè
va con loro, è un Benandante".
Moltissimi poi sono i racconti popolari di incredibili incontri
nelle campagne con schiere di defunti. Sempre in Friuli interessante
è l'avventura capitata ad un povero monaco nel 1091. Mentre questi
camminava lungo un sentiero di campagna viene attratto da strani
lamenti e così scorge una processione tra la quale riconosce alcuni
uomini suoi conoscenti morti da poco tempo. Se però potremmo pensare
che simili visioni sono relegate ad un lontano passato ecco presenti
numerose testimonianze di donne lucane che durante il secolo scorso
si imbatterono in quella che è la "messa dei morti". Così lungo le
buie vie che conducono le contadine del sud nei campi da lavoro,
capita spesso di vedere una chiesa aperta e illuminata e all'interno
anime dannate che allontanano subito le viandante o le comunicano un
messaggio per il mondo dei vivi.
come possiamo leggere dai Carmi Priapei:
".io sono invocato come custode ligneio delle zucche."
E ancora il ricordo della zucca come frutto legato ai rituali di
fertilità lo ritroviamo in molti autori latini che la associano al
parto e alla gravidanza:
" .intortus cucumis praegnansque cucurbita serpit. "
o ancora in Propezio che scrive:
" ...caerules cucumis tumidoque cucurbita ventre... "
Così la zucca è simbolo fallico ma al tempo stesso essa
stessa "madre", portando nel suo ventre fruttifero i semi, come la
donna e la dea essa assicura la vita per la sua specie e il
sostentamento per gli uomini.
La Processione dei Morti dal mondo celtico alle tradizioni Italiane
Altra interessante tradizione è legata al famoso Trick or Treak, la
mascherata di bambini che attraversano le vie della città cercando
dolciumi e regalini. In realtà per scoprire cosa si cela dietro
questa usanza dovremo attraversare i sentieri del folklore italiano
alla ricerca delle "processioni dei morti" fino ad imbatterci nel
mitico Artù, espressione dell'Ankou bretone, ma anche e soprattutto
della "morte birichina" delle tradizioni popolari italiane.
Dal XI secolo moltissimi sono i racconti popolari e i testi
letterari in Europa che parlano dell'apparizione dell'"esercito
furioso", nome con il quale è conosciuto, nell'area centro europea,
una strana processione di misteriose creature fantastiche, poi
evolutesi nel loro aspetto, in streghe e stregoni pronti al viaggio
verso il sabba.
Questa schiera di esseri, composta indifferentemente da uomini e
donne, spesso a cavallo di animali in qualche modo legati ai culti
totemici pagani, come capre, cavalli o strani rapaci, era di solito
guidata da un essere mitico, una antica divinità pagana autoctona
come ad esempio Wotan o Odino dell'area nordica o da strane
creature, spesso dalle fattezze femminili, che trasportavano, non di
rado, un carro rituale.
Una interessante area da esaminare, proprio perché ancora oggi è
visibile nel folklore locale lo strano rapporto tra viventi e
defunti, è la Bretagna,
luogo ove alla religione ufficiale si
mescolano vorticosamente antiche tradizioni pagane mai cancellate.
Un esempio ancora ben visibile nelle leggende e nei racconti
popolari, è ad esempio quello dell'Ankou. Si tratta di una figura
locale raffigurata come la "morte", sotto forma di scheletro con la
falce che però non è semplice espressione della stessa, in realtà si
tratta solo di un suo messaggero, una strana figura che giunge ad
avvisare le persone, e spesso a consigliare di portare subito a
termine faccende personali in sospeso prima del loro trapasso.
Questo però non è l'unico esempio, altra interessante informazione
sul mondo bretone dei trapassati può esser desunta, poi, dal
racconto di Procopio di Cesarea nella sua Guerra Gotica. Parlando
della Brittia ci racconta che ". giunto a questo punto della storia
mi sembra inevitabile raccontare un fatto che ha piuttosto attinenza
con la superstizione.". Ecco così che lo storico narra delle strane
abitudini di alcuni abitanti di borghi di pescatori situati
dall'altra parte del mare, in quell'area che oggi è appunto nota
come la Bretagna.
