Lettura del capitolo che, secondo la disposizione dei
manoscritti piu' antichi, apre quel tesoro di sapienza che e' il Te Tao
Ching, "Il libro della Virtu' della Via" (piu' comunemente noto
come Tao Te Ching "Il libro della Via e della Virtu'") di Lao
Tze nella traduzione e commento di Augusto Vitale della casa editrice
Moretti & Vitali (Bergamo 2004), che si ringrazia sentitamente per il
permesso accordato all'ampia citazione (le sottolineature in grassetto nel
commento sono mie).
La virtu' superiore non ha virtu',
perche' e' virtu'.
La virtu' inferiore non abbandona mai la sua virtu',
perche' non e' virtu'.
La virtu' superiore non agisce e non ha scopo,
la virtu' inferiore agisce e ha uno scopo.
La bonta' superiore agisce e non ha scopo,
giustizia superiore agisce, e ha uno scopo.
Le norme superiori di comportamento agiscono,
e bisogna ubbidire,
altrimenti si tirano su le maniche e ti costringono.
Percio' si deve dire:
si perde la Via,
resta la virtu'.
Si perde la virtu', resta la bonta'.
Si perde la bonta', resta la giustizia.
Si perde la giustizia, restano le norme di comportamento.
Le norme di comportamento,
solo rivestimento esteriore di lealta' e fedelta',
e inizio del disordine.
Consapevolezza capace di prevedere e' il fiore della Via,
ma anche inizio di stoltezza.
Percio' l'uomo compiuto si attiene alla sostanza,
e non si ferma alla superficie,
si attiene al nòcciolo e non al fiore.
Percio' trascura questo e preferisce quello.
Quando si e' sempre consapevoli della propria virtu', subentra la coscienza
personale ed egoistica e la superbia che separa, la vanita' che svuota; e' come
aver mangiato il frutto dell'albero del bene e del male, si perde la liberta'
di essere, indefinito, libero, illimitato e unito. Per l'uomo compiuto essere
nella Via e' la Virtu' superiore, ma per lui e' solo un modo di essere, ne' con virtu'
ne' senza, una coscienza diffusa e quasi impersonale di essere, fuori dalla dualita'
dell'avere.
La virtu' suprema non puo' uscire fuori da se stessa per compiere qualcosa
d'altro, non agisce con finalita', non si programma, non si affligge con
imperativi categorici; quando opera e' gia' tutta in se medesima, non ha
intenzioni, impegni o distinzioni piu' di quanto ne abbia una pietra verso il
suo peso: la pietra e' quella pesantezza, non si comporta in quel modo,
e' gia' tutta in quel modo senza alternative.
L'enigma del titolo "la virtu' e la via" si puo' schiudere un poco quando
si riflette che per l'antica sapienza cinese Te-Tao era concepito come unita',
esprimente lo stato di chi e' in quella Via, escludendo che si possa
concepire questa Via altrimenti che come sostanza stessa dello stato interiore
di chi in essa procede. In questa non separazione si soggetto e oggetto c'e'
gia' l'essenziale del taoismo. E' naturale che nel capitolo iniziale Lao Tze
abbia voluto dire cio' che piu' gli premeva; ma se si vuol procedere nella
comprensione di questo libro sara' indispensabile soffermarsi sulla necessita'
di una comprensione sottile, intuitiva, paziente, e che spesso vuol restare indefinita.
Si puo' anche osservare che i traduttori, chiamando "santo" o "saggio" o "grande uomo"
l'uomo compiuto, sviano cosi' il lettore;
Lao Tze insiste proprio nel volerci indicare l'uomo normale,
che completa il suo destino di uomo prendendo la Via ed evitando di sviarsi.
Per l'uomo compiuto la Virtu' e' la Via,
non e' un suo conseguimento eccezionale che ne faccia un eroe o un santo,
ma semplicemente il sintomo del suo compimento come uomo, perche'
in lui non si puo' piu' separare il sapere dall'essere.