Alcuni di questi individui avevano un compito
strano, quello di traghettare le anime dei morti nella ". A tarda
ora della notte, infatti, essi sentono battere alla porta e odono
una voce soffocata che li chiama all'opera. Senza esitazione saltano
giù dal letto e si recano sulla riva del mare. sulla riva trovano
barche speciali, vuote. Ma quando vi salgono sopra le barche
affondano fin quasi al pelo dell'acqua come se fossero cariche. dopo
aver lasciato i passeggeri ripartono con le navi leggere.".
Se questo racconto sembra incredibile basta giungere ancora oggi in
Bretagna per ritrovare, arenate nelle sacche di sabbia dovute alla
marea, vecchie barche oramai in disuso. Nessuno però si azzarda a
spostarle o portarle via, ancora oggi queste sono le barche che
traghettano i morti. E' questa l'espressione della comunicazione
locale con un aldilà mai visto come luogo tenebroso come
dimostrerebbero i numerosi cimiteri mai isolati dai luoghi abitati.
Del resto è già dai tempi di Claudiano, V secolo, che l'area bretone
era nota come il luogo dei morti, era qui, infatti, che si
identificava il luogo ove Ulisse aveva incontrato i morti e ove "i
contadini vedono vagare le ombre pallide dei morti", una
affermazione che ritroveremo in seguito proprio legata al territorio
italiano. Ma questo non basta, oramai è ben dimostrato come alcuni
viaggi compiuti da cavalieri delle saghe bretoni, come Parsifal o
Lancillotto, in terre desolate o verso castelli misteriosi altro non
sono che viaggi nel mondo dei defunti come poi testimonierebbero
toponimi come Limors o il Schastel le mort.
Lo stesso Artù, in varie raffigurazioni, altro non sarebbe che il
traghettatore delle processioni dei morti, come nel mosaico
pavimentale di Otranto, ove il sovrano è raffigurato con uno scettro
in mano in groppa ad un caprone, seguito da una schiera di uomini.
Anche il folklore italico però, come si potrebbe pensare, non è
estraneo al mondo dei trapassati, come mi sono occupato in un altro
mio lavoro proprio sul culto dei morti. La tradizione della
Processione dei defunti e la visione degli stessi da parte della
gente contadina non è però patrimonio esclusivamente bretone, anche
se ancora oggi in quelle terre tale tradizione resiste fortemente,
ma in tutta Europa sono fortemente diffusi racconti popolari di
gente che periodicamente assisteva a tali apparizioni.
In realtà questo "spettacolo" non era riservato a tutti, ma solo a
persone dai particolari poteri o nati in ben precisi giorni.
Così, ad esempio, in Friuli, il Ginzburg parla dei Beneandanti,
uomini dai particolari "poteri", nati con la "camicia", un
parte
della placenta che, proprio per questa loro "stranezza" saranno poi
gli attori, in particolari periodi dell'anno, di una lotta contro le
forze maligne per assicurare fertilità ai campi. Sono loro che
possono aver rapporto con i defunti dato che "chi vede i morti, cioè
va con loro, è un Benandante".
Moltissimi poi sono i racconti popolari di incredibili incontri
nelle campagne con schiere di defunti. Sempre in Friuli interessante
è l'avventura capitata ad un povero monaco nel 1091. Mentre questi
camminava lungo un sentiero di campagna viene attratto da strani
lamenti e così scorge una processione tra la quale riconosce alcuni
uomini suoi conoscenti morti da poco tempo. Se però potremmo pensare
che simili visioni sono relegate ad un lontano passato ecco presenti
numerose testimonianze di donne lucane che durante il secolo scorso
si imbatterono in quella che è la "messa dei morti". Così lungo le
buie vie che conducono le contadine del sud nei campi da lavoro,
capita spesso di vedere una chiesa aperta e illuminata e all'interno
anime dannate che allontanano subito le viandante o le comunicano un
messaggio per il mondo dei vivi.
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