Questo e' invece il peccato da cui nasce quella virtu' "oggetto" che segna
il disperdersi degli uomini nell'allontanamento dall'essere e dalla liberta', crescendo
nell'illusione che bonta', o giustizia, o osservanza delle norme, possano riportare
gli uomini alla verita' e interezza spirituale.
Succede spesso in Lao Tze che una frase, sibillina e come staccata dal
contesto, nasconda la chiave per aprire un enigma: qui e' la
"consapevolezza preveggente" giudicata "fiore della Via" e
insieme "inizio della follia". Fiore della Via in quanto luce e
unita' di conoscenza che dissipa il senso dell'ignoto e dello spaesamento; ma
anche tentazione verso la separazione dell'essere in soggetto conoscente e
oggetto conosciuto, quindi inizio della follia secondo Lao Tze. Nel Tao il
sapere, come la pesantezza della pietra, come la sapienza divina secondo i
teologi, non e' virtu' posseduta o cognizione utile all'azione, ma coincide con
l'essenza. Altra immagine fondamentale per comprendere Lao Tze si trova negli
ultimi versi, una distinzione fra il fiore e il nòcciolo, equivalenti a
superficie appariscente e sostanza nascosta; superficie appariscente sono gli
infiniti allettamenti della seduzione e del potere che hanno lo scopo di
ingannare e sviare, ma il nòcciolo al contrario contiene tutta la storia e la
vita dell'intera pianta, virtualita' ed essenza raccolte in se stesse; Lao Tze
dice con due parole ma equivalenti a un intero trattato di filosofia morale-
perche' sceglie di attenersi a questo.
(Augusto Vitale).
manoscritti piu' antichi, apre quel tesoro di sapienza che e' il Te Tao
Ching, "Il libro della Virtu' della Via" (piu' comunemente noto
come Tao Te Ching "Il libro della Via e della Virtu'") di Lao
Tze nella traduzione e commento di Augusto Vitale della casa editrice
Moretti & Vitali (Bergamo 2004), che si ringrazia sentitamente per il
permesso accordato all'ampia citazione (le sottolineature in grassetto nel
commento sono mie).
La virtu' superiore non ha virtu',
perche' e' virtu'.
La virtu' inferiore non abbandona mai la sua virtu',
perche' non e' virtu'.
La virtu' superiore non agisce e non ha scopo,
la virtu' inferiore agisce e ha uno scopo.
La bonta' superiore agisce e non ha scopo,
giustizia superiore agisce, e ha uno scopo.
Le norme superiori di comportamento agiscono,
e bisogna ubbidire,
altrimenti si tirano su le maniche e ti costringono.
Percio' si deve dire:
si perde la Via,
resta la virtu'.
Si perde la virtu', resta la bonta'.
Si perde la bonta', resta la giustizia.
Si perde la giustizia, restano le norme di comportamento.
Le norme di comportamento,
solo rivestimento esteriore di lealta' e fedelta',
e inizio del disordine.
Consapevolezza capace di prevedere e' il fiore della Via,
ma anche inizio di stoltezza.
Percio' l'uomo compiuto si attiene alla sostanza,
e non si ferma alla superficie,
si attiene al nòcciolo e non al fiore.
Percio' trascura questo e preferisce quello.
Quando si e' sempre consapevoli della propria virtu', subentra la coscienza
personale ed egoistica e la superbia che separa, la vanita' che svuota; e' come
aver mangiato il frutto dell'albero del bene e del male, si perde la liberta'
di essere, indefinito, libero, illimitato e unito. Per l'uomo compiuto essere
nella Via e' la Virtu' superiore, ma per lui e' solo un modo di essere, ne' con virtu'
ne' senza, una coscienza diffusa e quasi impersonale di essere, fuori dalla dualita'
dell'avere.
La virtu' suprema non puo' uscire fuori da se stessa per compiere qualcosa
d'altro, non agisce con finalita', non si programma, non si affligge con
imperativi categorici; quando opera e' gia' tutta in se medesima, non ha
intenzioni, impegni o distinzioni piu' di quanto ne abbia una pietra verso il
suo peso: la pietra e' quella pesantezza, non si comporta in quel modo,
e' gia' tutta in quel modo senza alternative.
L'enigma del titolo "la virtu' e la via" si puo' schiudere un poco quando
si riflette che per l'antica sapienza cinese Te-Tao era concepito come unita',
esprimente lo stato di chi e' in quella Via, escludendo che si possa
concepire questa Via altrimenti che come sostanza stessa dello stato interiore
di chi in essa procede. In questa non separazione si soggetto e oggetto c'e'
gia' l'essenziale del taoismo. E' naturale che nel capitolo iniziale Lao Tze
abbia voluto dire cio' che piu' gli premeva; ma se si vuol procedere nella
comprensione di questo libro sara' indispensabile soffermarsi sulla necessita'
di una comprensione sottile, intuitiva, paziente, e che spesso vuol restare indefinita.
Si puo' anche osservare che i traduttori, chiamando "santo" o "saggio" o "grande uomo"
l'uomo compiuto, sviano cosi' il lettore;
Lao Tze insiste proprio nel volerci indicare l'uomo normale,
che completa il suo destino di uomo prendendo la Via ed evitando di sviarsi.
Per l'uomo compiuto la Virtu' e' la Via,
non e' un suo conseguimento eccezionale che ne faccia un eroe o un santo,
ma semplicemente il sintomo del suo compimento come uomo, perche'
in lui non si puo' piu' separare il sapere dall'essere.
Questo e' invece il peccato da cui nasce quella virtu' "oggetto" che segna
il disperdersi degli uomini nell'allontanamento dall'essere e dalla liberta', crescendo
nell'illusione che bonta', o giustizia, o osservanza delle norme, possano riportare
gli uomini alla verita' e interezza spirituale.
Succede spesso in Lao Tze che una frase, sibillina e come staccata dal
contesto, nasconda la chiave per aprire un enigma: qui e' la
"consapevolezza preveggente" giudicata "fiore della Via" e
insieme "inizio della follia". Fiore della Via in quanto luce e
unita' di conoscenza che dissipa il senso dell'ignoto e dello spaesamento; ma
anche tentazione verso la separazione dell'essere in soggetto conoscente e
oggetto conosciuto, quindi inizio della follia secondo Lao Tze. Nel Tao il
sapere, come la pesantezza della pietra, come la sapienza divina secondo i
teologi, non e' virtu' posseduta o cognizione utile all'azione, ma coincide con
l'essenza. Altra immagine fondamentale per comprendere Lao Tze si trova negli
ultimi versi, una distinzione fra il fiore e il nòcciolo, equivalenti a
superficie appariscente e sostanza nascosta; superficie appariscente sono gli
infiniti allettamenti della seduzione e del potere che hanno lo scopo di
ingannare e sviare, ma il nòcciolo al contrario contiene tutta la storia e la
vita dell'intera pianta, virtualita' ed essenza raccolte in se stesse; Lao Tze
dice con due parole ma equivalenti a un intero trattato di filosofia morale-
perche' sceglie di attenersi a questo.
(Augusto Vitale).
Mer 16 Feb 2011, 16:23 Da Neo
» WORKSHOP CON IL BREATHARIANO JERICHO SUNFIRE A MILANO IL 27 MARZO, L'ATLETA CHE PUÒ VIVERE SENZA CIBO E ACQUA INDEFINITAMENTE
Dom 06 Feb 2011, 13:11 Da Neo
» La finestra sul mondo
Lun 01 Mar 2010, 13:49 Da Giulilly
» DIRITTO E LEGGE
Mer 20 Gen 2010, 18:00 Da Neo
» pensieri di un' anima semplice
Sab 07 Nov 2009, 14:25 Da Michele Corso
» Pensieri di un'anima semplice
Ven 06 Nov 2009, 21:27 Da Lucia
» Nuovo blog sull'alimentazione istintiva
Gio 08 Ott 2009, 14:19 Da deadcassandra
» L'olio di Canola.
Mar 09 Giu 2009, 10:16 Da pinodd
» LE STORIE CHE NON RIUSCITE ANCORA A VEDERE (3)
Dom 07 Giu 2009, 23:16 Da pinodd